Stomachion

martedì 19 maggio 2009

Sulla formazione dell'opinione pubblica

Con questo post voglio continuare la discussione di Gianluigi a proposito della questione sondaggi, democrazia e volonta' popolare.

Inizio col dire che negli ultimi anni l'idea del sondaggio e' diventata di moda;
in televisione sulla scia del "televoto" qualcuno ha pensato di farlo diventare uno strumento della democrazia diretta e sui risultati poi si infiammano le discussioni e spesso ne seguono anche decisioni politiche. Naturalmente fanno lo stesso i vari siti internet, in particolare quelli dei piu' importanti quotidiani italiani.

Ma il sondaggio e' una tecnica che richiede rigore scientifico; richiede conoscenze di statistica non banali sia nella scelta del campione sia nell'analisi dati. Eppure tutti fanno sondaggi; questo mi spinge a dire che almeno il 90% dei sondaggi che ci vengono propinati sono spazzatura.

Bisognerebbe quindi prendere questi sondaggi per quello che sono: un'analisi supeficiale dell'opinione di un ristretto gruppo di persone. Non hanno la forza di un voto elettorale o di un referendum. Non possono quindi essere usati per giustificare nessuna posizione o decisione del governo in carica. Ne' possono essere usati per "dichiarare" la posizione degli italiani su un certo argomento.

Detto questo andiamo al nocciolo del mio intervento. La formazione dell'opinione pubblica. Le democrazie si basano sulla separazione dei poteri attraverso un sistema di equilibri e controlli; la suddivisione classica: potere legislativo, esecutivo e giudiziario. In realta' bisogna aggiungere il quarto potere: i mezzi di comunicazione di massa.

In una democrazia quando c'e' da affrontare un problema e trovare poi la soluzione bisogna iniziare a discutere, a confrontarsi; in questo processo in cui si da e si riceve si arriva alla fine ad una sintesi. In tutto questo la ragione ha il ruolo piu' importante. Ma come fa la discussione ad evolvere? come fa il singolo cittadino a dare il proprio contributo originale? il modo piu' logico e' cercare prima di comprendere a pieno il problema; bisogna allora leggere (giornali, saggi) e ascoltare cosa pensa chi e' piu' vicino al problema e chi magari lo studia da anni. Dopo questo processo iniziale (che puo' durare settimane) si e' pronti a fare una sintesi personale (ad avere una prima opinione sulla questione). E a questo punto si e' pronti a dare il proprio contributo alla discussione generale in cui si propongono le proprie idee, si confrontano con gli altri e si puo' cosi' arrivare ad una sintesi generale. Il problema e' stato compreso e si e' arrivati probabilmene alla migliore soluzione possibile. Solo a questo punto il legislatore puo' intervenire attraverso un atto che diventa l'espressione della volonta' popolare.
In tutto questo un ruolo fondamentale evidentemente lo riveste il modo in cui le idee vengono trasmesse; bisogna allora chiedersi se i mezzzi di comunicazione di massa consentono questa discussione, questo scambio di idee, e se il potere che da questi scaturisce e' in equilibrio con gli altri tre.

Cosa avviene in Italia? da quella che e' la mia esperienza degli ultimi anni questo e' quello che succede: il problema viene calato dall'alto attraverso i mezzi di comunicazione di massa (spesso non e' un problema reale ma rispecchia le esigenze di qualche gruppo di potere o interesse particolare), diventa il problema per eccellenza che bisogna risolvere a tutti i costi (spesso si traveste da emergenza).
In genere e' un politico che decide quello che e' il problema della settimana: una dichiarazione (che viene riportata da tutte le agenzie di stampa); la dichiarazione di altri componenti del partito; dichiarazione di qualcuno dell' opposizione; al TG successivo (di tutti i canali nazionali) per 15-20 minuti si parla solo di quello; il giorno dopo tutti i giornali sbattono in prima pagina il problema del giorno; a questo punto tutti gli italiani parlano di quello "da esperti" con idee ben precise a riguardo, tutti hanno la loro opinione come se da settimane non si parlasse d'altro.

