Tra il 1992 e il 1995
la Bosnia è stata territorio di una guerra etnica e civile caratterizzata soprattutto dalla forte presenza dei cecchini in molte delle città bosniache, prima su tutte Sarajevo. Uno degli elementi più stupefacenti, almeno per qualcuno che si reputa abbastanza lontano dalla religione, è come le ideologie che hanno diviso la popolazione bosniaca hanno di fatto separato amici e parenti, persone che fino al giorno prima erano in rapporti più o meno stretti e che poi si sono ritrovate dai due lati della barricata. Per la maggior parte la scelta è stata in un certo senso dettata dalla paura di essere isolati dalla comunità religiosa di appartenenza, per altri la conclusione di un percorso di odio. Ad ogni modo la Bosnia è stata di fatto invasa sia dalle forze di pace di ONU e NATO, sia da cecchini e mercenari di altre nazioni che videro nella guerra in Bosnia un'ottima occasione per lucrare sulla morte.
In tutto questo contesto la città di Sarajevo ha resistito a un vero e proprio assedio, opponendo alla violenza la forza della vita e della cultura, di cui la città è stata sempre ricca. Ed è proprio tutto questo che
Lorenzo Mazzoni racconta ne
Il muggito di Sarajevo, un romanzo indubbiamente realistico, ma al tempo stesso incredibilmente surreale. Per capire soprattutto quest'ultimo punto, basta riassumere il romanzo attraverso questi pochi elementi: