The beginning is a very delicate time. Know then that it is the year 10191. The Known Universe is ruled by the Padishah Emperor Shaddam IV, my father. In this time, the most precious substance in the universe is the spice Melange. The spice extends life. The spice expands consciousness. The spice is vital to space travel. The Spacing Guild and its navigators, who the spice has mutated over 4,000 years, use the orange spice gas, which gives them the ability to fold space. That is, travel to any part of universe without moving.(from Dune's film by David Lynch | animation by Pascal Blanche)
Oh, yes. I forgot to tell you — the spice exists on only one planet in the entire universe. A desolate, dry planet with vast deserts. Hidden away within the rocks of these deserts are a people known as the Fremen, who have long held a prophecy that a man would come, a messiah who would lead them to true freedom. The planet is Arrakis, also known as Dune.
Stomachion
domenica 30 settembre 2012
The dune and the spice
sabato 29 settembre 2012
La logica a fumetti
All'interno del vasto mondo della divulgazione, una delle serie più di successo mai realizzata nel mondo anglosassone è quella degli Introducing. Ognuno di questi libri, che vengono ancora oggi prodotti, assegnati, per quel che riguarda i testi, ad abili accademici, ha certamente un vantaggio che ne permette una buona diffusione spesso indipendentemente dal valore dell'opera stessa: uniscono il saggio scientifico con il racconto a fumetti.
Più che un vero e proprio racconto a fumetti, però, ognuno degli Introducing è più un libro illustrato, dove solo in alcune occasioni spuntano delle pagine a fumetti classiche, mentre l'impostazione è spesso molto più quella dei poster (o delle infografiche, come si dice nel mondo 2.0). Il primo editore in assoluto a portare gli Introducing in Italia è stata la Feltrinelli: è d'obbligo citare titoli storici come Einstein, Darwin, Wittgenstein, ma soprattutto i libri di produzione più recente sono arrivati in Italia grazie alla Raffaello Cortina Editore. Sono così arrivati sugli scaffali titoli come La relatività a fumetti, L'evoluzione a fumetti, Il tempo a fumetti, tutti certamente argomenti più o meno complessi, ma a ben guardare il più complesso di tutti è sicuramente quello che affronta La logica a fumetti di Dan Cryan e Sharron Shatil, rispettivamente dello University College di Londra e della Open University di Israele, illustrato da Bill Mayblin.
L'argomento trattato dai tre coraggiosi autori è sicuramente di quelli difficili. La logica non è certo una disciplina banale, a incominciare dalla sua formulazione più semplice, quella che fino a qualche anno fa era praticamente obbligatoria nei programmi scolastici di matematica. Il primo ostacolo che bisogna affrontare è dare una buona definizione di logica, una di quelle che sia solida e salda nel tempo, e assolutamente indipendente dal tipo di logica utilizzata (perché di logiche ce ne sono più d'una, come vedremo). Una buona definizione è certamente quella proposta in fondo alla prima pagina dell'Introducing di oggi:
Molto spesso, infatti, pretendiamo dalla logica che questa ci dica se una tale affermazione sia vera o falsa, ma in realtà la logica semplicemente ci dice se un ragionamento è corretto o meno, ovvero se a partire da una data argomentazione posso dedurre la verità o la falsità di una tesi a partire dalle ipotesi iniziali.
Chiarito questo punto iniziale, possiamo provare ad addentrarci un po' nella storia della logica, che poi è proprio quello che fa La logica a fumetti.
Tutto iniziò con Aristotele, che pose le prime regole della logica interessandosi agli enunciati, in particolare a degli enunciati semplici contenenti un singolo predicato. Grazie agli enunciati, Aristotele fu in grado di costruire dei sillogismi, ovvero una serie di tre enunciati, legati uno all'altro in modo logico, tali per cui la conclusione risulta automaticamente vera a partire dalla verità dei primi due enunciati. Ovviamente basta che uno solo dei due enunciati sia falso o che non ci sia alcun nesso tra i primi due enunciati per rendere falsa o invalida la conclusione.
Il primo salto di qualità la logica lo fece quasi subito grazie a Crisippo di Soli, il primo ad utilizzare i connettivi logici (ovvero paroline come e, o, se), assolutamente mancanti nella prima formulazione aristotelica. Per riscorpire i risultati di Crisippo e poter anche avanzare sulla strada della logica, però, si dovette attendere il XVII secolo e l'arrivo di Leibniz che scardinò, in questo caso nella logica, il predominio della filosofia aristotelica, sponsorizzata dalla chiesa cattolica, un po' come fecero Galileo e soci nel campo della fisica e dell'astronomia.