In realta' la stragande maggiornanza ripete a "pappagallo" le dichiarazione del politico della sera prima. Da notare che di solito il politico fa una dichiarazione di pochi secondi; e' evidente che non puo' esserci nessuno approfondimento ne' vengono espresse motivazioni razionali; si tratta di messaggi brevi e che colpiscono l'intimo delle persone, gli istinti piu' bassi (tecnica pubblicitaria, niente di piu'); spesso viene sollecitata la paura e l'istinto sessuale. Non c'e' tempo per discussioni e approfondimenti, il tutto nasce e si sviluppa in pochi secondi.
La cosa piu' grave e' naturalmente il modo in cui il tutto evolve: la razionalita' non riesce a prendere piede in alcun modo. I giornali, le televisioni non riescono mai ad uscire dal vortice in cui sono intrappolati.

Ci sono diverse cose che non vanno in tutto cio' e la mia opinione e' che il problema nasce dalla mancanza di equilibrio tra i poteri dello stato e i mezzi di comunicazione di massa. In Italia questi (praticamente 6 canali televisivi nazionali e pochi quotidiani) sono nelle mani di pochissimi, un ristrettissimo gruppo di persone vicini alla politica o ai grossi poteri oconomici e finanziari del paese. Come fanno ad essere liberi? Dovrebbero loro dettare l'agenda politica (in modo indipendentte, partendo dal basso, dai reali problemi della gente) ed invece sono i megafoni del potere.

Possiamo parlare di una corretta formazione dell'opinione pubblica?

La gente non trova la necessita' di capire prima di parlare ma si adegua alla dichiarazione del potente, si "fida", raramente lo contesta, il capo ha sempre ragione: perche' abile, perche' furbo, perche' ricco, perche' vincente nella vita personale; e questo basta. La gente sembra che non abbia voglia di un rappresentante che faccia quello che gli viene chiesto ma sembra che abbia bisogno di una capo che li guidi.

E' questa democrazia? se non c'e' conoscenza, discussione, approfondimento, dibattito, sintesi, proposta di idee, se non viene usata la ragione ma la paura e gli altri bassi istinti quello che avviene in questo paese non puo' essere chiamato democrazia.

Se allora venisse fatto un sondaggio, scientificamente corretto, (o un referendum) potremmo usare i risultati dello stesso per trarre le considerazioni piu' corrette? l'idea che si e' formata e' stata frutto di discussioni razionali? la loro opinione e' davvero la sintesi migliore che un essere razionale possa fare? sono state considerate tutte le opzioni possibili? sono state valutate tutte le conseguenze?

Cosa sanno gli italiani di immigrazione (e di emigrazione di cui nessuno parla...) di guerra in Somalia, in Eritrea, di Nigeria, di nucleare, di risorse energetiche, di ambiente, di cambiamenti climatici, di economia globale, di capitalismo, di crisi, di diritti sessuali, di diritto alla vita e alla morte, di grandi opere, di diritti umani?

Che senso ha fare un sondaggio in cui si chiede agli italiani se sono d'accordo
ad introdurre il "reato di immigrazione clandestina"? o se sono d'accordo col "principio del respingimento" dei migranti? sanno gli italiani di cosa si tratta? cosa comporta? se e' un concetto introducibile in un sistema giuridico basato su principi su cui la nostra civita' si e' sviluppata da secoli? gli italiani non lo sanno! nessuno gli ha dato gli strumenti per formarsi un idea! e fare una domanda del genere e pretendere di poter "usare" la risposta dicendo che si tratta di "volonta' popolare" significa fare demagogia, significa inseguire il potere e la paura da esso usata! i giornali dovrebbero informare, dare la possibilita' agli italiani di formarsi un opinione; invece propinano risposte e cavalcano le paure! questo e' grave! questa non e' democrazia.

In conclusione (per sintetizzare) credo che la questione fondamentale, che la democrazia italiana deve risolvere, e' legata ad una corretta formazione dell'opinione pubblica; questo consente la riflessione e l'analisi critica e quindi il superamento di idee basate sulla paura e sull'ignoranza.
Solo se c'e' questo si puo' parlare di volonta popolare e lo stesso diritto di voto acquisisce un senso. Questo puo' avvenire attraverso il raggiungimento di un corretto equilibrio tra il potere che deriva dai mezzi di comunicazione di massa e gli altri poteri dello stato. E' allora evidente la necessita' di separare i media dagli interessi economici, finanziari e politici.
Solo allora potremo dire che la democrazia italiana e' tale e potremmo parlare di "volonta' popolare".

Per ulteriori spunti di riflessione vi lascio con Ascanio Celestini, "il popolo e la democrazia" (cattivissimo in questo sketch!):

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