Stomachion

venerdì 16 agosto 2013

Magia nera in quel di Gotham

Colgo l'occasione della mia assenza in gita a Napoli per recuperare un articolo scritto l'anno scorso. Per la maggior parte ha ancora una sua validità, a parte i riferimenti ai due volumi conclusivi, usciti un anno fa.
Quasi sin dai suoi esordi, Batman ha avuto a che fare con il mondo dell'occulto e della magia. Le caratteristiche del personaggio, un uomo che si maschera da pipistrello per combattere il crimine, avvicinavano le storie di Bill Finger e Bob Kane al genere gotico. Era dunque normale che in una delle sue prime avventure, al tempo in cui Bruce Wayne sembrava esibire una fidanzata fissa, Julie Madison, Batman dovesse affrontare, per salvare la giovane, un castello pieno di lupi e di vampiri in Transilvania!
Questa storia d'atmosfera venne successivamente reinterpretata da Matt Wagner nel 2007 in una miniserie di 6 numeri raccolta in volume dalla Planeta de Agostini, Batman e il Monaco Pazzo, che in effetti era la seconda storia di un dittico di riadattamenti in chiave moderna di storie classiche del personaggio. A precedere Il Monaco Pazzo fu un'altra avventura dai toni gotici, ma certo più semplice da adattare ai temi moderni, ovvero Batman e gli Uomini Mostro. Questa, infatti, è la rielaborazione della prima sfida tra Batman e Hugo Strange, la versione gothamita del Dr. Moureau: Strange, infatti, aveva il brutto vizio di trasformare le persone comuni in mostri violenti, sanguinari e senza cervello. Nella versione wagneriana, Strange diventa uno psicologo con interessi nella genetica che resta invischiato con la mafia locale. Questa nuova versione del criminale classico batmaniano rivaleggia certamente con quella classica, ma anche con quella che sul finire degli anni Settanta diede Steve Englehart con l'ausilio del maestro Marshall Rogers ai disegni. In effetti quest'ultima versione resta inarrivabile sia per crudeltà, sia per nobiltà, mentre quella che diede Doeg Moench nelle due Leggende, La preda e Terrore, entrambe disegnate da Paul Gulacy, risulta molto più folle e meno interessante (tridimensionale, direbbero i critici bravi) di quella precedente di Finger e Kane o di quella successiva di Wagner.
Torniamo, però, ai nostri vampiri, che nella versione del 2007 diventano semplicemente dei normali esseri umani che cercano attraverso dei riti sacrificali di ottenere l'immortalità, guidati appunto dal Monaco Pazzo del titolo. A rischiare, anche nella storia di Wagner, sarà sempre Julie Madison, anche qui fidanzata di Bruce. Da notare sicuramente la razionalizzazione della storia fatta dal creatore di Grendel, che propone una scelta ben precisa: non utilizzare elementi mistici o magici nel mondo del Cavaliere Oscuro (un po' come nella trilogia cinematografica di Nolan). Elementi che invece altri autori hanno riproposto nelle loro versioni del personaggio.
Buon ultimo in questa lista è Grant Morrison, che nella sua lunga gestione del personaggio che precede l'attuale versione post-Flashpoint, ha utilizzato il misticismo a piene mani. E questa scelta ben precisa dello sceneggiatore scozzese, che in effetti sembra confermare quanto già suggerito da Dennis O'Neil nella prima Leggenda, Sciamano, è in qualche modo una conseguenza della seconda storia batmaniana di Morrison: Gothic, dramma in cinque parti uscito su Legends e disegnato dal bravissimo Klaus Janson. Anche in questa occasione Batman deve affrontare una specie di monaco pazzo (in effetti un frate), tale Manfred, che, acquisita l'immortalità (nel senso che nulla può ucciderlo) per un periodo di 300 anni, sta ora cercando di portare a compimento un rito per ottenere una proroga sul pagamento. Quello che vuole realizzare è un sacrificio multiplo, quello di tutta la popolazione di Gotham!
