L'idea di London è, infatti, quella di raccontare la vita, più che fittizia di un nostro progenitore, appartenente a una di quelle razze di primati apparse prima degli uomini e da questi soppiantate. Attraverso il sogno, espediente narrativo utilizzato nella narrativa pulp (ad esempio sul Randolph Carter di Lovecraft) il protagonista viene catapultato in un mondo fatto di giochi, azioni più o meno senza scopo, di un vivere alla giornata cercando di sopravvivere alle angherie del più forte nella tribù, o agli attacchi dei cacciatori, o a quelli degli esseri umani, o comunque di coloro che erano più umani che scimmie rispetto al protagonista delle avventure oniriche. Questi, infatti, appartiene a una razza cugina del genere umano propriamente detto, in lotta con i progenitori diretti, che in realtà li cacciano come delle prede qualsiasi: Se il destino dell'alter ego, e quindi della trasmissione diretta dei geni che hanno permesso il passaggio delle informazioni dall'avo al discendente, viene lasciato un po' in sospeso, è abbastanza evidente come il punto scientifico di fondo del romanzo, nello specifico, è la teoria del plasma germinale proposta nella seconda metà dell'Ottocento dal biologo tedesco Augustus Weismann. Come spiega Eugenio Melotti su Zanichelli Aula Scienza:
Weismann teorizzava una precoce separazione nello zigote tra cellule germinali, le sole a conservare e trasmettere le informazioni ereditarie, quindi virtualmente immortali, e le cellule somatiche che formano tessuti e organi, che invece muoiono insieme all'organismo a cui appartengono.In linea di principio questa teoria potrebbe aver suggerito a London l'idea che grazie alle cellule germinali fosse possibile creare un ponte tra due esseri appartenenti a due razze distinte di cui una ormai estinta. E quindi da qui il romanzo di London, interessante e molto scorrevole nonostante la completa assenza di dialoghi.
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