Stomachion

sabato 1 agosto 2020

Cube Escape: una gita al lago

Dopo aver giocato il capitolo di interludio della saga di Cube Escape, Samsara Room, sono passato direttamente al capitolo conclusivo della serie, Paradox, decidendo, una volta conclusa la prima parte, di seguire la saga dall'inizio, ovvero con The Lake. Non mi limiterò, però, solo a questo primo, breve, gioco, ma aggiungerò anche i due capitoli successivi. E così spero di fare anche per gli articoli successivi. Iniziamo.
Atmosfere lovecraftiane
I vari giochi di Rusty Lake sono in qualche modo legati uno all'altro, ma per poterne apprezzare i legai, bisogna giocarli, non necessariamente nell'ordine suggerito dagli autori. Cosa che è in parte evidente già da Seasons. Andiamo, però, con ordine e iniziamo con The Lake, che ha una storia semplicissima: ci troviamo all'interno di un capanno su un lago. Uno dei lati ha una finestra che si affaccia su dei monti, mentre un altro lato si affaccia sul lago e ci permette, una volta trovate lenza, amo e canna, di pescare "cose" dal lago stesso. Oltre alle quattro pareti, è anche possibile esaminare il soffitto, cosa che gioca un ruolo importante anche negli altri due capitoli che esaminerò in seguito.
Diventa molto presto evidente che la storia, seppur breve, ha una forte ispirazione lovecraftiana. La raccolta degli oggetti, infatti, rende le atmosfere del gioco sempre più inquietanti e la stessa conclusione è perfettamente in linea con il genere horror della saga. Un aspetto interessante, che ci permette anche di cambiare la storia stessa, caratteristica in un certo senso presente nel secondo capitolo, è il collegamento di uno degli oggetti pescati con Seasons: l'enigma a esso collegato non può essere risolto se non viene giocato anche il secondo capitolo.
La storia di Cube Escape viene, inoltre, a svolgersi in maniera più evidente proprio con Seasons. In questo caso siamo rinchiusi in una stanza dove, tra gli altri, sono presenti elementi che ritornano anche in Samsara Room: un orologio, un telefono, una finestra (che in questo caso si affaccia su un cortile) e poco altro. In più abbiamo una cucina e un camino con una radio accanto e una bacheca. L'obiettivo, all'inizio, è uscire dalla stanza, ma anche in questo caso, come in Samsara Room, diventa ben presto chiaro che dobbiamo prima di tutto ricostruire la storia per poi... cambiarla e, quindi, cambiare noi stessi. In pratica spazio e soprattutto tempo si mescolano in un gioco che si regge sull'ambiguità sulla morte di una donna: omicidio, come sembra da alcuni indizi, o suicidio, come sembra da altri?
L'ipotesi suicidio in qualche modo sembrerebbe suffragata dal terzo capitolo, che introduce un nuovo elemento: Arles, infatti, ha come protagonista Vincent Van Gogh. Dobbiamo, infatti, interpretare il grande pittore mentre si trova all'interno della sua famosa camera ad Arles: in pratica è un po' come fuggire dal quadro stesso!
Ciò che colpisce, alla fine di questi primi tre giochi, è la presenza ricorrente di alcuni elementi comuni, già presenti anche in Samsara Room, e questo nonostante i tre giochi si basino su storie apparentemente slegate una all'altra. La capacità del team di Rusty Lake di costruire enigmi stimolanti all'interno di storie interessanti persino leggermente legate una all'altra fa di Cube Escape una serie decisamente molto appetibile, in cui alla fine l'obiettivo principale non è fuggire, ma ricostruire una storia che, man mano che andremo avanti, risulterà sempre più coinvolgente.

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