Questo principio è abbastanza semplice: un corpo immerso in un liquido riceve una spinta verso l'alto pari al peso del volume del liquido spostato, ovvero, in termini matematici, detta $S$ la spinta di Archimede, $V$ il volume dell'oggetto immerso (che poi è anche il volume del liquido spostato), $\rho_l$ la densità del liquido, la formula per calcolare la spinta è semplicemente \[S = g \rho_l V\] dove $g$ è l'accelerazione di gravità.
Fino a che il liquido è semplice, costituito cioè da un'unica sostanza, come ad esempio l'acqua, non ci sono problemi, ma quando abbiamo a che fare ad esempio con una soluzione, ha senso iniziare a porsi la domanda se la spinta assume una qualche forma differente rispetto a quella semplice scritta poc'anzi. In effetti ci sono alcune evidenze che suggeriscono come il principio classico non sia rispettato sotto opportune condizioni. Ad esempio nel processo di separazione dei cloroplasti degli spinaci(2). In questo caso il gruppo di ricerca osservò una influenza anomala dei glicoli polietilenici sulla densità della soluzione dei cloroplasti. Fenomeni simili si osservano soprattutto quando si utilizzano i sistemi di ultracentirfugazione che, basandosi proprio sul principio di Archimede, vengono utilizzati per separare i componenti di una data soluzione. Ad esempio la densità degli organelli separati utilizzando una particolare tecnica(3) risulta differente in maniera evidente tra una soluzione con il saccarosio e una con il sale(1):
Note that the isopycnic densities of organelles fractionated in an iso-osmotic Percoll gradient are markedly different from those observed in hyperosmotic sucrose or salt gradients.(3)Questi sistemi hanno tutti in comune una particolarità, quella di avere al loro interno in sospensione una serie di corpuscoli dalle dimensioni micrometriche o nanometriche, la cui dinamica può essere descritta attraverso il moto browniano. La prima osservazione del fenomeno risale al 1827 quando Robert Brown notò che il polline del grano sospeso in acqua si muoveva in maniera casuale(4, 5).
La spiegazione del moto browniano arrivò quasi per caso: l'idea di Einstein(6), infatti, era quella di trovare delle nuove prove teoriche che rafforzassero la teoria atomica. Iniziò immaginando che una miriade di atomi all'interno di un fluido dovessero fluttuare e, statisticamente, queste fluttuazioni in piccoli intervalli di tempo dovessero essere asimmetriche. A questo punto, portando avanti i calcoli, Einstein scoprì la così detta passeggiata dell'ubriaco, ovvero il percorso casuale di una particella alla deriva nel liquido(4).
Giusto pochi anni dopo l'articolo di Einstein, Jean Baptiste Perrin, studiando la sedimentazione, ovvero il processo che fa muovere verso il fondo di un bicchiere delle particelle sospese in un liquido per effetto della gravità, portò a compimento delle osservazioni chiave per mostrare come la spiegazione teorica di Einstein del moto browniano fosse corretta(1, 7). Durante questi studi, poi, Perrin ha di fatto sviluppato molte delle tecniche utilizzate successivamente per le osservazioni contrastanti sul principio di Archimede, aprendo in un certo senso la strada alla sua generalizzazione.
In particolare la nuova spinta di Archimede si presenta solo se all'interno del fluido ci sono in sospensione delle particelle micrometriche o nanometriche e se le dimensioni dell'oggetto immerso sono confrontabili con le particelle in sospensione. Ad esempio il volume di liquido effettivamente spostato potrebbe risultare superiore rispetto a quello che sarebbe spostato dall'oggetto immerso, questo perché le particelle in sospensione entrano in contatto diretto con l'oggetto immerso. La spinta, poi, potrebbe addirittura andare verso il basso se le dimensioni dell'oggetto sono di molto più piccole rispetto a quelle delle particelle in sospensione. Infine anche la geometria dell'oggetto influenza la spinta ricevuta.
Ciò che forse è ancora più sorprendente è che la stessa densità viene modificata e non in maniera lineare, ma un po' come se venisse perturbata più o meno localmente (un po' come quando si getta un sasso in acqua e si osservano le increspature generate sulla superficie).
Il principio di Archimede, che si dimostra assolutamente valido nelle situazioni macroscopiche, quando scendiamo a livelli microscopici può presentare delle variazioni dovute alla struttura stessa del fluido. La semplicità dell'argomento e gli ingredienti che servono per raccontarlo hanno permesso di presentarlo a un gruppo di astronomi, che potremmo considerare abbastanza a digiuno della materia, e in un certo senso si presenta nel solco della tradizione del principio stesso, che venne raccontato da Vitruvio con il famoso aneddoto della corona d'oro, della vasca piena d'acqua e dell'Eureka lanciato per le strade di Siracusa. Invece Archimede, come mi piace raccontare quando posso parlando del metodo scientifico, ha abbondantemente anticipato Galileo Galilei, dimostrandosi più volte come il primo vero scienziato. La dimostrazione la si può trovare nei lavori di Archimede che sono giunti fino a noi grazie a T. L. Heath. A titolo di esempio vediamo le proposizioni legate proprio al famoso principio: Prima dei saluti alcune curiosità riguardo l'articolo di Piazza e Parola, iniziando con la storia della sua sottomissione: ovviamente il gruppo di baldi ricercatori inizia sottomettendo a Science, che ci mette un mese circa, e poi a Nature, che ci mette pochi giorni, a dare una risposta abbastanza canonica: articolo non sottoposto ad alcun revisore perché troppo specialistico. Il passo successivo è sottomettere a Nature Materials, la rivista del portafoglio di Nature dedicata proprio a questo tipo di studi, ma anche in questo caso l'articolo viene respinto, con la motivazione che sostanzialmente quello che veniva raccontato era in qualche modo già noto.
Prima di approdare con successo a Soft Matter, però, si passa per PRL, ma anche questa, pur con un referaggio abbastanza dettagliato, ma con motivazioni non molto chiare, rigetta la pubblicazione. Nel frattempo, però, Nature Materials in un certo senso ci ripensa e pubblica, pochi giorni prima dell'uscita dell'articolo su Soft Matter, una recensione dell'arXiv, Updating the Eureka di Philip Ball: quando si dice che la vendetta è un piatto che si serve freddo.
(1) Piazza, R., Buzzaccaro, S., Secchi, E., & Parola, A. (2012). What buoyancy really is. A generalized Archimedes' principle for sedimentation and ultracentrifugation Soft Matter, 8 (27), 7112-7115 DOI: 10.1039/C2SM26120K (arXiv)
(2) Morgenthaler, J., Marsden, M., & Price, C. (1975). Factors affecting the separation of photosynthetically competent chloroplasts in gradients of silica sols Archives of Biochemistry and Biophysics, 168 (1), 289-301 DOI: 10.1016/0003-9861(75)90253-2
(3) Pertoft, H. (2000). Fractionation of cells and subcellular particles with Percoll Journal of Biochemical and Biophysical Methods, 44 (1-2), 1-30 DOI: 10.1016/S0165-022X(00)00066-X (pdf)
(4) Mick Nott. Molecular reality: the contributions of Brown, Einstein and Perrin, School Science Review, June 2005, 86 (317)
(5) Brown, Robert (1828). A brief account of microscopical observations made on the particles contained in the pollen of plants Philosophical Magazine Series 2, 4 (21), 161-173 DOI: 10.1080/14786442808674769 (wikisource)
(6) Einstein A. (1905). Über die von der molekularkinetischen Theorie der Wärme geforderte Bewegung von in ruhenden Flüssigkeiten suspendierten Teilchen, Annalen der Physik, 322 (8) 549-560. DOI: 10.1002/andp.19053220806 (traduzioni in inglese: pdf #2, pdf #2)
(7) Jean Baptiste Perrin. Mouvement brownien et réalité moléculaire, Annales de Chimie et de Physique, Vol. 18 (1909), pp. 5-104 (traduzione in inglese su archive.org)
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