La vita sulla Terra finisce a causa di una nuova era glaciale. Solo un gruppo di esseri umani continua a sopravvivere all'interno di un treno che si muove su un unico binario che corre intorno al mondo, lo Snowpiercer. Queste sono le premesse di ben tre prodotti differenti, una serie a fumetti francese, Le Transperceneige in francese di Jacques Lob e Jean-Marc Rochette; un film del 2013 diretto da Bong Joon-ho; una serie televisiva creata da Josh Friedman e Graeme Manson e la cui prima stagione è stata distribuita nel 2020, mentre la seconda è in corso di pubblicazione su Netflix da circa un mese. E ve lo dico subito: nonostante le differenze, la serie riesce a mantenersi quantomeno fedele allo spirito del fumetto, avendo come temi principali la lotta di classe, l'ingiustizia sociale e il controllo degli individui.
Le prime differenze che si riscontrano sono nei personaggi, diversi rispetto a quelli immaginati da Lob e Rochette, ma che in un certo senso interpretano ruoli similari. Anche la trama della serie diverge rispetto al fumetto e al film. Ad esempio il rapporto tra lo Snowpiercer e un secondo treno, nella serie televisiva viene esplorato incastrando i due treni. Inoltre mentre nel fumetto non esiste alcun "padrone" del treno, la serie Netflix introduce il concetto, e con esso l'idea di un'impresa che deve portare vantaggio a un singolo fondata però sul lavoro di una comunità al servizio di questo singolo. Questo concetto, introdotto nella seconda stagione con il treno, viene a scontrarsi con l'idea della democrazia appena conquistata sullo Snowpiercer. Nella prima stagione, infatti, il viaggio attraverso le carrozze condotto dai due protagonisti del fumetto viene sostituita dall'impresa collettiva per la conquista di una qualità della vita più dignitosa. In questo caso, però, mentre sia il fumetto sia il film propongono una conclusione decisamente amara, lo Snowpiercer di Netflix permette ai rivoltosi di giungere a una conclusione vittoriosa della propria impresa, salvo dover rimettere tutto in gioco nel finale di stagione con l'arrivo del "padrone" del treno a bordo di una seconda locomotiva.
Questo arrivo imprevisto, che in un certo senso introduce i temi dell'invasione e dell'interazione con un'altra comunità, mette in discussione la stessa democrazia appena conquistata, che per essere difesa va posta in sospeso, inclusa l'introduzione di privilegi che apparentemente cozzano con il concetto stesso di democrazia.
Tutto questo viene raccontato con uno stile attento allo sviluppo dei personaggi e al dispiegamento dei temi della serie, che da un lato ne rallenta lo svolgimento nella prima parte della prima stagione, per poi, una volta consolidati temi e personaggi, concedersi una maggiore azione e un più veloce precipitare degli eventi. Il risultato finale è una serie interessante, per certi versi intelligente, in grado di far interrogare lo spettatore su concetti spesso scontati.
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