E anche Diario di fiume, pubblicato come Verticali dalla Coconino, è una raccolta di racconti, questi pubblicati nel corso degli ultimi 10 anni o qualcosa del genere (se ho ben capito) su varie riviste, alcuni addirittura sulla prestigiosa Blue (qualcuno mi corregga se sbaglio il nome della rivista), magazine di fumetti porno dove Gipi era decisamente anomalo, con storie senza ragazze discinte e fatali.
Spiegava nell'incontro, infatti, il buon toscano, che non è che non sapesse disegnare le belle ragazze nude (e le dimostrazioni della sua abilità sono contenute in questo volume), ma semplicemente si rifiutava di adattarsi a quella iconografia. In fondo a Gipi, che comunque sa disegnare bene, interessa la storia da raccontare, e negli ultimi anni soprattutto la storia, piuttosto che il disegno.
E veniamo al volume:
Diario di fiume, in acquerello, è la storia d'apertura, che da il titolo all'opera. E' il racconto di una gita in barca, lungo un fiume, di Gipi e un suo amico. Un racconto poetico, idealizzato come ha raccontato lo stesso Gipi, in cui vengono trascurati alcuni dettagli e che è sostanzialmente fedele nel fatto che i due ragazzi hanno impiegato una decina di giorni per percorrere poche decine di metri. I dettagli trascurati, invece, vengono ripresi con il racconto conclusivo, una sorta di chiusura imperfetta del cerchio, in perfetto stile termodinamico (una trasformazione quasi irreversibile): Una storia sulla merda, che alterna l'acquerello con il pennino, è una rappresentazione un po' più prosaica del viaggio e di un non certo trascurabile dettaglio.
E ora seguiamo il sommario (o almeno proviamoci):
Il cacciatore di cuori, storia in due paginette, sempre in acquerello e pennino, è quasi kingiana: un altro autore vi avrebbe ricavato una saga, Gipi solo due splendide paginette.
Il pugile, invece, è una delle primissime storie del cartoonist toscano: realizzata in toni di grigio, racconta dell'ultimo incontro di un pugile che credeva di essere un campione, stritolato dal mondo sotterraneo delle scommesse e gabbato dalle persone di cui si fidava. Una storia semplice che l'autore è stato anche tentato di ridisegnare, alla fine rinunciandovi, come ha scritto nella paginetta di premessa.
I due funghi: Il modo migliore per raccontare questa storia è citare una delle frasi conclusive:
Non c'era niente. C'erano un padre e un figlio. Stop.Il resto sulla fiducia: personalmente è una delle storie più belle del volume.
Si passa poi al micro noir La ragazza volpe, un'unica paginetta. Anche questa sul podio.
Il genio, così come Io, te, il demonio e la magia, sono delle appendici a LMVDM, entrambe divertenti e assurde al punto giusto. Sono tra loro intervallate da Puzzola, un modo come un altro di fare una spesa veloce (in una paginetta)!
Il podio di cui sopra è completato da Dramma marocchino, trasposizione di Le drame marocain sull'immigrazione dal Marocco: è sconvolgente scoprire come certi trattamenti disumani vengono fatti anche da molti paesi africani che si trovano sulla strada della speranza di molti migranti.
Le ultime due storie che mi resta da esaminare dimostrano il discorso di sopra sull'abilità di Gipi di disegnare belle ragazze.
La ragazza di plastica racconta di un uomo, a quanto sembra un ex-galeotto e assassino di donne, che acquista una bambola di plastica, una di quelle realizzate per supplire alla mancanza di una donna, di cui però si innamora: la veste, cena con lei, la tratta con cura. Purtroppo viene scoperto dai poliziotti del paese (statunitense) dove si è rifugiato, anche se le ultime due vignette lasciano a intendere che la sfortuna potrebbe non essere dell'ex-galeotto, ma proprio dei due tutori della legge che commettono l'errore di utilizzare la bambola.
Una curiosità sulla storia. A un certo punto uno dei due blue man dice:
Un giorno, chissà... Potremmo metterci in società e comprare il modello a tre buchi...Per mezzo minuto sono rimasto perplesso. Poi ho realizzato. Tre buchi.
E dire che secondo Ortolani se ne possono utilizzare anche di più...
Del sommario mi resta da analizzare Appuntamento a Venezia. Due ragazzi si conoscono, si scambiano il nome (e non il cognome) e i numeri di telefono. Lei dice a Lui di farsi sentire quando viene a Venezia. E il ragazzo si decide e lo fa. Peccato che non riesca a contattarla. Si inventa storie tra le più disparate, con lei sempre nuda e impegnata con un villoso bagnino: peccato che la realtà sia più semplice e comune, quasi hitckochiana.
In conclusione direi che Gipi è il miglior erede di Pazienza, non perché disegni come lui, perché sia drogato o perché realizzi storie assurde, ma perché semplicemente realizza le storie che piacciono a lui, che gli sembra possano funzionare e piacere ad altri e soprattutto perché sa sfruttare tecniche differenti in base al tipo di narrazione che gli viene in mente. O più semplicemente perché, rispetto ad altri autori, non gli importa un bel niente di premi e accostamenti.
Ah! Anche questo è firmato.
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