Stomachion

sabato 9 settembre 2023

Ritratti: Robert Oppenheimer

La Bhagavadgītā è un testo sacro dell'induismo. Al verso 32 si trova una frase ormai diventata famosa fin dal 1945:
Sono diventato Morte, il distruttore di mondi.
Secondo la leggenda Robert Oppenheimer citò questo passo subito dopo il Trinity Test, cosa ovviamente mai verificata. Ciò che è certo è che pronuncio questa frase nel 1965 all'interno di un documentario che ricordava i fatti avvenuti 20 anni prima:
Sapevamo che il mondo non sarebbe mai più stato lo stesso. Qualcuno scoppiò a ridere, un paio si misero a piangere, ma la maggior parte di noi rimase in silenzio. Fu allora che mi tornò in mente quella frase del Bhagavad Gita, il testo sacro indù, nella quale Vishnu cerca di ricordare al Principe i suoi doveri. Per convincerlo, il dio assume la sua forma con quattro braccia ed esclama "Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi". Bene o male, credo che allora lo pensassimo tutti.
Se la citazione e il discorso in cui è inserita rappresentano in qualche modo il dramma interiore di Oppenheimer, la scelta di quella citazione, però, è anche indice di una profonda consapevolezza sulle proprie responsabilità, cosa ben chiara in un passaggio presente in un articolo scritto dal fisico per Newsweek nello stesso anno:
A dirla tutta, senza ricorrere alla volgarità, né scadere nella risata o cedere all'esagerazione, i fisici hanno scoperto il peccato e nulla potrà mai riportarli alla beata ignoranza di prima.
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Robert Oppenheimer nella "foto segnaletica" di Los Alamos
Oppenheimer, nato il 22 aprile del 1904, è famoso soprattutto per essere stato il direttore scientifico del Progetto Manhattan, il programma di ricerca e sviluppo militare che portò alla costruzione delle prime bombe atomiche. Probabilmente a causa di una non eccelsa competenza aritmetica, come ebbe a dire uno dei suoi studenti Hartland Snyder (La sua fisica era buona, ma la sua artimetica terribile), i suoi articoli erano considerati piuttosto difficili da comprendere.
Una delle cose più interessanti di Oppenheimer, ad ogni modo, erano i suoi vasti interessi. Mentre studiava ad Harvard, infatti, si rivelò uno studente eccellente in diverse materie, come greco, latino, chimica e, ovviamente, fisica. Pubblicò anche diverse poesie e studiò la filosofia orientale: fu probabilmente in questo periodo che si interessò al Bhagavadgītā.
Nel 1925, dopo la laurea, andò in Inghilterra, a Cambridge, presso il Cavendish Laboratory, all'epoca diretto da Ernest Rutherford. Fu in questa occasione che iniziò ad approfondire le ricerche atomiche. Successivamente Max Born lo invitò presso l'università di Gottingen, dove ebbe modo di conoscere fisici del calibro di Niels Bohr e Paul Dirac. E proprio con Dirac incrociò una parte della sua carriera scientifica. Giusto qualche anno dopo aver ottenuto il dottorato in Europa nel 1927, Oppenheimer scrisse un articolo in cui prediceva l'esistenza del positrone. Era il 1930, due anni più tardi che proprio Dirac pubblicò la sua famosa equazione. Questa equazione univa la meccanica quantistica con la relatività generale e prevedeva l'esistenza di elettroni sia con carica negativa, sia con carica positiva. Oppenheimer, dal canto suo, respinse l'idea che gli elettroni caricati prositivamente fossero protoni e anzi riteneva che questi dovessero avere la stessa massa degli elettroni. E appena due anni più tardi, nel 1932, il fisico statunitense Carl Anderson, scoprì una particella della massa dell'elettrone, ma con carica positiva: era la scoperta dell'antimateria, per la quale lo stesso Anderson ottenne il Nobel per la fisica nel 1936.
Il suo primo articolo, però, seguì di appena un anno la tesi di dottorato di Cecilia Payne. Come la collega britannica, fu uno dei primi ad applicare la meccanica quantistica alle stelle, in particolare al Sole. I suoi risultati, però ebbero ancora meno fortuna del lavoro della Payne, questo perché, pur concordando con le osservazioni, non si adattavano all'elio. Solo anni dopo si comprese che il Sole era composto per gran parte di idrogeno, e che quindi i suoi calcoli erano corretti.
