In effetti, leggendo le pagine del libro, si ha la sensazione che non sia cambiata poi tanto l'Italia in questi 55 anni: continua a preparare alcuni tra i migliori ricercatori al mondo, come preparazione ed etica, ma continua a restare sostanzialmente chiusa in un sistema che, sia per mancanza di volontà (politica) sia per mancanza di possibilità (economica), non riesce a migliorare, dove per migliorare si intende essere in grado sia di riportare in Italia i propri ricercatori andati all'estero, sia di attrarre ricercatori dall'estero.
E' ovvio: ciò non vuol dire che non esistano dei punti di eccellenza, ma semplicemente che ogni gruppo di ricerca, ogni istituto compie incredibili salti mortali per portare a conclusione i lavori che vengono man mano iniziati.
I punti forti del libro, a conti fatti, sono la capacità di Tomatis di raccontare, in forma diaristica, le differenze tra il sistema statunitense e quello italiano, riuscendo con una obiettività rara a sottolineare i punti di forza e di debolezza dei due sistemi (ad esempio quello statunitense era già impegnato nell'imporre la filosofia del pubblicare a ogni costo, che in molti campi, se non in tutti, risulta decisamente deleteria per la qualità), e le interazioni umane, sia quelle con i colleghi stranieri, sia quelle con i colleghi italiani, quelli rimasti in Italia e quelli andati all'estero.
E nel complesso le cose sembrano cambiate molto poco:
Gli orientamenti della ricerca dipendono pesantemente dai canali di finanziamento ed è chiaro che questi favoriscono i progetti che sono in sintonia con gli interessi di chi li finanzia.
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