Passato praticamente sotto silenzio, forse a causa del successo del Codice da Vinci, citato esplicitamente all'interno del romanzo, Le sette prove di Matthew Reilly, scrittore d'avventura australiano, è un romanzo intelligente in cui l'autore, oltre ai ringraziamenti di rito, cita esplicitamente le fonti che lo hanno ispirato(1) e da cui ha tratto le leggende che costruiscono il suo romanzo.
Tre gruppi si danno battaglia per recuperare il vertice d'oro con cristalli all'interno posto anticamente sulla Grande Piramide e separato in sette pezzi distinti da Alessandro Magno e da questi e dai suoi successori nascosti in luoghi misteriosi connessi con le Sette Meraviglie del mondo antico. Tra il gruppo statunitense, guidato dal solito militare megalomane, Judah, dietro cui si nasconde il solito archeologo nazista, Konig, rifugiatosi negli Stati Uniti, e quello europeo guidato da un rappresentante del Vaticano, ecco che in mezzo c'è un gruppo di piccoli stati, guidati dall'Australia, rappresentata nella missione da Jack West. Guidati da West, i piccoli paesi cercheranno di impedire il compimento del rito del potere e di compiere il rito della pace: in ogni caso sulla cima della Grande Piramide un rito dovrà comunque essere celebrato, per evitare che il giorno del Tartarus porti inondazioni mortali sulla superficie della Terra. Nella sfida, però, entrerà anche un pericoloso terrorista, esperto esoterico, di cui si dovrà tenere conto.
Dove sta, comunque, la bellezza e l'intelligenza di un romanzo che, per costruzione, è sulla linea del Pendolo di Foucault piuttosto che del Codice? Ci sono comunque alcune osservazioni sul cattolicesimo, note ormai da anni e tutte basate sulla forma dei riti cattolici, molto simili a riti dell'antichità, a partire dall'antico culto del Sole, il culto di Amun-Ra. In effetti si osserva che da questo culto, alla fin fine, sono nate due organizzazioni, la Chiesa Cattolica e la Massoneria, da sempre in contrasto tra loro, ma che hanno in comune l'eredità di questo antico culto solare. A tutto questo Reilly aggiunge la leggenda sul Vertice Aureo, che sarebbe stato anticamente posto sulla Grande Piramide, oltre alle informazioni sulla Parola di Thoth e al solito pizzico di avventura che non guasta mai, con una serie di missioni, sette, tutte alla Indiana Jones, all'interno di costruzioni difese da tranelli apparentemente impossibili da superare, costruiti dagli Imhotep III e IV.
Un bel libro, interessante, rilassante, divertente, intelligente, ricco d'avventura, decisamente molto più di qualità del Codice: il modo in cui combina leggenda con fatti archeologici è assolutamente plausibile, ma visto che Reilly non ha attaccato la Chiesa né ha avuto la pretesa di vendere il romanzo come contenente brandelli di verità, hanno fatto di un gran bel romanzo un libro poco noto in Italia.
Speriamo che non lo resti a lungo.
(1) A tal proposito, spero di imbattermi prima o poi ne La camera segreta di Robert Bauval, di cui l'autore parla molto bene.
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