Lino Aldani è stato uno dei più abili scrittori di fantascienza italiani, rappresentando nei suoi romanzi e nei suoi racconti il male di vivere dell'uomo moderno, vedendo in una società in rapida trasformazione, quella del piccolo boom economico successivo alla II guerra mondiale, i semi di una trasformazione forse irreversibile e per certi versi imposta, cui opporsi è forse impossibile.
L'unico modo per sopravvivere è trasformare la propria vita, anche se per farlo il processo da compiere è duro e irto di difficoltà. E' il caso di Arno, il protagonista di Quando le radici: tra il lavoro, gli appuntamenti al buio basati essenzialmente sul sesso tra persone perse nei meandri di una vita irregolare e controllata, più che in un regime totalitario (ricorda qualcosa?), le feste a base di alcol e sostanze strane, per lo più sintetiche, il protagonista sente che la sua vita si trascina un po' senza scopo. In questo senso Aldani, più dell'Orwell di 1984, coglie visioni del futuro, con le megalopoli in continua crescita (Milano e Torino un'unica grande città, proprio come sta avvenendo oggi), ma sembra anche indicare una strada per rendere più sopportabile la distruzione della società e soprattutto dell'uomo.
A differenza di Orwell, in effetti, questa strada non è una ribellione al proprio governo, ribellione che vede alla fine vincitore proprio il governo, ma una ribellione allo status quo e soprattutto a se stessi, ormai assuefatti a una certa abitudine. Ad aiutare Arno in questa ribellione è il richiamo, una sorta di Richiamo della foresta di London, che il suo paese d'origine, ancora in piedi nonostante le strade che continuano a costruire, esercita sul giovane: egli, infatti, va periodicamente a trovare gli abitanti del posto e così, un giorno, decide di restare lì per sempre.
Fondamentalmente questo è il succo della prima parte, scritta nel 1966, in cui Aldani inserisce anche l'elemento dell'attesa di una giovane donna, anch'essa apparentemente distrutta dalla società moderna. La seconda parte, scritta nel 1977, è completamente diversa. Si concentra sulla vita di Arno nel paese, nella continua attesa della sua amata o di una qualche novità. La nuova routine quotidiana viene periodicamente interrotta dall'arrivo del carrozzone degli zingari: gli zingari del futuro di Aldani sono tornati ad essere rom, non più stanziali come oggi. Hanno riscoperto le loro tradizioni e girano per l'Italia così come giravano per mezza Europa: concedendo favori e facendo affari, in cambio di altro. Se eri rispettato, avresti guadagnato dalla loro conoscenza così come loro avrebbero guadagnato dalla tua, altrimenti il tuo guadagno sarebbe stato apparente. E gli zingari incontrati da Arno sono proprio questo.
L'incontro risveglia qualcosa in Arno, una serie di sentimenti e di richiami sopiti, che non saprà riconoscere: cercherà infatti prima di rientrare in città e trovare la sua amata, quindi proverà a fermare le ruspe che devono prima demolire e poi costruire la nuova strada che passa proprio accanto al suo paese natio. Solo accettare il richiamo delle sue radici lo riporterà in pace con se stesso e gli consentirà di fare la scelta giusta per se.
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