Tra i più grandi eventi degli ultimi decenni del XX secolo c'è indubbiamente la caduta del muro di Berlino, con il successivo sfaldarsi dell'Unione Sovietica e del blocco comunista europeo.
Uscito nel 1994, L'anello di ghiaccio è un romanzo di avventura con alcuni elementi scientifici anticipatori (per cui non propriamente fantascientifici) che rendono la trama particolarmente interessante: in una base sovietica ufficialmente inesistente ed ereditata dalla Russia dopo i noti fatti, viene fatta una scoperta che potrebbe migliorare la qualità della vita di moltissime persone nel mondo.
Il direttore di questa base riesce a mandare dei messaggi all'esterno, chiedendo l'aiuto di un suo particolare conoscente: l'accademico pellerossa nonché abile poliglotta Johnny Porter.
Il protagonista tratteggiato da Lionel Davidson si rivela un abile trasformista, riuscendo a calarsi, grazie alla conoscenza delle lingue e dei costumi di molte popolazioni mondiali ora in un marinaio orientale, ora in un camionista siberiano, risultando alla fine un'abile spia all'altezza persino del più noto James Bond. Risulta poi anche piuttosto credibile non solo per via dell'addestramento di alcuni mesi passato in un campo di spie altrettanto segreto, ma soprattutto per la propensione nomade di Porter che lo ha portato nel corso della sua vita ad affrontare condizioni di vita estreme, che poi sono quelle che ritrova in Siberia.
Anche i personaggi di contorno risultano particolarmente credibili, mentre l'intreccio delle vicende parallele riesce a tenere attaccato il lettore alle pagine del corposo volume, in particolare nell'adrenalinico finale con sorpresa (neanche troppo sorprendente, oserei dire).
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