Lo scorso anno il corso era costituito dalla scrittura e poi dalla messa in opera di una sceneggiatura teatrale. Quest'anno, invece, gli stessi insegnanti hanno deciso di andare su qualcosa di differente: far recitare a ciascun corsista un monologo tratto da un'opera teatrale. La difficoltà nel saggio finale, dunque, sarebbe stata rendere gradevole uno spettacolo che di fatto sarebbe stato un miscuglio di estratti senza alcun vero filo logico. La difficoltà nel corso, invece, è stata quella di apprendere quel minimo di basi che ci avrebbe resi credibili sul palco, che poi alla fine sono delle basi che potrebbero tornare utili anche nella vita quotidiana, anche solo per apprezzare in maniera differente i gesti semplici come camminare, mangiare, interagire con gli altri provando ad ascoltarli. Che tutto questo, alla fine, lo abbiamo compreso o meno, non saprei dirlo: mi piace pensarlo. In fondo non abbiamo fatto una cattiva figura sul palco e abbiamo anche preso gli applausi (facile, però, visto che in sala c'erano nostri invitati: non saprei, però, darvi un'ordine di grandezza né assoluto né percentuale), senza contare i complimenti degli insegnanti a fine spettacolo.
Un altro giorno senza sole e senza luna, senza il colore di una stagione, senza neve e senza grilli, solo fumo e cenere, e una strada di pietra di cui io sono uno scalino. Sotto, laggiù, un ingorgo di anime affaticate e stanche, e poi una stretta porta, e dietro questa un nuovo ingorgo di pietra che li attende. E io, Astaroth, da mille anni sto qua e giudico. E sono stanco di questo.Considerate che questo primo spezzone viene dopo un passo di Novecento, con il quale abbiamo iniziato, quello quando Novecento spiega cosa ha visto fuori affacciandosi dalla scaletta della nave e perché non può scendere da questa (in un certo senso un monologo che cerca di definire i limiti umani, quegli stessi limiti che come personaggio/diavolo e come scienziato cerco sempre più che di superare quanto meno di portare un po' più in là), spezzato in due parti in mezzo alle quali sta la bella innamorata di uno più giovane di lei, e poi preceduto, io Astaroth, anche dall'ubriaca che gioca, anche lei, con un ragazzino venuto a prendere la rata del Globe, il giornale (solo che il fattorino non c'era nello spettacolo e si è inventato il gioco iniziale di una sbornia da cui uscire, per poi passare a una blanda interazione con gli altri presenti sul palco).
Detto questo, immagino siano evidenti i riferimenti alla famosa scala verso il paradiso, cantata anche in un ancora più famoso pezzo dei Led Zeppelin:
E poi c'è una gabbia dentro cui tutti, dai mortali agli immortali, sembrano rinchiusi, la gabbia dei ruoli:
Ma giudicare e dare premi e salvazioni e condanne e roghi sembra essere il motivo perché tutto questo è stato fatto, cieli incolpevoli e puri lassùe palude dannata quaggiù, e il gran formicaio sulla terra che pensa a noi confuso, sento i loro pensieri riempire l'aria e raggiungerci: "ci sarà qualcosa lassù?", "sarà simile a noi?", "sarà meglio di noi?", "e cosa ci sarà dopo?" ... Quanto dolore ha causato inventare questo sguardo che vi sovrasta. Quanto "domani" ha ucciso quel "dopo". Quanta noia e inutilità e delitti e rinunce prima, aspettando un "dopo" che metta tutto in fila, che dia a tutti un senso, alunni di una scuola miserabile che la maestra libera di colpo in una strada oscura dopo averli non confortati ma spaventati e torturati.E qui esco ridendo e ripetendo almeno un'altra volta, se non ricordo male, la parola torturati.
D'altra parte nello spezzone c'è molto di più del tentativo di rompere con i ruoli, con i cliché (scritto bene?), e anche tra la mia prima parte e questa seconda c'è altro, come la vedova che si scaglia contro il suo amante, reo di averla fatta allontanare dal marito nel frattempo morto; o come l'assassina di cui sopra chiusa in prigione in un eterno aggirarsi tra tanti piccoli compiti, che però l'hanno allontanata da ciò cui il mondo esterno la costringeva, dandole veramente la sensazione di essere libera; o poi ecco la signorina che leggera come una farfallina saltella di fiore (maschio) in fiore (maschio) raccontando le gioie del rapporto intimo con i fiori profumati, sempre i maschi delle parentesi, che poi ce n'erano soltanto due in scena, perché il terzo si è ritirato all'ultimo e il quarto sarebbe entrato in scena urlando, arma in pugno, pronto a cercare tale Brett per ucciderlo non prima di aver recitato un sermone; il nostro, però, uscirà verso le quinte disperato uccidendosi con un colpo di pistola per poi essere sostituito dal fantasma di Canterville, che però a un certo punto mi farà pensare più a Peter Pan verso la fine dell'interpretazione.
E' più facile togliere che non aggiungereHo cercato di fare il contrario (e forse ci sono anche riuscito, chissà), avendo bene in mente, nelle ultime settimane, il personaggio di Jack Skeleton:
Il patto è rotto. Ho parlato. Ho disobbedito ancora. Che io creda o non creda, che sia creatura vera o immaginaria, tra Dio e gli uomini sceglierò sempre gli uomini, come già ho fatto una volta. Non sono io ad aver diviso e spezzato. Io ho visto l'unione tra cielo e terra, io ho visto l'infinita varietà meravigliosa, per questo sono stato cacciato la prima volta, per questo soffro e sono dannato ma non voglio più giudicare. Giudicate voi, dal più alto degli scranni celesti. (...) Giudicate e continuate a uccidere e potrete giudicare ancora.Da una parte spezzare con il ruolo. Dall'altra cercare l'unità. E in fondo il ruolo spezza e separa noi da noi stessi e dal mondo. E ci impedisce di vedere l'infinita varietà meravigliosa, quella che si può vedere solo sedendosi sul seggiolino di Dio, in una chiusura ideale del cerchio tra il primo monologo e quest'ultimo spezzone. E mentre recitavo questo pezzo, avevo in mente WMAP e Planck con le loro immagini sui primissimi istanti dell'universo, dove sono fotografate quelle piccolissime non-uniformità che probabilmente sono alla base della formazione delle galassie. In un certo senso è proprio la conoscenza di noi stessi e del mondo la chiave per rompere sui ruoli, per smettere di giudicare.
Dopo tutto questo filosofeggiare, però, ecco il teatro fatto sul palco, con il video di quest'ultima interpretazione. Potrete così vedermi per poco all'opera, potrete confrontare le variazioni sul testo che ho apportato, potrete... giudicare!
(1) In fondo Psycho Circus, tratto dall'omonimo, stupendo album dei Kiss, è perfetta per introdurre il post dedicato al saggio teatrale!
Nessun commento:
Posta un commento