Diary è un romanzo apparentemente atipico nella produzione di Palahniuk: un diario scritto da una donna con un marito in coma. Man mano che, però, si avanza nella lettura del diario, ci si rende conto che in effetti è una storia quasi ballardiana, per certi aspetti, un noir dove vengono mescolati i temi del controllo sociale e della reazione, forse spropositata, contro l'avanzare del "mondo moderno", del consumismo e dei suoi difetti. A farne le spese la protagonista del romanzo, che troverà in se stessa la forza di reagire a una sorta di isterismo di massa, alla follia di un'intera isola, che, a differenza delle follie collettive lovecraftiane, non si basa su oscuri culti di divinità vecchie di eoni, ma sulla malsana idea che la forza di un'unica persona riuscirà a salvare un intero paese e a garantire il futuro alle generazioni future.
Non ultimo poi, l'altro tema del romanzo, la domanda che aleggia su tutte le pagine: dove può arrivare il talento di una persona spinta agli estremi limiti dello stress? E può esserci l'arte senza la malattia mentale?
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