Il suo interesse verso l'astrofisica non si fermò qui, grazie a una serie di lavori realizzati insieme con l'amico Richard Tolman. Nel primo di questi, On the Stability of Stellar Neutron Cores del 1938, scritto in collaborazione con Robert Serber, si andava ad approfondire le carattaristiche nelle nane bianche (o stelle di neutroni). Insieme con uno dei suoi studenti, George Volkoff, produsse On Massive Neutron Cores, un passo fondamentale nella costruzione della teoria dei buchi neri. Nell'articolo, infatti, veniva introdotto il limite di Tolman-Oppenheimer-Volkoff alla massa delle stelle oltre il quale non sarebbero rimaste stabili come stelle di neutroni, ma sarebbero collassate su se stesse a causa del collasso gravitazionale. Infine col già citato Snyder scrisse nel 1939 On Continued Gravitational Contraction in cui si prevedeva, finalmente, l'esistenza dei buchi neri.
Torniamo alla meccanica quantistica e, in particolare, a Dirac. Insieme con il suo studente Harvey Hall, scrisse nel 1931 Relativistic Theory of the Photoelectric Effect, in cui, partendo da una serie di dati sperimentali, contestò l'affermazione di Dirac secondo il quale due dei livelli energetici dell'idrogeno hanno la stessa energia. A partire da questo risultato, il suo studente di dottorato, Willis Lamb, in pratica scoprì quello che è oggi noto come il Lamb shift, ovvero la differenza di energia tra, appunto, i livelli energetici dell'atomo di idrogeno. Per questa scoperta Lamb visne il Nobel per la fisica nel 1955.
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Melba Phillips
E arriviamo così a Melba Phillips, una delle prime a ottenere un dottorato, nel 1933, sotto la supervisione di Oppenheimer. Due anni dopo pubblicò, insieme con lo stesso Oppenheimer, un interessante articolo in cui descrivevano quello che è oggi noto come il processo di Oppenheimer-Phillips che descrive il comportamento dei nuclei accelerati degli atomi di idrogeno radioattivi. L'interesse verso questa tematica nacque dai risultati ottenuti da Ernest Lawrence e Edwin McMillan, che utilizzando fasci di deuterio per bombardare altri nuclei, scoprirono che i risultati si discostavano con quelli previsti da George Gamow quando venivano coinvolte energie sempre più elevate e nuclei più pesanti. Siamo alle soglie della famosa reazione a catena, quella alla base della bomba atomica, che sarebbe arrivata una decina di anni più tardi.
Nel frattempo Oppnheimer, dopo una relazione durata 3 anni con Jean Tatlock, si sposò nel 1940, dopo una relazione clandestina inziata l'anno prima (la donna era già sposata), con la botanica Katharine Puening, che poi lo seguì anche ai laboratori di Los Alamos durante il periodo del Progetto Manhattan. Nonostante questo, anche se per un periodo di tempo relativamente breve (fino a che non gli chiesero conto delle sue relazioni con iscritti al partito comunista), Oppenheimer riprese a vedere la Tatlock. E ovviamente per non farsi mancare nulla, sempre nel periodo di Los Alamos, iniziò anche una relazione con la psicologa Ruth Tolman, moglie dell'amico Richard.
Il percorso che portò fino al Progetto Manhattan iniziò nel 1941, quando ancora gli Stati Uniti non erano entrati nella seconda guerra mondiale. L'allora presidente Franklin Delano Roosevelt approvò il programma per la realizzazione di una bomba atomica. Un ruolo fondamentale in questa decisione lo rivestirono fisici del calibro di Albert Einstein, Leo Szilard ed Eugene Wigner, tutti fuggiti dalla Germania nazista, che dopo l'invasione della Polonia nel 1939 erano preoccupati che i nazisti sarebbero arrivati presto alla bomba.
Nel 1942 il responsabile militare del progetto, Leslie Groves identificò in Oppenheimer il direttore scientifico del progetto. D'altra parte quest'ultimo aveva dimostrato grandi doti organizzative, visti i suoi successi nella sua carriera di insegnante universitario, senza dimenticare le sue origini ebree, che probabilmente giocarono un ruolo fondamentale nella scelta di Oppenheimer di accettare l'incarico. Il fisico teorico riuscì a mettere in piedi un gruppo dei migliori fisici nucleari dell'epoca, inclusi il già citato Lawrence o lo stesso Szilard, o altri del calibro di Edward Teller, Enrico Fermi (che aveva conosciuto nel periodo di Gottinga), Stanislaw Ulam, senza dimenticare ovviamente Richard Feynman.