Leibniz, però, oltre a fornirci una logica simbolica, ci lasciò anche la così detta reductio ad absurdum o dimostrazione per assurdo. Il metodo funziona molto semplicemente negando una delle ipotesi di partenza: se questa negazione porta a una contraddizione, allora l'enunciato che è conseguenza dell'ipotesi negata è vero. Il metodo viene proficuamente applicato in particolare quando è molto complicato dimostrare direttamente la verità di un qualche teorema, mentre spesso arrivare a una contraddizione logica è decisamente più semplice.
Più che un vero e proprio racconto a fumetti, però, ognuno degli Introducing è più un libro illustrato, dove solo in alcune occasioni spuntano delle pagine a fumetti classiche, mentre l'impostazione è spesso molto più quella dei poster (o delle infografiche, come si dice nel mondo 2.0). Il primo editore in assoluto a portare gli Introducing in Italia è stata la Feltrinelli: è d'obbligo citare titoli storici come Einstein, Darwin, Wittgenstein, ma soprattutto i libri di produzione più recente sono arrivati in Italia grazie alla Raffaello Cortina Editore. Sono così arrivati sugli scaffali titoli come La relatività a fumetti, L'evoluzione a fumetti, Il tempo a fumetti, tutti certamente argomenti più o meno complessi, ma a ben guardare il più complesso di tutti è sicuramente quello che affronta La logica a fumetti di Dan Cryan e Sharron Shatil, rispettivamente dello University College di Londra e della Open University di Israele, illustrato da Bill Mayblin.
L'argomento trattato dai tre coraggiosi autori è sicuramente di quelli difficili. La logica non è certo una disciplina banale, a incominciare dalla sua formulazione più semplice, quella che fino a qualche anno fa era praticamente obbligatoria nei programmi scolastici di matematica. Il primo ostacolo che bisogna affrontare è dare una buona definizione di logica, una di quelle che sia solida e salda nel tempo, e assolutamente indipendente dal tipo di logica utilizzata (perché di logiche ce ne sono più d'una, come vedremo). Una buona definizione è certamente quella proposta in fondo alla prima pagina dell'Introducing di oggi:
La logica è semplicemente lo studio delle argomentazioni che conservano la verità.Se però adesso inizio a fare il pignolo e scrivo che si potrebbe definire la logica usando la conservazione della falsità e non cambierebbe assolutamente nulla nella bontà della definizione poc'anzi proposta, probabilmente qualcuno inizierebbe a lasciare questo articolo in questo punto preciso. Questa precisazione, però, è semplicemente un modo per far comprendere quanto, in effetti, la logica non sia una strada così semplice da percorrere, e che spesso, invece, è usata un po' troppo alla leggera un po' in ogni ambito (fateci caso, magari prima di andare a letto, ripensando alla giornata).
Molto spesso, infatti, pretendiamo dalla logica che questa ci dica se una tale affermazione sia vera o falsa, ma in realtà la logica semplicemente ci dice se un ragionamento è corretto o meno, ovvero se a partire da una data argomentazione posso dedurre la verità o la falsità di una tesi a partire dalle ipotesi iniziali.
Chiarito questo punto iniziale, possiamo provare ad addentrarci un po' nella storia della logica, che poi è proprio quello che fa La logica a fumetti.
Tutto iniziò con Aristotele, che pose le prime regole della logica interessandosi agli enunciati, in particolare a degli enunciati semplici contenenti un singolo predicato. Grazie agli enunciati, Aristotele fu in grado di costruire dei sillogismi, ovvero una serie di tre enunciati, legati uno all'altro in modo logico, tali per cui la conclusione risulta automaticamente vera a partire dalla verità dei primi due enunciati. Ovviamente basta che uno solo dei due enunciati sia falso o che non ci sia alcun nesso tra i primi due enunciati per rendere falsa o invalida la conclusione.
