Dov'ero l'11 settembre del 2001? Davanti al computer, se la memoria non mi inganna. A fare le slite ricerche, o forse a scrivere, o forse a fare entrambre le cose. Poi mia madre urla qualcosa del tipo C'è stato un attaco terroristico a New York (non credo queste precise parole, ma il senso era quello). All'inizio c'è un po' di incredulità: c'era il mito, anche grazie al cinema made in USA, di servizi segreti quasi infallibili, per cui la prima idea fu che in realtà non erano stati terroristi islamici, ma un attacco interno. Man mano che, nelle ore e nei giorni successivi, arrivarono sempre nuovi dettagli e il racconto delle storie intorno al crollo delle Torri gemelle era sempre più evidente che questa mia idea, molto naif e, ovviamente, nata da quella stessa scarsa conoscenza degli Stati Uniti indotta dal loro cinema, era evidentemente errata.
Una cosa, però, mi sembrava certa e nulla aveva scalfito questa convinzione: la guerra in Afghanistan non sarebbe servita a nulla. Oggi, dopo vent'anni, dopo che la guerra fu ufficialmente chiusa nel 2014 e commutata in una missione di pace, abbiamo assistito al ritorno dei talebani, la cui scacciata fu un effetto collaterale di una guerra contro la non-nazione del terrorismo islamico fondamentalista.
Oggi stiamo parlando del fallimento di vent'anni di politica in Afghanistan, e anche, i più estremi, del fallimento delle politiche contro il terrorismo. E la cosa diventava sempre più evidente, man mano che la storia si svolgeva sotto i nostri occhi: guerre statunitensi in oriente, annunci di uccisioni di Osama bi Laden e Saddam Hussein, ma nel frattempo un aumento degli attacchi terroristici in Europa, colpiti soprattutto Spagna, Gran Bretagna e Francia. Il tutto sotto l'occhio "protettivo" degli Stati Uniti: basti ricordare l'aumento delle misure di sicurezza negli aereoporti, diventate un po' più invasive. Nel frattempo i diritti fondamentali dei cittadini venivano sempre più ridotti, e non solo quegli degli Stati Uniti, come insegna lo scandalo dei sistemi di controllo della NSA scoperchiato da Edward Snowden.
Tutto questo e molto altro ancora viene raccontato, in una maniera molto più ordinata e precisa, in September 11, 2001: The Day the World Changed Forever di Bouthier Baptiste e Chochois Héloise. Quella di Baptiste, giornalista, non è però una narrazione esclusivamente giornalistica, ma viene mediata dalla protagonista, Juliette, che a settembre del 2021 sta partendo per New York per andare a trovare una cugina che lavora lì. E nel corso del lungo volo ripensa alla sua vita nel corso di quegli anni. Questo permette agli autori di mostrare la reazione delle persone comuni, noi tutti che apprendiamo delle grandi notizie che avvengono nel mondo, e anche di toccare con mano come è cambiato il mondo in 20 anni.
Delle parti storico-giornalistiche, ad ogni modo, quelle più efficaci e coinvolgenti sono state quelle dedicate agli attacchi dell'11 settembre 2001, che prendono all'incirca tutta la prima metà del volume. La narrazione è indubbiamente serrata, anche grazie a una composizione della pagina da parte di Héloise in molti casi densa di vignette, per poi aprirsi con illustrazioni che riempiono una o due pagine, che permettono di enfatizzare un istante, ma anche di riprendere fiato.
Emerge un intenso spaccato della storia recente del mondo, ancora in corso, simboleggiato dal sacrificio delle persone, più che dalla difesa del nostro stile di vita: in questo è significativo come l'ultimo inserto giornalistico sia dedicato alle battaglie legali per il riconoscimento da parte delle autorita delle malattie causate dagli attacchi di 20 anni fa a molti dei sopravvissuti, primi fra tutti i pompieri e i volontari che lavorarono a ground zero, le macerie delle Torri gemelle.
L'ultima illustrazione, quasi una spalsh page con il cielo sgombro in mezzo ai grattacieli di New York, diventa un istante di pace, un segno di speranza per il futuro di tutti.
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