Era dal 2016/17 (in Francia è uscito a fine anno, ma era stato annunciato prima) che aspettavo l'arrivo in Italia di Café Zombo di Regis Loisel. Per disegni, ambientazione e struttura delle pagine era evidente che il cartoonist francese, di cui ho letto Peter Pan e Le grand mort (anche se quest'ultimo credo di aver perso l'uscita italiana degli ultimi volumi), si ispirava alle striscie di Floyd Gottfredson. E la cosa è anche confermata nella lunga dedica che Loisel indirizza ad altri fumettisti di tutte le epoche, tra cui, oltre a Gottfredson, anche i "nostri" Romano Scarpa e Giorgio Cavazzano, che hanno i posti di onore subito prima di Albert Uderzo. E quindi, come potrete intuire, alla fine è arrivato proprio grazie a Panini Comics che aveva ripreso la pubblicazione dei volumi della Giunti, saltando però proprio Café Zombo (da qui in poi Caffé Zombo).
L'ambientazione è quella degli inizi: infatti vediamo Topolino e Orazio che vanno al classico banchetto dove vengono assegnati i lavori ai disoccupati. I nostri due eroi, però, vengono respinti e scopriamo che la cosa è dovuta ai traffici di Gambadilegno e dell'avvocato Lupo, che nelle prime storie erano avversari ricorrenti del Topo. Il tema della storia, però, è, come si suol dire, "impegnato": il cambiamento della cittadina in cui vive Topolino, da centro rurale a città vera e propria, viene imposto dall'arrivo di un ricco miliardario senza scrupoli, più interessato al guadagno che ai diritti dei lavoratori. Sono significative una serie di battute esplicite di Rock Fuller che progetta modi per rimettere nelle sue tasche gli stipendi con cui paga i suoi lavoratori, che vengono opportunamente addomesticati grazie al Caffé Zombo del titolo, un caffé i cui effluvi generati dalla macinatura rende chi li inspira malleabile e controllabile.
Il tema del lavoro è, dunque, quello intorno al quale si sviluppa la trama. Loisel lo sviluppa con uno stile molto gottfredsoniano: la tensione, infatti, si alterna ai momenti comici, con peraltro un paio di gustose running gag sul rapporto di coppia, ma c'è anche una vena che, da italiani, diremmo ciminiana: l'autore, infatti, non recupera solo le atmosfere bucoliche dell'epoca, ma assegna alle figure femminili, Minni e Clarabella in testa, un ruolo fondamentale nella risoluzione della vicenda.
Un'attesa, dunque, che è statta alla fine ampiamente ripagata!
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