Il primo salto di qualità la logica lo fece quasi subito grazie a Crisippo di Soli, il primo ad utilizzare i connettivi logici (ovvero paroline come e, o, se), assolutamente mancanti nella prima formulazione aristotelica. Per riscorpire i risultati di Crisippo e poter anche avanzare sulla strada della logica, però, si dovette attendere il XVII secolo e l'arrivo di Leibniz che scardinò, in questo caso nella logica, il predominio della filosofia aristotelica, sponsorizzata dalla chiesa cattolica, un po' come fecero Galileo e soci nel campo della fisica e dell'astronomia.
Leibniz, però, oltre a fornirci una logica simbolica, ci lasciò anche la così detta reductio ad absurdum o dimostrazione per assurdo. Il metodo funziona molto semplicemente negando una delle ipotesi di partenza: se questa negazione porta a una contraddizione, allora l'enunciato che è conseguenza dell'ipotesi negata è vero. Il metodo viene proficuamente applicato in particolare quando è molto complicato dimostrare direttamente la verità di un qualche teorema, mentre spesso arrivare a una contraddizione logica è decisamente più semplice.

venerdì 28 settembre 2012
WikiLovesMonuments: Parabiago
Utilizzando l'applicazione per Android, che ricordo funziona cercando i monumenti sul database di quelli rilasciati dalle istituzioni pubbliche e private che li hanno in carico, ho caricato su Commons due della sessantina di monumenti disponibili a Parabiago, dove sta per finire la supplenza che mi ha fatto cambiare idea riguardo la mia partecipazione allo ScienceCamp2012 che si terrà a Riva del Garda durante la Blogfest 2012:
Vi ricordo della festa luzzese collegata con il concorso.
mercoledì 26 settembre 2012
Lucca Comics & Science 2012
Tra e-mail e telefonate Andrea Plazzi è riuscito a organizzare un evento a dir poco interessante: un ciclo di tre incontri all'interno di Lucca Comics 2012 in cui si parlerà di fumetti e scienza, e che vuole essere solo la prima di una si spera lunga serie di eventi di questo genere. Andrea, su suggerimento dell'altro organizzatore, Roberto Natalini, mi ha invitato a partecipare e quindi andrò, proprio grazie alla scienza, alla mia prima Lucca Comics! Di cosa parlerò? Forse a braccio di quel che mi viene in mente, adattandomi alla discussione, forse con una mezza idea su Feynman, ma non di questo romanzo tanto atteso, che per Lucca ancora non avrò ancora letto, ma della sua figura in generale di grande fisico e divulgatore, al di là delle rappresentazioni fumettistiche. Questa, però, è solo un'idea, un abbozzo, che prima mi devo occupare d'altro!
Ad ogni modo, eccovi la presentazione dell'evento:
Lucca Comics & Science è una sezione del programma culturale di Lucca Comics & Games che cercherà di promuovere il binomio Lucca-Scienza, esplorando rapporti e collegamenti tra quest'ultima e l'intrattenimento come momento formativo cruciale per la crescita dell'individuo.
Quindi Scienza e Comics, Games e Animazione, lo "zoccolo duro" del festival, per allargarsi a letteratura, cinema, poesia, spettacolo, Internet.
Gli ultimi anni hanno visto il lento, costante ampliamento della presenza di temi scientifici nei media e nella comunicazione, col successo di massa di Festival e l'esplosione (in termini relativi) del numero delle matricole di corsi universitari scientifici "di base" (Matematica, Fisica, Informatica).
Si tratta di un andamento globale, come confermato dal successo internazionale di serie di culto e ormai longeve come The Bing Bang Theory, dove spunti tipicamente scientifici e i tanti riferimenti pop alla cultura dell'immagine si integrano in una brillante "situation comedy".
Nelle prime edizioni un ruolo privilegiato l'avrà la matematica, di cui si vogliono dimostrare le potenzialità comunicative spesso insospettate.
La prima edizione esplora attraverso una breve serie di incontri alcuni dei temi che verranno approfonditi a partire dal 2013, con il contributo di ospiti internazionali di assoluto rilievo scientifico (e – come vedremo – mediatico).
Il programma, più o meno dettagliato, lo trovate su MaddMaths!
Ad ogni modo, eccovi la presentazione dell'evento:

Quindi Scienza e Comics, Games e Animazione, lo "zoccolo duro" del festival, per allargarsi a letteratura, cinema, poesia, spettacolo, Internet.
Gli ultimi anni hanno visto il lento, costante ampliamento della presenza di temi scientifici nei media e nella comunicazione, col successo di massa di Festival e l'esplosione (in termini relativi) del numero delle matricole di corsi universitari scientifici "di base" (Matematica, Fisica, Informatica).
Si tratta di un andamento globale, come confermato dal successo internazionale di serie di culto e ormai longeve come The Bing Bang Theory, dove spunti tipicamente scientifici e i tanti riferimenti pop alla cultura dell'immagine si integrano in una brillante "situation comedy".
Nelle prime edizioni un ruolo privilegiato l'avrà la matematica, di cui si vogliono dimostrare le potenzialità comunicative spesso insospettate.
La prima edizione esplora attraverso una breve serie di incontri alcuni dei temi che verranno approfonditi a partire dal 2013, con il contributo di ospiti internazionali di assoluto rilievo scientifico (e – come vedremo – mediatico).
Il programma, più o meno dettagliato, lo trovate su MaddMaths!
martedì 25 settembre 2012
Frozen Space
- How many stars are there in the universe?(from Frozen space by Mandragora Scream)
- So many! More than you could ever count!
- Is there music in space?
- No theres only silence.
- But silence is music!
- Yes, if you know how to listen.
- Are there other people in the universe?
- Thats a good question. What do you think?
- I dont know!
- The universe is bigger than anything, so if its just us, It seems like an awful waste of space!
Una parte grande quanto il tutto
Ieri ero quasi entrato in una delle terze della scuola dove sto supplendo (materia: fisica) quando un paio di studenti della classe quarta della stessa sezione mi chiamano per pormi una domanda. Mi aspetto uno dei soliti giochini di matematica creativa, quand'ecco invece una domanda decisamente inaspettata, una domanda sull'infinito!
Di infinito se ne era già scritto, qui sopra, e visto che questi link potrebbero servirmi, vale la pena, prima di ricapitolare velocemente la questione, metterli a disposizione in queste prime righe, ovvero Georg Cantor, l'uomo che ha sviluppato la matematica dell'infinito; le recensioni sui tre libri dedicati all'infinito; Quella sagoma di Arlecchino, che nella seconda parte propone il paradosso di Banach-Tarski.
Detto questo iniziamo subito: il numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1]$ dei numeri reali è, ad esempio, lo stesso del numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1000]$. Prima di rispondere, tra l'altro positivamente alla domanda, bisogna introdurre un primo concetto, ovvero quello della cardinalità: con questa proprietà in pratica si identificano il numero di oggetti contenenti in un dato insieme. Ad esempio gli oggetti contenuti nell'insieme portamonete coinciderà con il numero di monete contenute nel nostro portamonete. Quando gli insiemi cui pensiamo sono insiemi finiti, è semplice vedere che un qualsiasi sottoinsieme ha cardinalità inferiore all'insieme dato, a meno di non prendere come sottoinsieme l'insieme stesso. Quando però gli insiemi sono infiniti, la questione diventa leggermente meno intuitiva.
Il primo ad accorgersi di questo fatto fu il nostro Galileo Galilei, che scoprì quello che poi venne chiamato come Il paradosso di Galileo: la cardinalità dell'insieme dei numeri interi è la stessa dell'insieme degli interi quadrati, o detta in altri termini tutti i numeri naturali sono la radice quadrata di un altro numero naturale. O detta ancora più semplice: di qualunque numero naturale posso sempre calcolare il quadrato. Se così non fosse, i naturali sarebbero superiori ai naturali al quadrato.
In questo modo io sto associando a ciascun numero naturale il suo quadrato, ovvero sto costruendo una corrispondenza biunivoca, ovvero una operazione che mi associa ad ogni elementi di un dato insieme A uno e un solo elemento di un altro insieme B. Quando tra due insiemi A e B esiste una corrispondenza biunivoca, allora i due insiemi hanno la stessa cardinalità.
Questa prima stranezza scoperta (o forse riscoperta) da Galileo è semplicemente un indizio della forse ancora più strana proprietà che un qualsiasi sottoinsieme dei numeri reali ha la stessa cardinalità dell'insieme di tutti i numeri reali. E questo vuole anche dire che tutti i sottoinsiemi della retta reale hanno tra loro la stessa cardinalità.
