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La parte del leone va, inevitabilmente, a Foglie rosse: Un lungo inverno di Claudio Sciarrone che si chiude con un episodio doppio (o in due tempi, come si diceva un tempo). Lo si potrebbe riassumere con pochi aggettivi: epico, spettacolare, e soprattutto rock. Come già intuito dal finale del terzo episodio, ma anche dalla prima stagione, la musica gioca un ruolo fondamentale nello sconfiggere gli Sgharooz, che finalmente riescono a giungere sulla Terra. E questa, personalmente, è la prima piacevole sorpresa. Non ho nascosto in precedenti recensioni che pensavo che alla fine quelli più pericolosi si sarebbero rivelati gli esseri umani, e invece alla fine, dopo avermi stupito con la pericolosità del robot, ecco che Sciarrone porta gli alieni rettiliformi sul nostro pianeta. Lo scontro con le loro "prede" è gestito in maniera magistrale per ritmo ed epicità dall'autore, che dal punto di vista estetico ci delizia con delle splendide spalsh page, anche doppie, ma anche con le leggermente più piccole quadruple.
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Inevitabile, poi, una volta giunti alla fine, fare il confronto con Stranger Things, saga cui in qualche modo Foglie Rosse è vicina. In questo caso, però, vorrei far notare come Claudio Sciarrone abbia in qualche modo anticipato (anche se non sembra, visto che la quarta stagione di ST è uscita poco prima di Un lungo inverno) due temi portanti proprio dell'ultima stagione del serial dei Duffer brothers: l'importanza della musica, anche dal punto di vista narrativo (anche se in Foglie Rosse è molto più importante rispetto a ST) e l'arrivo degli Sgharooz sulla Terra, che è da mettersi in parallelo con l'arrivo del Sottomondo a Hawkins. Per contro Sciarrone ha anche inseguito ST, come è ben evidente con il cambio di sesso in corsa per Phill, diventato Philly durante l'Interludio.
Tra gli aspetti che, invece, Sciarrone avrebbe potuto enfatizzare di più, anche se sono abbastana impliciti, c'è sicuramente il fatto che gli Sgharooz sono una specie sostanzialmente in via di estinzione: si trovano bloccati su un pianeta che hanno letteralmente spolpato e sono pochi, mentre il loro capo ha la bocca piena di proclami che ricordano il Rebo disneyano dei tempi migliori. Infatti l'invasione finale è, numericamente parlando, ben poca cosa e forse l'unico dettaglio che un po' risulta strano, a meno di non pensare proprio all'implicito messaggio di Sciarrone sulla loro specie.
Interessante, infine, la caratterizzazione degli scienziati Sgharooz, che ricorda gli sceneggiatori di Boris!
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Che, senza nulla togliere alle sue qualità, è presente pure su questo numero di Topolino con una storia che alla fin fine ho trovato molto più gradevole di Megaricchi. Posso concedere che buona parte del giudizio sia dovuto al gusto personale: il mio scarso amore, diciamo così, verso i reality gioca evidentemente a favore di Ciccio 2.0, dove Panaro pungola Ciccio con l'arrivo di un nuovo assistente di Nonna Papera. La storia, infatti, ruota intorno alla convinzione, che ovviamente si rivela errata, che Nonna Papera voglia sostituire Ciccio. Alla fine, però, Panaro non solo è riuscito a tirare il meglio da Ciccio stesso, ma ha anche introdotto un personaggio interessante, Herb, e una tematica che, per contro, potrebbe essere sfruttata ancora meglio per fare un po' di sana critica sociale come quella sui lavoratori stagionali nell'agricoltura.
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Ad affiancare Panaro, poi, troviamo ancora una volta Marco Palazzi, che alla fine ottiene un risultato in qualche modo più efficace rispetto alle storie in costume del nuovo ciclo paperingio.
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