Mentre il campionato del mondo 2022 è stato vinto dall'Argentina, qualche giorno prima, in edicola, si concludeva la coppa del mondo giovanile disneyana, e come da pronostico a vincerla era la squadra meno pronosticata, il Calisota. Anche il modo in cui la partita si è svolta era abbastanza scontato: parità dopo tempi regolamentari e rigori. Ovviamente a fare la differenza è stata la capacità di Marco Nucci di trascinare il lettore fino alla fine, fino a quell'ultimo rigore dove i protagonisti assoluti diventano il rigorista e il portiere. E in questo senso è stato anche fondamentale il contributo di Donald Soffritti, in grado di enfatizzare il pathos del momento, tra l'arroganza dell'attacante, certo di segnare, e i dubbi del portiere su dove gettarsi sperando di riuscire a intercettare il pallone.
Alla fine, al netto delle incongruenze interne della storia, che pure ci sono state e sono anche troppe rispetto alle attese, la storia nel complesso è stata gradevole e divertente, grazie alla capacità di Nucci, già rilevata nelle recensioni precedenti, di adottare delle running gag sempre differenti e caratterizzanti della sfida che il Calisota andava ad affrontare di volta in volta.
Tra l'altro questo è anche stato un numero Nucci-centrico, visto che La leggenda della spada di ghiaccio giunge al terzo episodio. Sempre affiancato da Cristian Canfailla, Nucci prosegue sul solco de Il Signore degli Anelli, molto di più delle storie originali di Massimo De Vita, anche se in questo terzo episodio gli elementi tipici dell'Argaar sono molto più presenti. Per esempio, ampiamente anticipata da un paio di indizi presenti nella scorsa puntata, la prima reunion presente in questo terzo episodio.
Risulta forse un po' debole la caratterizzazione di Pippo, che si muove ripetendo sostanzialmente quanto fatto nel corso della quadrilogia, in una sorta di esercizio di stile del personaggio all'interno dell'esercizio di stile che si rivela essere La leggenda. Nucci, infatti, non riesce a dare originalità al personaggio, cosa che invece erano riusciti a fare De Vita in particolare con Il torneo dell'Argaar e Michelini con La bella addormentata nel cosmo.
Nel complesso, però, non posso dire che la storia mi stia fin qui deludendo, per il semplice motivo che non mi aspettavo nulla di più: come ho già scritto in occasione del primo episodio, non si sentiva una reale necessità di tornare nell'Argaar.
Nucci, infine, è presente anche nella storia d'apertura, Fama, omaggio a Paperone per il suo 75.mo compleanno. Disegnata da Giorgio Cavazzano è un excursus quasi muto nella vita di Paperone. Di diverso approccio è, invece, il prologo de Il destino di Paperone di Fabio Celoni, seguito de Le lenticchie di Babilonia di Romano Scarpa. Il prologo ha un'impostazione molto alla Dickens e pone Paperone di fronte all'ennesima sfida della sua vita, questa volta quella da tutto o niente. Anche in questo caso trovo che l'idea sia assolutamente inutile, fondamentalmente perché il finale di Scarpa non solo lascia intuire perfettamente cosa sarebbe accaduto da lì a un giorno o due, ma soprattutto perché lasciava ampi margini ai lettori di immaginare i propri dettagli su come Paperone avrebbe riottenuto le sue sostanze. La storia sarà sicuramente molto valida, come già intuibile da questo ottimo prologo, ma la domanda è sostanzialmente la stessa per La leggenda: se ne sentiva veramente il bisogno di un sequel?
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