Un modo per vederlo graficamente è utilizzare il paradosso del cerchio(1):
Facendo partire delle rette dall'origine del cerchio, posso associare ciascun punto di una qualsiasi corda all'interno della circonferenza con ciascun punto di una corda più grande o, addirittura, con ciascun punto della retta tangente del cerchio e parallela alla corda!
Forse è una dimostrazione un po' semplicistica, ma ha il pregio di essere semplice e diretta e, soprattutto, spero sia sufficiente per convincere i miei studenti e placare la loro sete di curiosità matematiche, senza che debba passare l'ore prevista della giornata di oggi a raccontare i numeri trascendentali e altri paradossi sull'infinito.
(1) Immagine tratta da Galileo's Views on Infinity di Lubański, M., pubblicato su The Galileo affair: A meeting of faith and science, Proceedings of the Cracow Conference, May 24-27, 1984
Di infinito se ne era già scritto, qui sopra, e visto che questi link potrebbero servirmi, vale la pena, prima di ricapitolare velocemente la questione, metterli a disposizione in queste prime righe, ovvero Georg Cantor, l'uomo che ha sviluppato la matematica dell'infinito; le recensioni sui tre libri dedicati all'infinito; Quella sagoma di Arlecchino, che nella seconda parte propone il paradosso di Banach-Tarski.
Detto questo iniziamo subito: il numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1]$ dei numeri reali è, ad esempio, lo stesso del numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1000]$. Prima di rispondere, tra l'altro positivamente alla domanda, bisogna introdurre un primo concetto, ovvero quello della cardinalità: con questa proprietà in pratica si identificano il numero di oggetti contenenti in un dato insieme. Ad esempio gli oggetti contenuti nell'insieme portamonete coinciderà con il numero di monete contenute nel nostro portamonete. Quando gli insiemi cui pensiamo sono insiemi finiti, è semplice vedere che un qualsiasi sottoinsieme ha cardinalità inferiore all'insieme dato, a meno di non prendere come sottoinsieme l'insieme stesso. Quando però gli insiemi sono infiniti, la questione diventa leggermente meno intuitiva.
Il primo ad accorgersi di questo fatto fu il nostro Galileo Galilei, che scoprì quello che poi venne chiamato come Il paradosso di Galileo: la cardinalità dell'insieme dei numeri interi è la stessa dell'insieme degli interi quadrati, o detta in altri termini tutti i numeri naturali sono la radice quadrata di un altro numero naturale. O detta ancora più semplice: di qualunque numero naturale posso sempre calcolare il quadrato. Se così non fosse, i naturali sarebbero superiori ai naturali al quadrato.
In questo modo io sto associando a ciascun numero naturale il suo quadrato, ovvero sto costruendo una corrispondenza biunivoca, ovvero una operazione che mi associa ad ogni elementi di un dato insieme A uno e un solo elemento di un altro insieme B. Quando tra due insiemi A e B esiste una corrispondenza biunivoca, allora i due insiemi hanno la stessa cardinalità.
Questa prima stranezza scoperta (o forse riscoperta) da Galileo è semplicemente un indizio della forse ancora più strana proprietà che un qualsiasi sottoinsieme dei numeri reali ha la stessa cardinalità dell'insieme di tutti i numeri reali. E questo vuole anche dire che tutti i sottoinsiemi della retta reale hanno tra loro la stessa cardinalità.
Un modo per vederlo graficamente è utilizzare il paradosso del cerchio(1):

Forse è una dimostrazione un po' semplicistica, ma ha il pregio di essere semplice e diretta e, soprattutto, spero sia sufficiente per convincere i miei studenti e placare la loro sete di curiosità matematiche, senza che debba passare l'ore prevista della giornata di oggi a raccontare i numeri trascendentali e altri paradossi sull'infinito.
