Ho scoperto un paio di ore fa che Rodolfo Cimino ci ha lasciato ieri. Ero a Fà la cosa giusta, ieri, e non ho letto della notizia, diffusa da afNews e ComicUS. Matteo Stefanelli ha poi realizzato uno splendido post con poche parole e tanti frontespizi. Per quel che mi riguarda, ho deciso di pubblicare l'articolo che avevo scritto per "Rodolfo Cimino: Dalla tana del bestio" all'angolo dei salici, libro a cura di Paolo Castagno per il Premio Papersera 2007
Con l'arrivo dei crediti sulle pagine di Topolino, divenne sempre più facile riconoscere i grandi maestri della matita, gente come Luciano Gatto, Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano. Con gli sceneggiatori era (e per certi versi continua ad esserlo) molto più difficile riconoscere uno stile dall'altro senza leggere l'accredito. In effetti l'unico sceneggiatore immediatamente riconoscibile, già dalla prima pagina della storia era, Rodolfo Cimino.
Il passato è d'obbligo visto che la quadrupla d'apertura con il titolo ed un breve riassunto grafico della storia, una sorta di copertina per la stessa, ha ormai fatto scuola: non solo il giovane Casty oggi utilizza questo artificio narrativo, ma anche sceneggiatori d'esperienza come Nino Russo o Carlo Panaro. I segni distintivi di Cimino, però, sono all'interno della storia stessa: il linguaggio particolare, con l'utilizzo di parole spesso in disuso, e le complesse imprese, sia quotidiane sia avventurose, cui i paperi (suoi personaggi preferiti, a parte alcune incursioni in quel di Topolinia) spesso sono costretti dalla fervida inventiva del Maestro Cimino.
Nato a Palmanova, in provincia di Udine, Cimino inizia la sua collaborazione con la Mondadori e le storie Disney in Italia come inchiostratore di Romano Scarpa. La necessità di avere un maggior numero di sceneggiatori (solo con l'arrivo di Bottaro e Scarpa il lavoro di Martina inizia ad alleggerirsi) consente al giovane Cimino, all'inizio supportato dalla supervisione di Elisa Penna, di provare nella nuova veste di sceneggiatore, introducendo, lui per primo nelle storie Disney italiane, la tecnica dello storyboard.
Nelle avventure di ampio respiro, su cui ci concentreremo in questa sede, Cimino introduce giganteschi e polivalenti mezzi di locomozione, divenuti tipici delle sue storie (ed anche questi utilizzati da altri autori), la cui forma si ispira all'impresa da compiere (si hanno, ad esempio, enormi draghi, ciclopi meccanici, navi con le ruote) ed in grado di muoversi alternativamente sull'acqua o sulla terraferma o anche in grado di volare. In questo genere di imprese Paperone coinvolge immancabilmente Paperino e nipoti, senza farsi mancare la presenza di Battista, con tanto di bevande al seguito. La caccia al tesoro di Paperone, importante per i suoi affari e sempre e comunque per arricchirlo, porta spesso la compagnia dei paperi ad imbattersi in svariati popoli e civiltà: a volte sono discendenti decaduti di civiltà un tempo forti, o popoli che, in pratica, non hanno avuto alcuno sviluppo tecnologico o scientifico, ma hanno mantenuto una semplicità d'animo che Cimino non nasconde d'apprezzare, come nel caso di Paperon de Paperoni visir di Papatoa, disegnata da Romano Scarpa. In quest'avventura Paperone, per sfuggire alle angustie fiscali e bassottesche si presenta sulla sperduta isola di Papatoa dove ottiene facilmente, grazie alla semplicità della popolazione locale, la carica di gran visir dell'isola. Gli abitanti di Papatoa, pur nella loro esoticità, sono in effetti molto italiani, così come molte popolazioni dei monti o dei deserti incontrate dai paperi di Cimino: cresciuto in un ambiente fortemente contadino, il Maestro ha trasportato i valori e la cultura di questo tipo di società, per larghi tratti diffusa un po' in tutta l'Italia fino a pochi decenni fa, in molte delle sue storie e popolazioni.
Per contro tutte le società tecnologicamente più avanzate hanno spesso avuto problemi con il controllo della scienza applicata: esempio emblematico è Zio Paperone e l'invasione dei Ki-Kongi. In questa avventura una civiltà extraterrestre compie una serie di esperimenti per creare dei servizievoli giganti. Per un errore nella programmazione, i Ki-Kongi diventano un pericolo per il loro pianeta, così i loro creatori decidono di mandarli dove non possono nuocere: peccato che la Terra non sia deserta, anche se ha in Paperone un difensore implacabile, soprattutto quando ad essere minacciati sono i suoi denari.
