La nuova associazione, esterna alla CRUI, fondata a Bologna, raccoglie il Politecnico delle Marche, le università di Bologna, Calabria, Ferrara, Milano-Bicocca, Modena e Reggio Emilia, Padova, Roma Tor Vergata, Trento, Verona, nonché i politecnici di Milano e Torino. A queste si vorrebbero aggiungere altre università virtuose per un totale di 19 atenei nazionali. I loro intenti sono quelli di seguire dei criteri ferrei che dovrebbero stabilire quali atenei sono meritevoli del finanziamento pubblico e quali no:
Questi atenei rispondono a rigorosi requisiti oggettivi di qualità. In particolare vantano una produttività superiore alla media, e almeno due dei seguenti punti di forza: una sostenibilità finanziaria (come da Libro verde della finanza pubblica del ministero del Tesoro) che vede i costi fissi del personale incidere per meno del 90 per cento sul finanziamento statale (FFO); una dimensione adeguata ad operare in ambito internazionale fissata ad almeno 15mila allievi tra lauree triennali, magistrali e dottorati; la recensione in almeno una delle più autorevoli classifiche accademiche internazionali (es. quella del quotidiano The Times di Londra o dell’Università Jiao Tong di Shanghai).
Si potrebbe parlare di una rottura del fronte della CRUI, ma in effetti non esiste al momento un vero fronte dei rettori contro la legge 133/2008 di Tremonti (a proposito: sapete che tra le altre cose, nell'articolo 23-bis, viene privatizzata l'acqua?): esistono invece molti movimenti, costituiti soprattutto da studenti e precari, con qualche ricercatore e qualche professore, che cerca di battersi contro le molte idiozie che sono uscite in questi giorni dalle bocche dei nostri politici.
Ad esempio un contributo interessante è quello del professore Ugo Amaldi del Dipartimento di Fisica di Roma, che in base alla valutazione di alcune tabelle pubblicate, se non ricordo male, un paio di anni fa, valutando il numero di pubblicazioni in relazione al numero di articoli scientifici italiani, calcola che la ricerca italiana è la terza nel mondo.
Chissà cosa sarebbe successo se avessimo avuto la stessa quantità di fondi degli altri stati mondiali?
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