Stomachion

mercoledì 26 gennaio 2011

Dalla persona più improbabile...

...è venuta la citazione del post precedente. Che però è la conclusione del curioso percorso che ho fatto e che è partito con un video in cui Vespa parla contro Berlusconi (via piste)!
Una volta finito sulla serie, me la sono girata un po' tutta, fino a scoprire questo video in cui Vespa prova a ricostruire il momento in cui Mussolini sale al potere:

Questo il commento di chi il video lo ha caricato:
Secondo Bruno Vespa, Benito Mussolini è andato al potere in maniera costituzionalmente corretta.
Sono andato a controllare sulla Wiki ed ecco come si svolsero i fatti (copio/incollo):
In molti si convinsero che ormai dialogare con Mussolini fosse diventato inevitabile: Giovanni Amendola e Vittorio Emanuele Orlando teorizzarono una coalizione di governo che includesse anche i fascisti e Nitti, che sperava nella presidenza del Consiglio, riteneva ora un'alleanza con Mussolini il mezzo migliore per scalzare il suo avversario Giolitti.
Proprio Giolitti, secondo lo stesso Mussolini, era l'unico uomo che poteva evitare il successo del fascismo: Facta lo sollecitò più volte a intervenire ma il grande vecchio della politica italiana comunicò che non si sarebbe scomodato se non per prendere direttamente in mano le redini del governo (fu questo un errore di cui si sarebbe pentito). I fascisti lo blandirono promettendogli la presidenza del Consiglio ed egli li accreditò presso il mondo industriale milanese.
Tra il 27 e il 31 ottobre 1922, la "rivoluzione fascista" ha il suo culmine con la "marcia su Roma", opera di gruppi di camicie nere provenienti da diverse zone d'Italia e guidate dai "quadrumviri" (Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono e Michele Bianchi). Il loro numero non è mai stato stabilito con certezza; tuttavia, a seconda della fonte di riferimento, la cifra considerata oscilla tra le 30.000 e le 300.000 persone.
Mussolini non prende parte direttamente alla marcia, temendo un intervento repressivo dell'esercito che ne avrebbe determinato l'insuccesso. Rimane a Milano (dove una telefonata del prefetto lo avrebbe informato dell'esito positivo) in attesa di sviluppi e si reca a Roma solo in seguito, quando viene a sapere del buon esito dell'azione. A Milano, la sera del 26 ottobre, Mussolini ostenta tranquillità nei confronti dell'opinione pubblica assistendo al Cigno di Molnár al Teatro Manzoni. In quei giorni, stava in realtà trattando direttamente col governo di Roma sulle concessioni che questo era disposto a fare al Fascismo, e il futuro duce nutriva incertezza sul risultato che la manovra avrebbe avuto.
Il Re, per l'opposizione di Mussolini a qualsiasi compromesso (il 28 ottobre rifiuta il Ministero degli Esteri) e per il sostegno di cui il fascismo gode presso gli alti ufficiali e gli industriali, che vedevano in Mussolini l'uomo forte che poteva riportare ordine nel paese "normalizzando" la situazione sociale italiana, non proclama lo Stato d'assedio proposto dal presidente del Consiglio Facta e dal generale Pietro Badoglio, e dà invece l'incarico a Mussolini di formare un nuovo governo di coalizione (29 ottobre). Se il re avesse accettato il consiglio dei due uomini, non ci sarebbero state speranze per le camicie nere: lo stesso De Vecchi avrebbe optato per la fedeltà al Re.
Il grassetto è mio e, in un certo senso, identifica il livello di tradimento di Mussolini agli ideali che lo mossero fino al momento di prendere il potere: ricordiamo che si dichiarava libertario (per maggiori approfondimenti sull'argomento, leggere Who is John Gault?).
Andando, poi, a ritroso troviamo la fondazione del Partito Fascista, o dei Fasci di Combattimento: è a quell'epoca che risale la citazione precedente. Ancora più indietro troviamo un Mussolini socialista, uno come tanti, si potrebbe dire. Coerente e fedele, tanto che all'inizio della grande guerra fa parte della folta fazione dei non interventisti, che vede proprio nei socialisti i maggiori interpreti.
Ad un certo punto Mussolini cambia idea. Diventa interventista. Perché? Sulla Wiki ci sono tracce, non tutte verificate, di questo processo. Provo a riassumerle: Mussolini non era proprio un socialista come tanti, a quel tempo, almeno per quel che riguarda l'importanza all'interno del partito, ma addirittura il direttore de L'Avanti, il quotidiano ufficiale dei socialisti italiani. Proprio grazie a Mussolini, il giornale arrivò a vette di vendita che si potrebbero definire record, e quindi era particolarmente influente. Un governo, dunque, che voleva scendere in guerra con l'appoggio del suo popolo aveva un'unica opzione: convincere il direttore del giornale più influente d'Italia a scendere in guerra, e con lui tutti i suoi lettori. A quanto sembra colui che in pratica portò a termine la sporca operazione bellica (e che forse segnò inevitabilmente l'intera storia d'Italia da lì in poi) fu Filippo Naldi, che porta Mussolini verso una direzione non molto differente da quella intrapresa a inizio XX secolo (se non erro) da un altro socialista, Jack London:
Il 18 ottobre, mutando radicalmente la propria originaria posizione, Mussolini pubblica sulla Terza pagina dell'Avanti! un lungo articolo intitolato «Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante», in cui rivolge un appello ai socialisti sul pericolo che una neutralità avrebbe comportato per il partito, cioè la condanna all'isolamento politico. Secondo Mussolini, le organizzazioni socialiste avrebbero dovuto appoggiare la guerra fra le nazioni, con la conseguente distribuzione delle armi al popolo, per poi trasformarla in una rivoluzione armata contro il potere borghese.
Il grassetto è mio, e serve per sottolineare un pensiero che London aveva in comune con Mussolini, e che portò lo scrittore statunitense ad uscire dal partito socialista.
Mussolini, però, una volta preso il potere non distribuì le armi al popolo, né tanto meno difese la libertà dei suoi avversari, in un certo senso tradì anche ciò in cui credeva come socialista, e probabilmente era per questo che non amava vedere in giro Il pugno di ferro: gli ricordava ciò che era stato e ciò che era diventato.

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