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Oppenheimer e Groves fanno un sopralluogo sul sito del Trinity Test
I problemi principali del progetto furono, all'inizio, quelli di comprendere la strada migliore da intraprendere per la costruzione della bomba e soprattutto per il suo innesco. Dopo alcune direzioni che si rivelarono fallimentari, Oppenheimer decise di optare per una bomba a implosione con innesco chimico. Il materiale fissile scelto fu l'uranio-235, che poneva il secondo problema del progetto: la sintesi di una quantità sufficiente per armare un paio di bombe e, soprattutto, realizzare un test preliminare. Cosa che effettivamente avvenne all'alba del 16 luglio del 1945 nel deserto vicino ad Almagordo in New Mexico. L'esplosione si rivelò essere di una ventina di chilotoni ed ebbe persino l'onore della copertina della prestigiosa rivista Life, ma soprattutto diede il via a ua profonda discussione tra la necessità di utilizzare comunque la bomba o se il suo valore di deterrente era comunque più che sufficiente per chiudere la guerra senza ulteriori morti. Al suo sgancio, infatti, si opposero un gruppo di scienziati, capeggiati ancora una volta da Einstein e Szilard. In tutto questo la posizione di Oppenheimer sembrava piuttosto entusiasta. Ad esempio Isidor Rabi, relativamente ai risultati del Trinity Test, ebbe a dire:
Non dimenticherò mai la sua camminata... come in Mezzogiorno di fuoco... questo tipo di andatura impettita. L'aveva fatto!
E dopo lo sgancio della prima atomica sul Giappone, Oppenheimer si disse dispiaciuto di non essere arrivato alla costruzione della bomba prima della sconfitta della Germania.
Tutto questo, in qualche modo, sembra tratteggiare un personaggio diviso tra l'orgoglio del risultato raggiunto e le conseguenze dell'uso delle sue ricerche, come ricorda la battuta detta a Harry Truman nell'incontro che ebbero il 17 agosto a Washington:
Signor presidente, sento le mani sporche di sangue.
Dopo la guerra Oppenheimer divenne ben presto inviso alle agenzie di sicurezza statunitensi, con la conseguente revoca della sua autorizzazione di sicurezza nel 1954, cosa che gli toglieva un qual certo peso politico. I motivi furono evidentemente differenti. Da un lato le sue simpatie comuniste prima di entrare nel Progetto Manhattan, dall'altro il suo impegno per limitare la proliferazione di armi nucleari che sarebbe seguita all'uso della bomba sul Giappone. In quest'ottica si incastrano le sue obiezioni contro lo sviluppo della bomba a idrogeno proposta da Teller e Ulam. La cosa più incredibile di questo periodo fu che l'uomo che nel 1947 lo chiamò a dirigere l'Institute for Advanced Study a Princeton, Lewis Strauss, fu uno dei suoi più acerrimi oppositori proprio relativamente alla questione della sua fedeltà agli Stati Uniti.
Oppenheimer, che non venne mai ufficialmente riabilitato in vita (la cosa avvenne solo nel 2022), diresse l'Istituto fino al 1966, quando fu costretto ad abbandonare il suo incarico a causa di un tumore causato dal suo forte tabagismo e che lo portò alla morte l'anno dopo, il 18 febbraio del 1967. Giusto alcuni anni prima, nel 1963, era stato insignito dell'Enrico Fermi Award. L'assegnazione del premio è sempre stata considerata una riabilitazione non ufficiale, poiché tale premio è di assegnazione presidenziale. L'avrebbe dovuto consegnare John Fitzgerald Kennedy, che qualche anno prima aveva votato contro Lewis per la conferma come segretario del commercio. Come sappiamo, Kennedy venne assassinato a novembre di quell'anno, il premio, però, gli venne comunque consegnato dal suo successore, Lyndon Johnson.
In qualche modo ciò costituì una sorta di chiusura di un cerchio, visto il ruolo che lo stesso Fermi ebbe nello sviluppo della bomba nucleare.
Mi piace, però, concludere con la citazione completa dal Bhagavadgītā, visto che è su questi versi che ruota A thousands suns, concept album dei Linkin Park:
Se lo splendore di mille soli dovesse improvvisamente esplodere nel cielo, sarebbe come lo splendore del potente... Ora sono diventato la Morte, il distruttore dei mondi.
Approfondimenti:
La voce su en.wiki
La voce sull'Enciclopedia Britannica
Il famoso estratto dal documentario sulla bomba atomica
La storia della citazione su GQ

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