La storia, un gotico intenso e in alcuni passaggi addirittura claustrofobico, intorduce tra le caratteristiche del personaggio un elemento tipico, invece, di Sandman. Wesley Dodds, l'uomo dietro la maschera antigas, combatte infatti il crimine spinto dai suoi stessi sogni, degli incubi che lo tormentano finché non ha risolto il crimine che li ha generati. E Morrison in questo caso, come faranno altri autori in altre occasioni (ad esempio Jeph Loeb e Tim Sale negli speciali stagionali di Legends), utilizza i sogni di Bruce un po' nello stesso modo, ovvero per fornire indizi sulla vicenda che si trova ad affrontare.
La punta di qualità massima che, però, è stata raggiunta in questo genere di storie, cui va sicuramente annoverato il secondo incontro con Spawn, sempre disegnato da Janson questa volta per i testi del trio di scrittori regolari di Batman, Doug Moench, Chuck Dixon, Alan Grant, è Harvest Breed di George Pratt. Lo stile asciutto e nervoso, che in certe scene ricorda i quadri di Hieronimus Bosch, è perfetto per una vicenda gotica allo stato puro, dove un ignoto assassino uccidendo con omicidi rituali delle persone un po' a caso con l'intento di ottenere dei favori dall'inferno, ottiene come risultato collaterale quello di far entrare a Gotham alcuni demoni. E' eccezionale in questo caso lo scontro finale sull'ultimo sacrificio contro il gigantesco demone che sta entrando in città: Batman, come una sorta di San Giorgio contro i draghi, si avventa, spada in mano, contro questo mistico essere, sconfiggendolo non senza l'aiuto di un'anima candida che risulterà indigesta per il bestio demoniaco. La storia, simbolica dalla prima all'ultima pagina, proprio qui rivelerà il suo nascosto significato.
Nell'attesa di una eventuale ristampa della Lion, però, bisogna accontentarsi per il momento de Il Cavaliere Oscuro. La serie pre-Flashpoint è stata raccolta nell'omonimo volume e propone la saga Golden Dawn, una storia dai toni mistici dove saranno coprotagonisti la solita bella del caso, che questa volta sarà in pericolo a causa del padre che, per mantenere la sua immortalità, proverà a sacrificarla, e il demone Etrigan, il personaggio ideato da Jack Kirby durante il suo passaggio per la DC Comics.
Nonostante l'impegno di David Finch, in veste di autore completo per i primi tre capitoli, solo ai testi sugli ultimi due, disegnati da Jason Fabok, la storia principale (che in effetti c'è anche una sottotrama) risulta piatta e scontata, molto più vicina a un film di serie B o anche meno del genere horror che non alle storie gotiche citate in precedenza. Non piace nemmeno la versione demoniaca di Ragman, mentre le battute, in alcuni momenti, sembrano forzate, quasi come se Finch, senza più idee, avesse messo in bocca ai personaggi le prime battute venutegli in mente. Si salva solo la parte grafica, come da tradizione Image, ed esclusivamente per i primi tre capitoli, visto che Fabok, nonostante il talento, confrontato con Finch mostra uno stile leggermente più incerto e impreciso.
Maggiori speranze si potevano avere sulla serie regolare, che fa il suo esordio in Italia su Batman World #2. In questo caso ai testi troviamo Paul Jenkins, e questo va sicuramente a tutto vantaggio della fluidità dei dialoghi e dello sviluppo della trama da un lato e della resa grafica dall'altro. Ci sono solo un paio di problemi: da un lato il soggetto, che è una versione opportunamente modificata di Veleno, dove la droga ipertrofica viene presa dai nemici di Batman e non da Bruce come avviene nella storia di Dennis O'Neil (peraltro una delle sue più brutte); dall'altro lo sceneggiatore britannico, che aveva già lavorato su Batman con la Leggenda urbana Passi, cerca di essere morrisoniano senza averne le capacità. In un certo senso, nonostante la storia sia godibile, Jenkins tradisce il suo stile o più semplicemente prova a sperimentare, con un risultato appena sufficiente, un nuovo stile molto più vicino a quello di Morrison che al suo. Il risultato finale, per quanto migliore rispetto alla prova da autore completo di Finch, continua a non essere ancora soddisfacente.

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