(1) Immagine tratta da Galileo's Views on Infinity di Lubański, M., pubblicato su The Galileo affair: A meeting of faith and science, Proceedings of the Cracow Conference, May 24-27, 1984
lunedì 24 settembre 2012
I Gabinetti di Fisica
La storia di come è nato il primo esperimento di barcamp scientifico, lo ScienceCamp2012 ospitato all'interno della Blogfest di fine settembre, quella a Riva del Garda dove vengono consegnati i Macchianera Blog Award, è stata ottimamente riassunta da Beatrice Mautino. Alla discussione su facebook non ho partecipato, ma mi sono piacevolmente ritrovato coinvolto nel giro di e-mail che è seguito quando la proposta si è effettivamente concretizzata grazie all'organizzazione della Blogfest. All'inizio contavo di partecipare anche io, ma un'imprevisto sotto forma di supplenza in un liceo scientifico mi impedisce di essere a Riva del Garda: viaggio troppo complicato e lungo per poter salvare capra (la giornata di lavoro al liceo) e cavoli (la presenza a Riva del Garda). Mi dovrò, così, accontentare di guardare da lontano, se magari ci sarà uno streaming, la riunione, al massimo di contribuire via blog o, se la tecnica potrà, di partecipare via chat. Una mezza idea in questo momento la sto portando avanti, ma molto probabilmente si concretizzerà in occasione di Comunicare Fisica 2012, che quest'anno di terrà a Torino e dove dovrei essere presente l'11 ottobre. E allora, leggendo il post di Beatrice di cui sopra, mi è venuta in mente una lettura recente, che tral'altro si ricollega all'esperienza di Comunicare Fisica 2010: un articolo uscito sul Giornale di Fisica vol.50, n.3, del 2009, preso proprio a quella conferenza, dedicato ai così detti "Gabinetti di Fisica". Queste istituzioni, un po' laboratori, un po' luoghi di incontro e discussione, un po' luoghi anche di divulgazione, mi hanno dato la sensazione di essere molto sperimentali e dinamici, un po' come spero possano diventare i barcamp scientifici nostrani. E allora ho pensato che pubblicare un paio di passaggi da quell'articolo potrebbe essere una buona introduzione al barcamp di Riva del Garda.
Buona lettura!
Origine e sviluppo dei Gabinetti di Fisica in Italia
A partire dal XVII secolo, con la nascita della Fisica Sperimentale, nuovi strumenti scientifici fecero la loro comparsa. Tali strumenti si differenziavano radicalmente dalla grande maggioranza degli strumenti antichi, giacché questi ultimi avevano scopi essenzialmente pratici, quali la navigazione o l'agrimensura. Strumenti come ad esempio termometri, barometri, pompe a vuoto e così via, erano invece autentiche "macchine fisiche" atte a consentire l'osservazione dei fenomeni naturali e la dimostrazione delle leggi fisiche secondo il metodo sperimentale. Gradualmente, tra la fine del XVII secolo e l'inizio del XVIII secolo, le "macchine fisiche" trovarono uno specifico luogo di raccolta, sovente denominato "Gabinetto di Fisica".
La fine del XVII secolo segna anche l'esordio di una nuova modalità di insegnamento della fisica in ambito accademico, e in particolare, come per prima accadde presso le Università di Oxford, Cambridge, Londra, Leida, quello della dimostrazione con macchine fisiche. Tra i più abili dimostratori si ricorda la figura dell'abate Jean-Antoine Nollet, il cui trattato Leçons de physique expérimentale (pubblicato a Parigi tra il 1743 e il 1748) presenta oltre 350 esperimenti. Molto spesso le macchine fisiche erano finalizzate all'intrattenimento della colta nobiltà dell'epoca, e talvolta gli apparati si trovavano anche all'interno delle case di facoltosi personaggi e principi. Notevole fama ebbero alcuni Gabinetti di Fisica privati quali quello dello zar Pietro il Grande, di lord Cowper a Firenze e di Laura Bassi a Bologna, tutti attivi intorno alla metà del Settecento. Altrettanto significativo fu il Gabinetto di Fisica del re Ferdinando II di Borbone a Napoli, attivo nel secolo successivo.
Nelle università le macchine fisiche furono dapprima di proprietà dello stesso insegnante di fisica sperimentale che spesso faceva "lezioni private", cioè lezioni pagate dall'università tenute dal professore spesso in "sua propria casa". Queste "macchine" furono poi acquistate dalle università stesse e confluirono, assieme a donazioni provenienti da collezioni private, nei Gabinetti di Fisica, generalmente istituiti con delibera delle università. Tra il secolo XVIII e il XIX nacquero così in Italia importanti Gabinetti di Fisica. Uno dei primi fu quello di Torino, le cui origini risalgono probabilmente al 1721. Altri importanti Gabinetti sorsero a Padova (col Teatro di Filosofia Sperimentale di Giovanni Poleni risalente al 1740), Bologna (al cui sviluppo, risalente al 1745 contribuì Papa Benedetto XIV con importanti donazioni), Roma (Teatro fisico della Sapienza, 1748), Perugia (fondato da Luca Antonio Pellicciari nel 1759), Pavia (1771), Modena (risalente al 1772, data nella quale Francesco III chiamò ufficialmente ad insegnare la "Fisica generale" Fra Mariano Morini di Parma), Genova (1784), Napoli (Gabinetto Fisico del re Ferdinando II di Borbone, 1813), Urbino (1832).
