Il 2011 coincide con il 100.mo anniversario del Premio Nobel assegnato a Madame Marie Curie, una opportunità per celebrare il contributo delle donne alla scienza.
E' così che il
sito ufficiale dell'
Anno Internazionale della Chimica elegge
Marie Curie come uno dei simboli stessi del 2011 scientifico. E non poteva esserci simbolo migliore, poiché la scienziata polacca naturalizzata francese non solo è stata una delle prime donne a vincere il Premio o la prima a vincerlo per ben due volte, ma soprattutto ha ottenuto il riconoscimento in due ambiti differenti, la fisica nel 1903 e la chimica nel 1911, stabilendo di fatto, qualora ce ne fosse bisogno, lo stretto legame tra le due discipline.
Marie Skłodowska Curie nacque il 7 novembre del 1867 a
Varsavia, quando ancora la
Polonia faceva parte della Russia, in una famiglia di insegnanti: sia il nonno paterno
Józef, sia il padre
Władysław e la madre
Bronisława erano infatti insegnanti nelle scuole della regione. In particolare fu il padre a indirizzarla verso la matematica e la fisica, mentre il suo agnosticismo sembra sia generato soprattutto dalla morte della sorella maggiore,
Sofia, e della madre a causa del tifo, una scelta a metà strada tra l'ateismo del padre e il cattolicesimo della madre.
Ad ogni modo iniziò ad andare a scuola all'età di dieci anni nella stessa scuola dove insegnava la madre, dalla quale si diplomò il 12 giugno del 1883. A questi studi, però, non seguì nell'immediato nessun tentativo di accedere all'istruzione superiore: a causa della partecipazione della famiglia ai moti patriottici di quel periodo, la sua famiglia iniziò un lungo periodo di difficoltà economica, che costrinse di fatto Marie a fare per molti anni il lavoro della governante, per sostenere da una parte la famiglia in quel di Varsavia e dall'altra la sorella Bronisława, più grande di due anni, andata a Parigi per intraprendere gli studi di medicina.
Ci furono, a questo punto, due eventi che alla fine spinsero Marie a seguire la sorella. Da una parte, agli inizi del 1890, la sorella Bronisława, che si era nel frattempo sposata con
Kazimierz Dłuski, aveva iniziato a insistere con Marie affinché si trasferisse nella capitale francese, dall'altra, però, Marie aveva iniziato una relazione sentimentale con il matematico
Kazimierz Żorawski. D'altra parte non aveva alcuna preparazione di tipo universitario, che iniziò in patria frequentando l'
Università volante.
Come detto a quel tempo Varsavia era sotto il controllo della Russia, che insieme alla Prussia fu la nazione che oppresse maggiormente la popolazione polacca (diversamente, invece, da quanto avveniva nell'Austria-Ungheria, il terzo impero ad essersi spartito la Polonia). In particolare, probabilmente anche in conseguenza alle rivolte delle popolazioni locali per riottenere l'autonomia (quelle del 1830-31 e del 1863-64), l'accesso all'istruzione superiore in particolare di tipo universitario era preclusa alla maggior parte dei polacchi. In questo contesto politico estremamente oppressivo si può immaginare come la situazione delle donne fosse anche peggiore.
Per tutti questi motivi a partire dal 1882 il movimento positivista polacco decise di proporre almeno agli abitanti di Varsavia una serie di corsi clandestini, che grazie all'impegno di una delle studentesse,
Jadwiga Szczawińska, iniziarono a coordinarsi insieme creando una vera e propria università clandestina, la
Uniwersytet Latający, resa in inglese come
flying university o anche
floating university. I programmi si sviluppavano in un arco di 5-6 e coprivano i campi di scienze sociali, pedagogia, filologia e storia e scienze naturali. Questa resistenza culturale durò venti anni, fino al 1905, e in questo arco di tempo oltre a Marie Curie, tra gli altri studenti si ricordano
Zofia Nałkowska, scrittrice, e
Janusz Korczak, pediatra e scrittore per l'infanzia. I suoi studi scientifici in Polonia, comunque, la portarono, durante questo breve periodo, a lavorare nel Museo dell'Industria e dell'Agricoltura.
Partendo da ciò, dunque, poteva sembrare impossibile che Marie avrebbe lasciato il suo paese natale, ma Kazimierz Żorawski interruppe la loro relazione con una lunga lettera e così nell'ottobre del 1891 Marie decise di raggiungere la sorella a Parigi. Qui iniziò gli studi in fisica, chimica e matematica alla Sorbona.
La laurea arriva nel 1893 e la porta a lavorare in un laboratorio industriale, senza però abbandonare gli studi sempre alla Sorbona fino alla laurea in matematica nel 1894. Il suo interesse per il magnetismo, invece, le consente di collaborare con
Pierre Curie, l'uomo con il quale condivise la vita, sposandolo nel luglio del 1895, il lavoro di ricerca e un Nobel, quello per la fisica del 1903 insieme con
Henri Becquerel:
in riconoscimento dei servizi straordinari che essi hanno reso nella loro ricerca sui fenomeni radioattivi
Con il termine
radioattività si intende il decadimento radioattivo dei nuclei atomici. Non tutti i nuclei, infatti, sono stabili, e la prima osservazione documentata del fenomeno è di Becquerel nel 1896. Il contributo di Marie alla nascente nuova linea di ricerca fu, innanzitutto, la riproduzione dei risultati del collega francese
(1).

Circa 15 anni prima Pierre e il suo fratello maggiore, Jacques, inventarono un nuovo tipo di elettrometro, uno strumento che serve per misurare correnti elettriche estremamente basse. Marie utilizzò l'elettrometro dei Curie per misurare le piccole correnti che attraversano l'aria attraversata dai raggi dell'uranio. L'aria umida del magazzino nel quale conduceva gli esperimenti tendeva a dissipare la carica elettrica, ma nonostante questo riuscì a realizzare delle misure riproducibili.
Dopo molti esperimenti, la fisica polacca arrivò alle stesse conclusioni di Becquerel: gli effetti elettrici dovuti all'uranio erano costanti, indipendenti cioè dallo stato, solido o polverizzato, puro o in un composto, umido o asciutto, esposto alla luce o riscaldato, dell'uranio. Inoltre confermò l'osservazione di Becquerel sull'emissione di raggi più intensi in minerali contenenti una porzione maggiore di uranio. Al lavoro del collega francese, però, aggiunse anche una importante ipotesi: la radiazione emessa dai composti dell'uranio era una proprietà insita nell'uranio stesso, qualcosa di spiegabile solo dalla struttura interna dell'atomo stesso:
(...) I reached the conviction that the emission of rays by the compounds of uranium is a property of the metal itself—that it is an atomic property of the element uranium independent of its chemical or physical state.(2)