Stomachion

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venerdì 15 settembre 2023

Vite di scienza #6: Robert Oppenheimer

Dopo aver pubblicato l'articolo dedicato a Robert Oppenheimer, esce anche la puntata del podcast. Per questa volta, però, vi devo incorporare la sua versione su YouTube, poiché a quanto pare sembra ci siano problemi e rallentamenti sul caricamento della puntata su Funkwhale: il file, dopo più o meno un'ora dalla pubblicazione su YT, non è ancora online. Direi che quest'ultimo problema, che si aggiunge alle precedenti lentezze dicaricamento, mai arrivate fino a questo punto, potrebbero spingermi a spostare il podcast su altre piattaforme. Intanto eccovi la versione youtubica:

sabato 9 settembre 2023

Ritratti: Robert Oppenheimer

La Bhagavadgītā è un testo sacro dell'induismo. Al verso 32 si trova una frase ormai diventata famosa fin dal 1945:
Sono diventato Morte, il distruttore di mondi.
Secondo la leggenda Robert Oppenheimer citò questo passo subito dopo il Trinity Test, cosa ovviamente mai verificata. Ciò che è certo è che pronuncio questa frase nel 1965 all'interno di un documentario che ricordava i fatti avvenuti 20 anni prima:
Sapevamo che il mondo non sarebbe mai più stato lo stesso. Qualcuno scoppiò a ridere, un paio si misero a piangere, ma la maggior parte di noi rimase in silenzio. Fu allora che mi tornò in mente quella frase del Bhagavad Gita, il testo sacro indù, nella quale Vishnu cerca di ricordare al Principe i suoi doveri. Per convincerlo, il dio assume la sua forma con quattro braccia ed esclama "Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi". Bene o male, credo che allora lo pensassimo tutti.
Se la citazione e il discorso in cui è inserita rappresentano in qualche modo il dramma interiore di Oppenheimer, la scelta di quella citazione, però, è anche indice di una profonda consapevolezza sulle proprie responsabilità, cosa ben chiara in un passaggio presente in un articolo scritto dal fisico per Newsweek nello stesso anno:
A dirla tutta, senza ricorrere alla volgarità, né scadere nella risata o cedere all'esagerazione, i fisici hanno scoperto il peccato e nulla potrà mai riportarli alla beata ignoranza di prima.

venerdì 19 aprile 2019

Le grandi domande della vita: Il buco nero e il gravitone

L'evento centrale di metà aprile è stato il rilascio della prima fotografia di un buco nero. Dopo aver scritto una serie di tre articoli dedicati all'importante risultato scientifico/tecnologico, ritorno sulla questione grazie a una domanda particolare che è giunta sul profilo instagram di Sandro Ciarlariello, di cui prima di iniziare a rispondere alla domanda nel dettaglio segnalo l'articolo dedicato alla questione.
Una questione di gravitoni
La domanda è presto detta:
Se la gravità fosse mediata da gravitoni, come farebbero questi a uscire dall'orizzonte degli eventi?
Non è la prima volta che questa domanda viene posta, quindi si riescono a trovare un po' di risposte in giro, ma nessuna di queste mi è sembrata sufficientemente soddisfacente(1), così provo a fornire una mia personale risposta.
Prima di tutto vorrei fissare il punto di vista della relatività generale di Albert Einstein: questa è una teoria geometrica in cui la gravitazione viene interpretata come la deformazione della curvatura dello spaziotempo indotta dalla presenza della massa. Maggiore è la massa, maggiore è la curvatura e quindi il potere di attrarre oggetti verso il centro della curvatura stessa. Un oggetto non cade nel centro della curvatura se ha la sufficiente energia cinetica per muoversi sul bordo della curvatura stessa. In questa descrizione della gravità non è prevista l'esistenza di alcun bosone messaggero, quindi al momento i gravitoni non possono sfuggire dall'orizzonte degli eventi per il semplice motivo che non sono previsti dalla teoria.
Nel frattempo nel 1916 Karl Schwarzschild scopre che all'interno della relatività generale è prevista l'esistenza di singolarità in grado di curvare lo spaziotempo così tanto che neanche la luce è in grado di sfuggirvi(2). La possibile esistenza delle singolarità di Schwarzschild non andava a genio al buon Einstein, che scrisse un articolo di 16 pagine per dimostrare come tali singolarità non possono esistere nella realtà fisica(3), affermazione che in qualche modo sembra riecheggiare l'obiezione che il famoso fisico teorico rivolse alla meccanica quantistica.

venerdì 19 ottobre 2018

Flying at the speed of light

cc @astrilari @Pillsofscience @lpitaly
Come scrivevo settimana scorsa, è stato difficile riprendere ad ascoltare i Linkin Park. Dopo aver ripreso, però, più o meno con lo stesso spirito con cui ho affrontato quattro delle più note canzoni degli Who, vorrei proporre un percorso non molto differente anche con i Linkin Park. Mentre nel caso degli Who il filo rosso era CSI, nel caso dei Linkin non ci sarà alcun legame particolare. Quest'oggi inizio con Waiting for the end, di cui ho utilizzato un verso per il titolo del post: