Betelgeuse è una stella piuttosto enigmatica. Non solo perché Howard Phillips Lovecraft ha posto lì la "patria" dei Grandi Antichi, le oscure entità cosmiche dei suoi Miti di Cthulu, o perché ogni tot anni ci si aspetta che possa esplodere in una supernova, ma anche per le informazioni variabili sulla sua natura. D'altra parte i dati a nostra disposizione indicherebbero che la stella, circa 1000 volte più grande del Sole e distante da noi dai 500 ai 630 anni luce (e già qui abbiamo delle incertezze), è una stella variabile. Solo che c'è un problema: è troppo variabile considerando la sua stazza. I dati raccolti dall'radio-interferometro ALMA, infatti, sarebbero compatibili con una rotazione della stella di 5 km/s, che è all'incirca 100 volte superiore rispetto alla velocità media di stelle variabili di quelle dimensioni.
Queste osservazioni, però, potrebbero essere spiegate in altro modo. Un gruppo di ricerca del Max Planxk Institute guidato da Jing-Ze Ma, un dottorando, ha sviluppato una simulazione piuttosto interessante, in cui provano a vedere cosa succede alla superficie di una supergigante rossa (come Betelgeuse) la cui superficie viene continuamente sconvolta dai moti convettivi che generano la nascita, la crescita e l'esplosione di vere e proprie bolle di gas. I dati provenienti da una simile ribollente superficie stellare sarebbero compatibili proprio con le osservazioni di ALMA della stella Betelgeuse.
Al di là della correttezza della proposta, dietro questa notizia ci sono due aspetti interessanti. Il primo sta nel fatto che, come sempre nella scienza, soprattutto quando ci troviamo a osservare oggetti particolarmente lontani, è possibile trovare una seconda spiegazione che si adatta alle nostre osservazioni. E quindi per poter dirimere la questione, e poter capire qualcosa di più su un dato fenomeno, è necessario migliorare in qualche modo i dati sperimentali raccolti.
La seconda è, invece, un po' sconfortante: come spero avrete notato, il gruppo di ricerca che ha prodotto questa simulazione è guidato da un dottorando, con tutto quel che ne consegue (per esempio avere autonomia di fondi), quando qui in Italia non si riesce nemmeno a far parte di un team per chiedere al proprio ente i fondi per sviluppare un nuovo progetto.
Che dire: siamo proprio in un altro mondo.
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