Fondi particolari erano stanziati anche a scopo di compenso del "macchinista", un abile artigiano addetto alla manutenzione delle "macchine" e che eseguiva materialmente esperienze dimostrative di quanto spiegato dal "Professore". Questo personaggio, "spesso uomo di scienza, era un abilissimo artigiano, capace inoltre di realizzare nuove apparecchiature su richiesta del docente. Il macchinista aveva anche l'incarico di migliorare, adattare strumenti acquistati da costruttori italiani, francesi, inglesi, tedeschi oppure oggetto di lasciti. A volte lo stesso professore era costruttore ed ideatore di strumenti o ne seguiva da vicino la realizzazione".
Sebbene i Gabinetti di Fisica universitari fossero nati da esigenze di insegnamento e di studio, anche l'aspetto della divulgazione della nuova scienza sperimentale era considerato importante. Ad esempio, a Roma, durante il pontificato di Pio VI (1775-1799), l'insegnamento della fisica venne regolamentato, stabilendo anche che nel periodo di vacanza, per quindici giorni, il professore doveva tenere presso il Teatro fisico altrettante lezioni pubbliche con esperimenti eseguiti dal macchinista.
Buona lettura!
Origine e sviluppo dei Gabinetti di Fisica in Italia
A partire dal XVII secolo, con la nascita della Fisica Sperimentale, nuovi strumenti scientifici fecero la loro comparsa. Tali strumenti si differenziavano radicalmente dalla grande maggioranza degli strumenti antichi, giacché questi ultimi avevano scopi essenzialmente pratici, quali la navigazione o l'agrimensura. Strumenti come ad esempio termometri, barometri, pompe a vuoto e così via, erano invece autentiche "macchine fisiche" atte a consentire l'osservazione dei fenomeni naturali e la dimostrazione delle leggi fisiche secondo il metodo sperimentale. Gradualmente, tra la fine del XVII secolo e l'inizio del XVIII secolo, le "macchine fisiche" trovarono uno specifico luogo di raccolta, sovente denominato "Gabinetto di Fisica".
La fine del XVII secolo segna anche l'esordio di una nuova modalità di insegnamento della fisica in ambito accademico, e in particolare, come per prima accadde presso le Università di Oxford, Cambridge, Londra, Leida, quello della dimostrazione con macchine fisiche. Tra i più abili dimostratori si ricorda la figura dell'abate Jean-Antoine Nollet, il cui trattato Leçons de physique expérimentale (pubblicato a Parigi tra il 1743 e il 1748) presenta oltre 350 esperimenti. Molto spesso le macchine fisiche erano finalizzate all'intrattenimento della colta nobiltà dell'epoca, e talvolta gli apparati si trovavano anche all'interno delle case di facoltosi personaggi e principi. Notevole fama ebbero alcuni Gabinetti di Fisica privati quali quello dello zar Pietro il Grande, di lord Cowper a Firenze e di Laura Bassi a Bologna, tutti attivi intorno alla metà del Settecento. Altrettanto significativo fu il Gabinetto di Fisica del re Ferdinando II di Borbone a Napoli, attivo nel secolo successivo.
Nelle università le macchine fisiche furono dapprima di proprietà dello stesso insegnante di fisica sperimentale che spesso faceva "lezioni private", cioè lezioni pagate dall'università tenute dal professore spesso in "sua propria casa". Queste "macchine" furono poi acquistate dalle università stesse e confluirono, assieme a donazioni provenienti da collezioni private, nei Gabinetti di Fisica, generalmente istituiti con delibera delle università. Tra il secolo XVIII e il XIX nacquero così in Italia importanti Gabinetti di Fisica. Uno dei primi fu quello di Torino, le cui origini risalgono probabilmente al 1721. Altri importanti Gabinetti sorsero a Padova (col Teatro di Filosofia Sperimentale di Giovanni Poleni risalente al 1740), Bologna (al cui sviluppo, risalente al 1745 contribuì Papa Benedetto XIV con importanti donazioni), Roma (Teatro fisico della Sapienza, 1748), Perugia (fondato da Luca Antonio Pellicciari nel 1759), Pavia (1771), Modena (risalente al 1772, data nella quale Francesco III chiamò ufficialmente ad insegnare la "Fisica generale" Fra Mariano Morini di Parma), Genova (1784), Napoli (Gabinetto Fisico del re Ferdinando II di Borbone, 1813), Urbino (1832).
