Dei tre testi quello più emozionante e appassionante è sicuramente il primo: DFW riesce ad essere estremamente rigoroso, tanto che Tutto, e di più potrebbe tranquillamente essere adottato come libro di testo anche all'università. Lo stile è certamente piuttosto discorsivo per un libro di questo genere, ma la profondità dei concetti raccontati e il modo in cui DFW ha scelto di trattarli lo rende una lettura decisamente avanzata. Il criterio che ha poi seguito per raccontare la storia sulla matematica dell'infinito non è tanto quello cronologico (motivo per cui le informazioni biografiche sono ridotte all'osso), quanto un tentativo logico di avvicinarsi per gradi al cuore dell'infinito. I concetti matematici, infatti, sono raccontati per gradi in modo che il lettore possa avvicinarsi al concetto successivo forte della conoscenza precedente: è sostanzialmente per questo che il libro di DFW potrebbe tranquillamente essere adottato come libro di testo, visto che l'impostazione di base lo ricorda molto.
Questo non vuol certo dire che un lettore qualsiasi non possa provare a leggerlo, ma come si suol dire: lettore avvisato, mezzo salvato!
Il mistero dell'alef potrebbe, invece, far parte, di quel gruppo di testi che lo stesso DFW definisce pop, ma non in senso buono, tra tutti i testi dedicati a Cantor e alla sua vita. In effetti Aczel, soprattutto nella prima parte, non disdegna l'uso di aneddoti anche non verificati o un certo ammiccamento verso il misticismo. C'è addirittura un intero capitolo dedicato alla cabala: niente di eccezionalmente mistico, in fondo si sta parlando di un libro di matematica, e poi l'intento dell'autore è quello di mostrare come si possa trovare la matematica, in particolare quella dell'infinito, un po' dappertutto, e come anche i gruppi di filosofi apparentemente più impensati si siano avvicinati al concetto stesso.
Ad ogni modo il capitolo è attraversato, se così si può dire, dal concetto di En Sof, ovvero Infinito. Questo concetto veniva utilizzato dai cabalisti per descrivere Dio, altrimenti indescrivibile e incomprensibile, se non attraverso la limitata visione delle dieci sefiroth, che sono gli unici aspetti comprensibili del divino oltre ad essere i nodi dell'albero della vita, su cui ad esempio si basa uno dei più bei romanzi italiani di tutti i tempi, Il pendolo di Foucault. In un certo senso tutta questa storia si En Sof e sefiroth sembra un modo diverso per esprimere un concetto matematico come questo: la somma delle parti di cui il tutto è costituito è inferiore rispetto al tutto. Non solo: quando poi i cabalisti si occupano di geometria (rette, punti, rette che viaggiano verso l'infinito) sembra proprio che nelle loro elucubrazioni mistiche si siano avvicinati al concetto di infinito così come è oggi concepito.
Interessante, poi, osservare come nel suo excursus storico Aczel citi due matematici e religiosi minori, Thomas Bradwardine e Nicola Cusano. Il primo fece alcune osservazioni interessanti sulle grandezze continue:
sono composte da un numero infinito di continui dello stesso tipo.Il secondo, partendo da queste osservazioni, arrivò a concludere che, seppur per motivazioni teologiche, i lati di un poligono inscritto in una circonferenza, tenda all'infinito all'aumentare degli stessi. Nonostante ciò, però, un poligono non potrà mai coincidere con un cerchio, per quanto siano numerosi i suoi lati.
Quel pizzico di romanticismo che sicuramente alleggerisce la storia di Cantor e dell'infinito all'interno de Il mistero dell'alef è invece sostituito dal dialogo leggero e brillante che Roberto ha con un suo allievo virtuale in Verso l'infinito ma con calma. La storia del libro è semplice: è una riedizione in formato cartaceo dei post che Roberto dedicò a suo tempo proprio alla ricerca dell'infinito in matematica. Raccolti successivamente in un pdf, sono stati poi realizzati in una edizione elegante dalla benemerita Scienza Express.
Dei tre libri è sicuramente il più leggero e quello che affronta il problema nel modo più semplice e divertente. Innanzitutto fa una scelta molto simile, se non più radicale, a quella fatta da DFW: nessuna informazione biografica su Cantor (in effetti in Tutto, e di più qualche informazione biografica in più di un insieme vuoto la si trova!). Questo permette sicuramente di concentrarsi sulla matematica.
L'altro punto a favore dello zar è che ha ben chiari quali sono i concetti matematici da raccontare e soprattutto come rappresentarli: non mi riferisco tanto alla struttura del libro, che è un dialogo tra un Vero Matematico e un Vero Studente (o qualcosa del genere), e che certamente semplifica in parte il lavoro, quanto proprio alla scelta di come spiegare ciascun concetto. A questo c'è anche da aggiungere una grandissima abilità nel trovare le immagini perfette per rappresentare i concetti, come ad esempio le immagini per rappresentare i numeri ordinali transfiniti: E proprio su questi ultimi che, secondo me, Roberto fa la differenza maggiore rispetto agli altri due testi. Dopo aver definito i numeri ordinali, fornendo anche una utile rappresentazione, lo zar passa ad introdurre $\omega$, ovvero gli ordinali transfiniti. Vale la pena ricordare la rappresentazione utilizzata per gli ordinali usuali. Innanzitutto si ricorda che, se bisogna rappresentare un insieme, si utilizzano le parentesi graffe. Allora il primo ordinale, lo zero, sarà così rappresentato: $0 = \lbrace \rbrace$, ovvero l'insieme vuoto, e quindi il successivo ordinale sarà $1= \lbrace \lbrace \rbrace \rbrace = \lbrace 0 \rbrace$, ovvero l'insieme che contiene l'insieme vuoto, e così via all'infinito.
Ecco. All'infinito. Una volta che arriviamo all'infinito, però, non abbiamo più un ordinale usuale, ma un ordinale transfinito. Infatti se prendiamo \[\omega \lbrace 0, 1, 2, 3, \cdots \rbrace\] ecco che abbiamo definito l'ordinale di tutti i numeri naturali.
Questo genere di numeri, però, rompono un po' rispetto alle usuali operazioni sui numeri naturali: ad esempio l'addizione non è commutativa, così come la moltiplicazione. Si ottengono infatti risultati differenti se si fa $\omega + 1$ piuttosto che $1 + \omega$, e saranno differenti anche le due operazioni $2 \cdot \omega$ e $\omega \cdot 2$. Si può ovviamente continuare a giocave con gli $\omega$ e, una volta che ci si è impratichiti un po', si è pronti non dico per risolvere, ma almeno per dare un'occhiata a un'equazione di questo genere: \[\omega^x = x\] La cosa interessante è che di questa equazione si può trovare la soluzione più piccola, che Cantor chiamò $\epsilon_0$, visto che, inevitabilmente, ce ne sono molte e molte altre. Un'infinità, ad essere pignoli!
E se proprio vogliamo sbizzarrirci, ecco una nuova equazione da risolvere con gli $\epsilon$ appena scoperti: \[\epsilon_x = x\] e ovviamente si può proseguire con le soluzioni di questa, costruendo una nuova equazione che avrà le sue brave soluzioni infinite, e così via... Verso l'infinito ma con calma!
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