Il secondo volume del Batmanga di Jiro Kuwata si apre con le ultime due parti de La vendetta dell'Uomo d'Argilla che vede il ritorno del criminale noto come Uomo d'argilla, ovvero Clayface, noto anche come Faccia di Creta e Faccia d'Argilla. A nascondersi sotto l'argilla di questo storico avversario di Batman, che aveva esordito sulle pagine di Detective Comics #40 ideato da Bill Finger e Bob Kane, è il rapinatore Ferris, personaggio ideato ad hoc da Kuwata (originariamente, infatti, era Basil Karlo), che abbiamo visto in fuga nel finale del volume precedente, in cui affronta in una scena drammatica il professor Zone, uno studioso di meteoriti. Questi, infatti, era andato nella grotta contenente il liquido che aveva concesso a Ferris i suoi poteri da mutaforma per verificare la sua intuizione sulla provenienza extraterrestre del liquido stesso.
La sfida è un susseguirsi di mutazioni da parte dell'Uomo d'Argilla, con Batman che a un certo punto decide di tenere il suo avversario impegnato per impedirgli di ricaricare il suo potere assorbendo del nuovo liquido extraterrestre. Il finale della storia è abbastanza intuibile, inclusi un paio di dettagli che non menziono per non fare spoiler, neanche a chi non ha letto le storie originali.
Tra gli apparati redazionali del terzo volume, che ho in lettura, sono infatti presenti anche le storie originali da cui Kuwata ha tratto ispirazione, o che potremmo dire ha riscritto secondo la sua sensibilità. Non terrò conto di questi redazionali nella scrittura di questo e del prossimo articolo, ma penso di dedicare una sezione a parte proprio nel finale dell'ultimo della serie di tre.
Il secondo tankobon, ad ogni modo, prosegue con la storia più drammatica e più struggente tra quelle presenti, che riesce a lasciare nel lettore un gusto dolce-amaro, un senso di ingiustizia nonostante il "cattivo" abbia avuto la fine che meritava. E' la storia con la più esplicita sensibilità manga, visto che Kuwata ci mostra anche la sorella del criminale di turno, un misterioso wrestler mascherato, il cui piano criminale viene scoperto poco a poco con il proseguire della vicenda.
Nel resto del numero, costituito in totale da sei storie, abbiamo essenzialmente delle trame di genere fantascientifico, dove l'indagine scientifica che abbiamo visto l'ha fatta da padrone nel primo volume, qui viene lasciata un po' in disparte a tutto vantaggio delle atmosfere e dell'azione. C'è da dire che un paio di trame hanno un che di spranghiano, se mi passate il neologismo con riferimento a Dick Sprang, visto che sono presenti aggeggi giganti contro cui Batman e Robin si lanciano senza paura.
La storia che mi è probabilmente piaciuta di più è quella conclusiva, I crimini di Planet King. In questo caso l'avversario di Batman è questo misterioso Planet King, un supercriminale dotato di costumi in grado di replicare alcune caratteristiche dei pianeti del Sistema Solare: abbiamo così un costume in grado di lanciare anelli di energia ispirato a Saturno, un costume che emette un raggio che ingrandisce gli oggetti ispirato a Giove, un costume che fa letteralmente fuoco e fiamme ispirato a Mercurio. La storia, tra l'altro, si ricollega perfettamente con quella d'apertura sotto molti aspetti, a parte la conclusione per il personaggio dietro Planet King, che è decisamente molto più felice.
Una caratteristica delle storie di questo secondo volume, ad ogni modo, è la presenza di molti uomini di scienza: in questo caso Kuwata spazia dallo scienziato pazzo, a quello costretto a sviluppare cose per conto di bande criminali, a quello che, semplicemente, perde il controllo delle sue invenzioni. Un piccolo campionario di situazioni differenti che non servono tanto a fornire un qualche parere sulla scienza e gli scienziati, quanto a mostrare la flessibilità di Batman nel valutare le persone, anche in maniera apparentemente differente pur di fronte a situazioni apparentemente analoghe. Un modo sottile ma interessante di mostrare l'umanità dell'eroe.
Nessun commento:
Posta un commento