Fondi particolari erano stanziati anche a scopo di compenso del "macchinista", un abile artigiano addetto alla manutenzione delle "macchine" e che eseguiva materialmente esperienze dimostrative di quanto spiegato dal "Professore". Questo personaggio, "spesso uomo di scienza, era un abilissimo artigiano, capace inoltre di realizzare nuove apparecchiature su richiesta del docente. Il macchinista aveva anche l'incarico di migliorare, adattare strumenti acquistati da costruttori italiani, francesi, inglesi, tedeschi oppure oggetto di lasciti. A volte lo stesso professore era costruttore ed ideatore di strumenti o ne seguiva da vicino la realizzazione".
Sebbene i Gabinetti di Fisica universitari fossero nati da esigenze di insegnamento e di studio, anche l'aspetto della divulgazione della nuova scienza sperimentale era considerato importante. Ad esempio, a Roma, durante il pontificato di Pio VI (1775-1799), l'insegnamento della fisica venne regolamentato, stabilendo anche che nel periodo di vacanza, per quindici giorni, il professore doveva tenere presso il Teatro fisico altrettante lezioni pubbliche con esperimenti eseguiti dal macchinista.
domenica 23 settembre 2012
Libri di sangue: le stelle della morte
Raccontiamo la versione semplice: avete mai letto L'uomo tatuato illustrato di Ray Bradbury? Sul corpo di un uomo che vaga in giro per gli Stati Uniti ci sono dei tatuaggi che cambiano continuamente, raccontando storie ogni volta differenti. Sostituite ora all'uomo tatuato di cui sopra un altro completamente ricoperto di sangue, che però non si dispone in forme particolari, come dei tatuaggi, per esempio, ma veri e propri racconti, ognuno scritto con una scrittura differente. Questi sono i Libri di sangue di Clive Barker, autore horror non proprio diffusissimo in Italia, nonostante in patria sia tra i più apprezzati del genere, ma che sta arrivando nel nostro paese, dopo l'uscita di alcuni fumetti tratti da alcune delle sue opere e pubblicati dalla Magic Press (ad esempio La casa delle vacanze di Chris Oprisko e Gabriel Hernandez), anche grazie alla Castelvecchi che ha iniziato a pubblicare proprio i suoi Libri di sangue, una raccolta di racconti dell'orrore decisamente inquietanti.
Ognuno dei racconti contenuti in questo primo libro propone un orrore differente: si va dal serial killer mistico, sullo stile del Jack lo squartatore di Robert Block (Macelleria Mobile di Mezzanotte), alla versione moderna della casa infestata, dove più che una casa infestata c'è una intera scuola posseduta (Mai dire maiale). Di tutto il libro, però, il racconto che più mi ha colpito è stato sicuramente In collina, le città, dove una coppia di omosessuali leggermente in crisi, in gita nei territori dell'ex-Jugoslavia, sarà testimone di un epico e tradizionale scontro tra due paesotti vicini, uno scontro incredibile e al tempo stesso terribile, dove il minimo errore rischia di spopolare per molti e molti anni entrambi i due campanili.
Ognuno dei racconti contenuti in questo primo libro propone un orrore differente: si va dal serial killer mistico, sullo stile del Jack lo squartatore di Robert Block (Macelleria Mobile di Mezzanotte), alla versione moderna della casa infestata, dove più che una casa infestata c'è una intera scuola posseduta (Mai dire maiale). Di tutto il libro, però, il racconto che più mi ha colpito è stato sicuramente In collina, le città, dove una coppia di omosessuali leggermente in crisi, in gita nei territori dell'ex-Jugoslavia, sarà testimone di un epico e tradizionale scontro tra due paesotti vicini, uno scontro incredibile e al tempo stesso terribile, dove il minimo errore rischia di spopolare per molti e molti anni entrambi i due campanili.
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