Stomachion

venerdì 31 agosto 2018

Le grandi domande della vita: La forma della Terra

Con questa nuova puntata, arrivata un po’ lunga sia per il rallentamento estivo, sia per la pausa del carnevale della matematica, concludo la serie degli articoli de Le grandi domande della vita dedicati alla Terra. Ovviamente il nostro pianeta potrà comparire in qualcuna delle domande minori nelle prossime puntate, ma al momento non prevedo una domanda principale a esso dedicata.
Una patata nello spazio
Nelle tre puntate precedenti de Le grandi domande della vita abbiamo esaminato la terra piatta, la terra cava e la terra crescente. A questo punto è più che legittimo chiedersi quale sia la forma della Terra.
Visto dallo spazio, il nostro pianeta è approssimativamente sferico (una sfera leggermente schiacciata ai poli, come si dice tradizionalmente), ma se andiamo a disegnare il geoide terrestre, scopriamo qualcosa di interessante.
Il geoide è la forma che la superficie degli oceani prenderebbe sotto l’influenza della gravità terrestre e della rotazione ed escludendo influenze esterne come venti e maree. Il primo a descrivere tale forma, definendola la figura matematica della Terra, fu Carl Friederich Gauss. Essa dovrebbe risultare irregolare, dipendendo dalla distribuzione della massa sul pianeta. Questo vuol dire che riuscire a determinare con precisione il geoide terrestre ci fornirebbe dati sulla struttura interna del pianeta. Tale compito è stato assegnato al Gravity Recovery And Climate Experiment, noto anche come GRACE, costituito da due satelliti, Grace 1 e Grace 2, che presero il posto dell’europeo GOCE (Gravity Field and Steady-State Ocean Circulation Explorer).
I risultati ottenuti da GRACE, che si è concluso il 27 ottobre 2017 a causa di alcuni problemi tecnici su uno dei due satelliti, ci restituiscono una Terra dalla forma che ricorda una patata con bozzi e rientranze sparsi qua e là in dipendenza dell’anomala distribuzione della densità della materia del pianeta. E più o meno tali anomalie coincidono con le catene montuose o con le valli.
Inoltre GRACE è stato utilizzato anche per una delle tante verifiche sulla relatività: l’effetto di trascinamento relativistico, scoperto nel 1918 da Josef Lense e Hans Thirring, è in pratica il trascinamento dello spaziotempo da parte di un oggetto rotante. Tale effetto è piccolissimo ed è stato possibile verificarlo proprio con GRACE.
Saltellando sul piano immaginario
Quando si introducono gli esponenziali, bisogna necessariamente limitare la base ai numeri reali positivi (e se siamo lungimiranti anche strettamente maggiori di 0, giusto per evitare il caso $0^0$). Il motivo principale che viene addotto è che, con i numeri negativi la funzione $a^x$ salterebbe dalla parte positiva a quella negativa risultando non continua. Senza contare i buchi. Infatti per alcuni valori di $x$ il risultato sarebbe un numero complesso, ovvero costituito da una parte reale e una parte immaginaria. Ricordo che un numero immaginario è un numero il cui quadrato è negativo. Per avere un’idea di cosa potrebbe accadere se non ci limitassimo ai numeri positivi, proviamo a vedere cosa succede a $(-1)^x$.
Il primo passo è semplice: quando $x$ coincide con i numeri semi-interi, $(-1)^x$ assume quattro valori, $\pm 1$ e $\pm i$. Se iniziamo a prendere in considerazione altri numeri razionali, come ad esempio $1/3$, ecco spuntare un numero complesso: \[(-1)^{1/3} = \frac{1}{2} + i \frac{\sqrt{3}}{2}\] Completando la funzione per tutti i valori di $x$, questa diventa visualizzabile in uno spazio tridimensionale costituito dal piano $x-y$ e dall’asse immaginario. La figura che si ottiene è una spirale, limitata tra $-1$ e $+1$ per la parte reale e tra $-i$ e $+i$ per quella immaginaria:
Più veloce della luce
Indubbiamente è lecito chiedersi se la gravità è più veloce della luce, ed è altrettanto lecito rispondere in maniera standard: non c’è niente di conosciuto nell’universo che riesca ad andare più veloce della luce, a parte l’informazione quantistica. E poiché la gravità nulla ha a che fare con l’informazione quantistica, allora la risposta è no, la gravità non è più veloce della luce.
Dal punto di vista teorico la velocità della gravità, o più correttamente la velocità delle onde gravitazionali, è pari a $c$, ovvero la velocità della luce. Tale affermazione è stata anche verificata sperimentalmente diverse volte negli ultimi 18 anni. Ad esempio osservando il decadimento orbitale delle pulsar binarie PSR 1913+16 si è concluso che la velocità della gravità fosse uguale a quella della luce a meno di un 1% (1).
Nel 2002 Sergei Kopeikin ed Edward Fomalont misurarono la velocità della gravità a partire dai dati sulla posizione di Giove durante il transito di quest’ultimo davanti alla quasar QSO J0842 + 1835. La loro conclusione fu che tale velocità era the le 0.8 e le 1.2 volte la velocità della luce, ovvero compatibile con la previsione teorica (2).
Tale risultato ebbe molte voci critiche, anche quella di Clifford Will, che aveva ottenuto un risultato paragonabile con le pulsar binarie (1).
Quello che, invece, possiamo considerare come il risultato ufficiale, è quello relativo alle onde gravitazionali generate all’evento GW170817, quello sulla fusione delle stelle di neutroni. In quel caso i fotoni dell’equivalente nel visibile sono stati rilevati 1.7 secondi dopo il picco dell’onda gravitazionale corrispondente.Assumento un ritardo tra 0 e 10 secondi, la differenza tra le velocità delle onde gravitazionali ed elettromagnetiche è compresa tra $-3 \times 10^{-15}$ e $+7 \times 10^{-16}$ volte la velocità della luce (3).
Ovviamente c’è ancora qualcuno che potrebbe osservare: ma la luce non riesce a sfuggire alla gravità di un buco nero!
Questo fatto, però, non ha alcuna relazione con la velocità delle onde gravitazionali: non dimentichiamo che ogni oggetto nel cosmo deforma lo spaziotempo intorno a se, curvando il percorso altrimenti ideale, quello dritto. Quindi (forse) sarebbe più corretto affermare che il buco nero modifica lo spaziotempo in modo tale da avere una strada d’entrata ma non una d’uscita.
Fattoriali e potenze
Ci si chiede se è possibile dimostrare la disuglianza: \[(2n)! > n^n\] Ispirato da quella di Amitabha Tripathi, ecco una dimostrazione che spero sia sufficientemente convincente.
Il fattoriale, oltre che nel modo standard, può essere definito come: \[n! = \prod_{i=0}^{n-1} (n - i)\] Quindi: \[(2n)! = \prod_{i=0}^{2n-1} (2n - i)\] A questo punto facciamo un confronto tra i due fattoriali: \[\frac{(2n)!}{n!} = \prod_{i=0}^n (n+i)\] Invece $n^n$ può essere definito come: \[n^n = \prod_{i=0}^{n-1} n$$$\] Quindi: \[\frac{(2n)!}{n!} > n^n\] da cui: \[(2n)! > n! \cdot n^n > n^n\]
C.V.D.

  1. Will, C. M. (2003). The confrontation between general relativity and experiment. Astrophysics and Space Science, 283(4), 543-552. doi:10.12942/lrr-2001-4 (arXiv)
  2. Fomalont, E. B., & Kopeikin, S. M. (2003). The measurement of the light deflection from Jupiter: experimental results. The Astrophysical Journal, 598(1), 704. doi:10.1086/378785 (arXiv)
  3. Abbott, B. P., Abbott, R., Abbott, T. D., Acernese, F., Ackley, K., Adams, C., … & Affeldt, C. (2017). Gravitational waves and gamma-rays from a binary neutron star merger: GW170817 and GRB 170817A. The Astrophysical Journal Letters, 848(2), L13. doi:10.3847/2041-8213/aa920c (arXiv)

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