Il rapporto genitori-figli è, anche nel caso più semplice, piuttosto complicato, e per molti motivi, soprattutto con i primogeniti o i figli unici: in fondo con loro si sperimenta cosa vuol dire essere genitori, mentre i figli muovono da... figli i primi passi nel mondo. Ci sono poi alcune situazioni particolari, quasi al limite, che gli scrittori utilizzano per raccontare la società, con i suoi difetti e le sue ipocrisie. Proprio sui figli si centrano tre libri interessanti, ambientati in tre epoche differenti ma vicine una all'altra.
Lady Susan, di Jane Austen, è ambientato nell'Inghilterra vittoriana, in un mondo fatto di pettegolezzi e ipocrisie, dove sovente si "parla alle spalle", mentre in faccia ci si nasconde dietro una falsa educazione. Personaggio emblematico di questa società è Lady Susan, la protagonista di questo divertente e ironico romanzo epistolare della geniale scrittrice britannica (se possibile innamorarsi al primo colpo di uno scrittore, questo a me è successo con la Austen, di cui spero di recuperare presto altri romanzi), che cerca in ogni modo di piegare la figlia al proprio volere, che sarebbe poi quello di darla in moglie a un ricco partito, in modo da tenerla lontana per poter lei avere la possibilità di continuare le sue tresche amorose con tranquillità e senza troppo badare alle malelingue.
L'aspetto divertente di questa guerra di nervi, con da una parte Susan e dall'altra la figlia, protetta dalla famiglia del padre, morto in guerra, è la visione doppia di molti degli eventi narrati, raccontati ora da un punto di vista, ora dall'altro, in un gioco complicato che coinvolge l'amore e per certi versi il possesso e il controllo sul destino degli altri.
E proprio sul controllo sul destino della propria figlia si gioca Il ballo della Nemirowsky, dove una coppia di ricchi borghesi organizza un ricco ballo per invitare i nobili della città e ottenere la loro accettazione. In un certo senso è una sorta di ballo delle debuttanti, solo che non per la giovane figlia, Antoinette, che sarebbe anche in età da debutto, ma per la coppia stessa. E proprio questo desiderio di accettazione, questa voglia di salire lungo la scala sociale, di aprirsi, per la madre, la strada verso giovani amanti con cui divertirsi e poi gettare senza alcuna concorrenza, che spinge la donna a tenere lontana la figlia dal ballo stesso. Ed ecco la reazione, la conclusione quasi ironica e molto vendicativa, con la giovane ragazza, timida, arrabbiata con la madre e con quel mondo che non riesce a raggiungere, che invece di spedire gli inviti, li distrugge e li getta, gettando al vento le ambizioni della madre in un gesto che quasi vorrebbe essere catartico per un'intera generazione.
Ma che forse non lo è poi così tanto...
In effetti i giovani succede che vengano sconfitti dai propri genitori, schiacciati soprattutto dalla loro inadeguatezza. E' il caso di Paul, un adolescente che all'improvviso si ritrova a vivere con un padre violento che sembra incolparlo della morte della madre, travolta da una lunga e dolorosa malattia. L'unica possibilità per il ragazzo è quella di fuggire, diventando uno dei tanti abitatori della strada. Inevitabilmente verrà ripreso dalla polizia, ma non tornerà col padre, finendo nelle così dette case famiglia. Grazie a Paul, quindi, Stephen Elliott può mostrarci uno dei molti aspetti della società americana, forse uno dei più dolorosi, visto che coinvolge le giovani generazioni. Con una narrazione cruda e realistica, la storia di Paul si dipana tra amici strani e storie da strada, tra fughe e tentativi di riscatto.
E' un romanzo sporco, Una vita senza conseguenze, che, come i precedenti, ha il pregio di sottolineare i difetti, o almeno alcuni dei difetti della società in questo caso moderna e, come gli altri romanzi, quello di raccontare in un modo diverso il sempre irrisolto conflitto generazionale.
Nessun commento:
Posta un commento