Annunciata da una splendida copertina di Andrea Freccero per i colori di Andrea Cagol, arriva in partura di numero la storia che narra le origini marinaresche di Malcolm De' Paperoni, che esordì nel 1956 sulle pagine de Il tesoro della regina di Carl Barks. Dopo di allora venne utilizzato, escludendo le apparizioni nei quadri, in altre tre occasioni: Il nuovo proprietario del castello De' Paperoni, quinto episodio della $aga di Don Rosa; Il mostro di Dismal Downs di Maya Astrup e Massimo Fecchi, dove il personaggio compare come fantasma, proprio come nella storia di Rosa; e ne La corona dei desideri di Vito Stabile e Alessandro Perina. Ed è proprio Stabile, questa volta affiancato da Mario Ferracina, a riportare Malcolm sulle pagine di Topolino, ma non con un qualche espediente narrativo particolare, come avvenuto in tutte le precedenti apparizioni, ma con un approccio identico a quello che è stato adottato per Cornelius Coot: una storia ambientata nel suo passato.
In particolare Il corsario, storia in due tempi, racconta di come Malcolm coltivi il sogno di viaggiare per mare andando contro le imposizioni dei suoi genitori, che vorrebbero che lui si facesse carico della locanda di famiglia. Il richiamo del mare, però, diventa irresistibile quando il corsaro Greenbottle arruola marinai per una missione particolare: trovare la fantomatica isola di Libertulla e intraprendere con essa degli scambi commerciali.
Non deve stupire il lettore che Malcolm si arruoli su una nave corsara. Di fatto i corsari erano pirati autorizzati,tramite la famosa "lettera di corsa", ad assalire le navi mercantili di nazioni nemiche con l'obbligo di consegnare parte del bottino al governo. In pratica i corsari compivano tutte quelle azioni che le flotte nazionali non potevano compiere senza rischiare un incidente diplomatico.
In generale corsari e pirati vengono spesso confusi tra loro: la cosa, però, non deve stupire, visto che comunque era facile per un pirata diventare un corsaro, in base alle necessità politiche ed economiche dei proprio regnanti, così come per un corsaro diventare pirata, nel caso in cui si eccedesse un po' troppo sui compiti assegnati loro dalla "lettera di corsa".
Altro elemento apparentemente stupefacente è la presenza di una donna nella ciurma di Greenbottle, ma anche in questo caso non bisogna stupirsi: per quanto fossero numericamente inferiori, c'erano comunque delle donne anche sul mare, in particolare tra pirati e corsari. E anzi ci sono, tra storie leggendarie e altre effettivamente verificate, anche diverse donne a capo di ciurme piratesche.
L'ultima parte, infine, la dedico a Libertulla, che è una versione edulcorata, sia nel nome sia nella descrizione, di Libertalia, leggendaria colonia anarchica fondata da un gruppo di pirati guidati da Henry Avery. La prima descrizione di questa fantomatica colonia si trova in A General History of the Most Notorious Pirates del 1724. Il testo è firmato da un altrettanto fantomatico capitano Charles Johnson, la cui identità non è mai stata ufficialmente svelata. Ci sono diverse ipotesi, di cui la più accreditata è quella dell'autore di Robinson Crusoe, Daniel Defoe. I dubbi sono per lo più legati allo stile dei due autori, ma non è raro che i grandi scrittori riescano a scrivere grandi opere con stili completamente diversi l'uno dall'altro.
Quando la ciurma di Greenbottle arriva su Libertulla, questa, però, risulta molto diversa dalla colonia di riferimento, quella di Libertalia: siamo, infatti, di fronte a un gruppo di persone che hanno abbandonato completamente la pirateria, a differenza dei coloni di Libertalia. Inoltre il senso di libertà che Libertulla rappresenta è bucolico, e quindi in linea con la poetica di Stabile, mentre la libertà, sia quella difesa dai pirati, sia quella basata sui principi anarchici, è qualcosa di più complesso in cui gli aspetti bucolici sono solo una parte. C'è, però, da dire che la scelta di puntare su questi aspetti bucolici, non so con la descrizione di Libertulla, ma anche in civersi momenti della storia, risulta particolarmente efficace e riporta alla mente lo Stabile degli esordi.
A dare una mano con le atmosfere ci ha pensato gli ottimi disegni di Ferracina, che però, rispetto agli esordi, se da un lato ha guadagnato in qualità, dall'altro ha perso, e molto, in personalità, un problema stilistico che in qualche modo sta colpendo molti dei frecciariani presenti sul Topo negli ultimi anni. Forse è anche per quello che il giovane disegnatore ha provato a variare un po' con gli animali antropomorfi presenti nella storia, inserendo alcuni personaggi non paperi, cosa che ha indubbiamente reso la storia un po' più realistica, per quel che può significare in una storia di animali antropomorfi.
Arrivato a questo punto ho forse scritto troppoi sulla storia d'apertura, che però lo meritava per cui mi permetto innanzitutto di citare velocemente la breve Metodi di contenimento di Francesco Vacca e Lucio Leoni in cui rivediamo in azione Curiazio, il cugino disastrante di Orazio, e il secondo episodio de La pietra di paragone di Bruno Enna e Alessandro Perina. In questo caso le GM (Qui, Quo, Qua e Newton) iniziano il viaggio nel tempo insieme con Bob Tycoon per ricostruire la sua pietra parlante perduta nel primo episodio uscito sul numero di settimana scorsa. Non mi pare il caso di approfondire troppo la faccenda, visto che si sarebbe di che parlare di Creso, e quindi si potrebbe nuovamente citare Don Rosa, ma l'elemento più interessante della storia sta nel finale, dove Enna, per mezzo di Newton, finisce di rivoluzionare i retrocchiali in una versione che, forse, mi piace molto di più di quella di Sisti. Una versione, tra l'altro, che ha anche più probabilità di venire completamente distrutta alla fine dell'avventura. Certo, se in una storia di avventura alla ricerca di pietre famose la parte che mi appassiona di più è quella relativa ai retrocchiali, forse la storia è poco centrata sul quello che dovrebbe essere, invece, il suo cuore narrativo...
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