Stomachion

martedì 9 giugno 2015

Il noumeno

L'introduzione alla recensione di "Noumeno" (cc @MicheleGarofoli @Shockdom) un fumetto fantascientifico "quantistico" della Shockdom
Come ha osservato Kurt Gödel in una serie di scritti e conferenze(1), Immanuel Kant ha anticipato molti elementi che sarebbero successivamente stati scoperti nella relatività di Albert Einstein e nella meccanica quantistica. Gödel si concentrò essenzialmente sul concetto di tempo kantiano, ritrovandolo in quello einsteiniano, mentre per capire il legame con la meccanica quantistica bisogna rivolgersi al concetto di "noumeno".
Similitudini con la meccanica quantistica
Quello del noumeno è un concetto precedente alla filosofia kantiana e ha le sue origini nelle idee e forme platoniche. In particolare il noumeno, come suggerisce la stessa etimologia della parola, si riferisce a "qualcosa che è pensato" o all'"oggetto di un atto di pensiero".
Per Kant, un po' come per Platone, la nostra realtà si può dunque suddividere in due parti distinte. Innanzitutto c’è il "fenomeno", ovvero ciò che possiamo osservare grazie all'uso dei nostri sensi, e poi c’è il "noumeno", che sottintende al fenomeno, ne è una sorta di sfondo che però risulta inaccessibile ai nostri sensi. Ciò implica che mentre ciò che è fenomeno, che vive nell'usuale spaziotempo, deve sottostare alle leggi della natura, il noumeno segue delle leggi differenti in uno spaziotempo differente. Il mondo del noumeno kantiano diventa, allora, sia il luogo di origine degli archetipi, sia del libero arbitrio, essendo questo il regno della libertà.

Kant illustrato da Ralph Edney in Philosophy for Beginners – via Undermain blog
I legami con la meccanica quantistica sono incredibilmente stretti, sia se seguiamo l'interpretazione usualmente più accettata della stessa, quella probabilistica di Niels Bohr (detta anche "interpretazione di Copenaghen"), sia se andiamo in interpretazioni alternative, come ad esempio quella di David Bohm.
Storicamente tale interpretazione inizia con gli studi teorici di Louis de Broglie degli anni Venti del XX secolo. Il fisico belga, però, abbandonò tale sviluppo nel 1927, quando si ritenne convinto della correttezza dell'interpretazione di Copenaghen. Nel 1952, l'approccio e le equazioni che de Broglie aveva iniziato a sviluppare vennero riscoperte da Bohm, che proseguì con quel lavoro, ponendosi alla fine in una posizione di contrasto rispetto a quella di Bohr, divenuta nel frattempo standard.
I punti essenziali della teoria di Bohm sono il determinismo e la non località: la velocità di ciascuna particella dipende dall'equazione principale, che a sua volta dipende dalla configurazione iniziale dell'universo. Inoltre la teoria postula l'esistenza di una configurazione che esiste anche quando non è osservata. Non solo ciò è in contrasto con l'interpretazione probabilistica (una configurazione esiste solo se è osservata, altrimenti esistono tutte contemporaneamente e ciascuna con una sua probabilità), ma ricorda molto da vicino il noumeno kantiano: in un certo senso nella meccanica quantistica di Bohm il noumeno è reale tanto quanto lo intendeva Kant, ma è anche irraggiungibile, poiché esso è costruito utilizzando delle variabili nascoste, non osservabili nemmeno indirettamente.

Niels Bohr illustrato da Leland Purvis
La meccanica quantistica di Bohm è, però, solo uno dei tentativi di superare alcune delle difficoltà concettuali apparentemente presenti nella meccanica quantistica standard, rappresentate tutte più o meno bene dal famoso gatto di Schrödinger (non l'unico paradosso quantistico, ma certo il più noto), quello chiuso in una scatola che è sia vivo sia morto fino a che la scatola stessa non viene aperta per osservarlo. Oltre alla teoria di Bohm, al cui interno, come osserva Roger Penrose, non potrebbe esistere un paradosso di questo genere, si innesta sul gatto anche la teoria dei molti mondi di Hugh Everett del 1957.
In questo caso, invece, l'estensione della meccanica quantistica e quindi del gatto di Schrödinger all'intero universo genera gli universi paralleli, o spaziotempi differenti per restare all'idea di base kantiana. Questi spaziotempi differenti, però, possono tranquillamente esistere all'interno dello stesso universo, se solo immaginiamo che esso sia costituito da più delle 4 dimensioni usuali (le 3 spaziali e quella temporale), come propose per la prima volta nel 1919 il matematico polacco Theodor Kaluza e come successivamente venne incorporato (o riscoperto) all'interno delle teorie delle stringhe, il tentativo più noto di unificare la meccanica quantistica alla relatività generale di Einstein.

Il gatto di Schrodinger di Jie Qi
A questo punto il "noumeno" kantiano diventa non tanto come una configurazione quantistica sempre presente (o reale) ma come una realtà che, semplicemente, vive sfasata di un dato angolo multidimensionale rispetto a un dato "fenomeno".
In quest'ultima ipotesi, allora, l'impossibilità di raggiungere il "noumeno", o che quest'ultimo raggiunga il "fenomeno" (o uno dei possibili "fenomeni") potrebbe venire in qualche modo superata, magari utilizzando un sofisticato computer quantistico, un po' come avviene nella saga Neanderthal Parallax di Robert J. Sawyer, in grado di calcolare tutte le probabilità possibili e quindi di creare una sorta di ponte quantistico tra "fenomeno" e "noumeno".
Più o meno è questa la base scientifica e filosofica che ha portato Lucio Staiano, fisico e fondatore di Shockdom, Gianluca Caputo e Giulio Rincione a proporre ai lettori un'opera di fantascienza intitolata proprio Noumeno, la cui recensione comparirà integralmente su LSB prossimamente.
(1) Ad esempio A remark about the relationship between relativity theory and idealistic philosophy (pdf) o, in italiano Alcune osservazioni sulla relazione tra la teoria della relatività e la filosofia kantiana pubblicato su Scritti scelti edito da Bollati Boringhieri

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