Ieri ero quasi entrato in una delle terze della scuola dove sto supplendo (materia: fisica) quando un paio di studenti della classe quarta della stessa sezione mi chiamano per pormi una domanda. Mi aspetto uno dei soliti giochini di matematica creativa, quand'ecco invece una domanda decisamente inaspettata, una domanda sull'infinito!
Di infinito se ne era già scritto, qui sopra, e visto che questi link potrebbero servirmi, vale la pena, prima di ricapitolare velocemente la questione, metterli a disposizione in queste prime righe, ovvero Georg Cantor, l'uomo che ha sviluppato la matematica dell'infinito; le recensioni sui tre libri dedicati all'infinito; Quella sagoma di Arlecchino, che nella seconda parte propone il paradosso di Banach-Tarski.
Detto questo iniziamo subito: il numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1]$ dei numeri reali è, ad esempio, lo stesso del numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1000]$. Prima di rispondere, tra l'altro positivamente alla domanda, bisogna introdurre un primo concetto, ovvero quello della cardinalità: con questa proprietà in pratica si identificano il numero di oggetti contenenti in un dato insieme. Ad esempio gli oggetti contenuti nell'insieme portamonete coinciderà con il numero di monete contenute nel nostro portamonete. Quando gli insiemi cui pensiamo sono insiemi finiti, è semplice vedere che un qualsiasi sottoinsieme ha cardinalità inferiore all'insieme dato, a meno di non prendere come sottoinsieme l'insieme stesso. Quando però gli insiemi sono infiniti, la questione diventa leggermente meno intuitiva.
Il primo ad accorgersi di questo fatto fu il nostro Galileo Galilei, che scoprì quello che poi venne chiamato come Il paradosso di Galileo: la cardinalità dell'insieme dei numeri interi è la stessa dell'insieme degli interi quadrati, o detta in altri termini tutti i numeri naturali sono la radice quadrata di un altro numero naturale. O detta ancora più semplice: di qualunque numero naturale posso sempre calcolare il quadrato. Se così non fosse, i naturali sarebbero superiori ai naturali al quadrato.
In questo modo io sto associando a ciascun numero naturale il suo quadrato, ovvero sto costruendo una corrispondenza biunivoca, ovvero una operazione che mi associa ad ogni elementi di un dato insieme A uno e un solo elemento di un altro insieme B. Quando tra due insiemi A e B esiste una corrispondenza biunivoca, allora i due insiemi hanno la stessa cardinalità.
Questa prima stranezza scoperta (o forse riscoperta) da Galileo è semplicemente un indizio della forse ancora più strana proprietà che un qualsiasi sottoinsieme dei numeri reali ha la stessa cardinalità dell'insieme di tutti i numeri reali. E questo vuole anche dire che tutti i sottoinsiemi della retta reale hanno tra loro la stessa cardinalità.
Un modo per vederlo graficamente è utilizzare il paradosso del cerchio(1):
Facendo partire delle rette dall'origine del cerchio, posso associare ciascun punto di una qualsiasi corda all'interno della circonferenza con ciascun punto di una corda più grande o, addirittura, con ciascun punto della retta tangente del cerchio e parallela alla corda!
Forse è una dimostrazione un po' semplicistica, ma ha il pregio di essere semplice e diretta e, soprattutto, spero sia sufficiente per convincere i miei studenti e placare la loro sete di curiosità matematiche, senza che debba passare l'ore prevista della giornata di oggi a raccontare i numeri trascendentali e altri paradossi sull'infinito.
(1) Immagine tratta da Galileo's Views on Infinity di Lubański, M., pubblicato su The Galileo affair: A meeting of faith and science, Proceedings of the Cracow Conference, May 24-27, 1984
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