Altro esempio è il popolo di Reginella: la bella papera extraterrestre ed i suoi cittadini fanno il loro esordio in Paperino e l'avventura sottomarina, disegnata da un giovane e valente Giorgio Cavazzano. Paperino, provetto subacqueo, si imbatte in Reginella e nel suo popolo e, innamoratosi della bella papera, vive alcuni dei momenti più belli ed intensi della sua carriera fumettistica. Paperino, però, si rivela troppo codardo per restare al fianco di Reginella, e così, opportunamente ricondizionato, viene riportato in superficie. La saga di Reginella continuerà per altre quattro storie, ma soprattutto nelle due successive si notano le peculiari caratteristiche del suo popolo: profondamente pacifico, aborrisce la violenza, sviluppando la "disapprovazione collettiva", una sorta di ostracismo telepatico. Come però si scopre, il contatto con la Terra ed i terrestri, in particolare con la violenza e l'avidità tipici del genere umano, rende i due mondi incompatibili e costringe sempre Paperino e Reginella a restare lontani. Il messaggio è quindi chiaro: non c'è niente di perfetto, ma sicuramente ben poco potrà andare a buon fine finché in una società, per quanto piccola, entreranno difetti come l'avidità e la violenza.
Così come con il popolo di Pacificus, anche per altre popolazioni extraterrestri Cimino è molto più interessato alle dinamiche sociali e di governo, piuttosto che a scendere nel dettaglio della loro tecnologia: in questo senso Cimino è un autore di fantascienza di tipo "soft", e proprio tale caratteristica rende più efficaci i suoi racconti "terrestri". All'interno di questo discorso, è emblematica Zio Paperone e l'alternanza siderale: due popoli si alternano nel possesso di una città nel deserto: per un anno uno vive nella città tutte le comodità della vita sedentaria, mentre l'altro tempra il proprio carattere nel deserto, pronto a dare battaglia al popolo sedentario, che nulla farà di più del minimo necessario per difendersi. Proprio questo minimo necessario non è sufficiente per sconfiggere il popolo nomade, che così vivrà per un anno nella città, mentre l'ex-popolo sedentario vivrà un anno nel deserto. In questo modo entrambi i popoli sono in grado di vivere e provare tutti gli aspetti tipici della specie umana, scongiurando al minimo i problemi derivanti dal dare sfogo alla violenza insita nella natura e al possesso prolungato degli oggetti.
In conclusione, sia che Cimino racconti di eremiti eccentrici, di popoli isolati e dalle tradizioni strane per i civilizzati paperi, sia che questi popoli siano sulla Terra o su un altro pianeta, il messaggio del Maestro è chiaro: non dimenticare le radici contadine della civiltà umana, per poter avere sempre vicino l'obiettivo non già di una società utopica e per questo irraggiungibile, ma il più possibile equilibrata, e quindi più facile da ottenere con piccolo sforzo nella vita di ogni giorno.
bellissimo post in ricordo di un grande sceneggiatore. ci mancherà.
RispondiEliminaNono conoscevo il saggio ( e cercherò di procurarmelo). Mi ha colpito, leggendo la tua disamina che, nella grande attenzione critica che c'è stata verso il Cimino "dialoghista" per quell'italiano così particolare, forse si è perso di vista il valore del soggettista e dello sceneggiatore nel suo complesso.
RispondiEliminaCimino, invece, è stato dopo il maestro Barks uno degli autori che ha meglio interpretato il filone "duck tales" e ha fornito a Zio Paperone un carattere credibile, rispettoso della tradizione e, al tempo stesso, innovativo.
Grazie a entrambi per i complimenti e in particolare a marco per le osservazioni. Alle quali rispondo con un piccolo retroscena (vado a memoria e qualcosa risulterà pertanto omessa):
RispondiEliminaQuando Paolo Castagno mi contattò, come con tutti gli appartenenti al forum del Papersera, per scrive l'articolo per il libro su Cimino, avevo selezionato due o tre argomenti su cui soffermarmi, accarezzando anche l'idea di scrivere qualcosa su una delle sue grandi saghe, però alla fine questo esame dei popoli "ciminiani" mi è sembrato il modo migliore per sintetizzare l'opera del Maestro, da una parte, e raccontare ciò che mi ha trasmesso (e continua a trasmettermi ogni volta che lo rileggo) con le sue storie (e non è stato solo lo scontato: "ho imparato l'italiano con lui", perché quello lo impari anche con le storie di Guido Martina).