Stomachion

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venerdì 10 febbraio 2023

Storia di uno zero

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Che poi non è uno zero qualsiasi, ma proprio lui, lo zero per eccellenza, il numero 0!
La sua storia è particolarmente interessante, visto che è la storia di un viaggio d'andata e ritorno. Lo zero, o almeno il suo simbolo, nasce infatti nell'Antica Grecia. Infatti Claudio Tolomeo e Giamblico di Calcide usavano la lettera greca omicron, \(\omicron\), proprio per indicare lo zero. Esso aveva nome di ouden (οὺδἐν), nulla, e venne probabilmente "esportato" in India grazie alle conquiste di Alessandro Magno. E furono proprio i matematici indiani a iniziare a usarlo come un numero vero e proprio, di fatto creando il sistema posizionale che utilizziamo ancora oggi. Per esempio Jinabhadra Gani nel VI secolo definiva il 224400000000 come ventidue e quaranta e quattro e otto zeri, dando cosi' valore al numero grazie agli 0 che seguivano al 2244.
Successivamente furono gli arabi ad apprendere il sistema posizionale degli indiani, trasmettendolo successivamente in Europa, in particolare grazie a Leonardo Fibonacci grazie al suo Liber Abbaci del 1202, e successivamente rieditato nel 1228.

giovedì 19 settembre 2013

martedì 17 luglio 2012

L'indeterminata leggerezza di essere uno zero

Partiamo dalla domanda che ha scatenato tutto:
L'equazione $y=a^b$
  1. è vera per ogni valore di $a$ e di $b$;
  2. è vera per ogni $a > 0$ e per ogni valore di $b$;
  3. nessuna delle precedenti.
La prima domanda è stata alternativamente accettata e scartata a causa di una piccola questione: quanto fa $0^0$?
Come ho scritto su GPlus, dove la discussione si è scatenata, la risposta è:
$0^0$ è una forma indeterminata
Ed è la risposta giusta comunque la si giri (lo metto in grassetto per evitare equivoci!). E su questa concordano un po' tutti, a partire dagli insegnanti delle scuole superiori fino ad arrivare ai matematici passando per i calcolisti (gli insegnanti di calcolo e i ricercatori nel campo dell'analisi matematica, che si occupa della continuità delle funzioni), solo che, come vedremo alla fine, ci sono anche delle necessità matematiche per definire (attenzione definire) $0^0 = 1$.
La sfida, ad ogni modo, sulla specifica questione l'ha lanciata Juhan sul Tamburo Riparato (già raccolta da .mau. su Il Post), dove il nostro mostra un approccio informatico, secondo il quale $0^0 = 1$ perché diversamente non sarebbe utile:
It merely means that exponentiation cannot be a continuous function in any neighborhood of that value.
And so we assign 0^0 the value that’s useful, which is 1. Why is that useful? Because it lets us manipulate exponentials without special cases.
La prima parte di questa citazione di Anders Kaseorg, estratta dal commento in una discussione su Quora, è l'argomentazione utilizzata dagli analisti per affermare che $0^0$ è una forma indeterminata. Infatti se prendiamo la funzione a due valori $f(x,y) = y^x$, esistono due casi limite: il primo è quando $x \rightarrow 0^+$, ovvero quando $x$ è vicinissimo allo $0$ e assume valori positivi, per cui $f(0,y) = 1$; il secondo è quando $y \rightarrow 0$, ovvero questa volta è $y$ ad essere vicinissmo allo $0$, per cui $f(x,0) = 0$. In questo modo si mostra come la funzione $f(x,y) = y^x$ non è continua nel punto $(0,0)$ e questa discontinuità non può essere eliminata.
Questa è sostanzialmente una versione raffinata dell'argomentazione utilizzata nelle scuole superiori, dove si fa notare che $a^0 = 1$ per tutti i valori di $a$, mentre $0^b = 0$ per tutti i valori di $b$ e quindi $0^0$ è una forma indeterminata, come conferma, ad esempio, l'illustre WolframAlpha:
o come mostra Mathics, una sorta di piccolo Mathematica online gratuito: