
Il punto di partenza di Leonardo, però, è lo studio dell'attrito. Questo è una forza che si oppone al moto, ma proprio grazie alla sua opposizione è possibile, per noi, camminare senza scivolare o perdere l'equilibrio. Come ben sappiamo oggi, però, l'intensità della forza d'attrito dipende dalle superfici che sono a contatto tra loro, da quanto sono liscie o ruvide, che è indipendente dall'area a contatto e che può essere ridotto utilizzando ad esempio un lubrificante o dei cilindri. Tutto questo, però, era già noto a Leonardo, come è possibile osservare dalla lettura del Codice di Madrid I. Inoltre è sempre Leonardo a introdurre il concetto di coefficiente d'attrito, definendolo come il rapporto tra la forza richiesta per far scivolare due superfici orizzontali una sull'altra e la pressione tra le due superfici. Leonardo stimò anche il valore di tale coefficiente d'attrito in $1/4$, coerente con i materiali più noti al fiorentino e con i quali poteva compiere degli esperimenti (legno su legno, bronzo su acciaio, ecc.)(1).
A questo punto Leonardo è pronto per sviluppare una serie di ingranaggi in grado di trasportare energia meccanica e produrre moto, riducendo al minimo l'attrito con l'utilizzo di sfere e cilindri, come ben si vede dai suoi numerosi disegni. In particolare, però, è l'utilizzo meccanico da parte di Leonardo di due particolari forme geometriche a colpire, perché anticipa di secoli la loro adozione effettiva: i denti epicloidali e l'ingranaggio globoidale.