
Nel cuore della Foresta Nera

E' interessante notare di passaggio come l'Italia potrebbe aver giocato un ruolo nello sviluppo dell'idea degli orologi a cucù: l'architetto Domenico Martinelli nel suo saggio Horologi Elementari del 1669 suggeriva di utilizzare proprio il verso del cuculo per indicare lo scorrere delle ore. Se però oggi l'origine degli orologi a cucù viene generalmente attribuita alla Foresta Nera è sostanzialmente perché tutti gli altri orologi a cucù di cui si hanno una qualche testimonianza precedenti al 1738 sono andati perduti. E così torniamo al nostro Ketterer.
In un certo senso nell'avventura di Deninotti, che fa parte della serie de La macchina del tempo, Ketterer viene scomposto nei due personaggi di Keller Pipps e di Herr Ketlero e dall'unione delle due specificità (la capacità di imitare il verso dei cuculi e di essere un abile venditore per il primo, la genialità e la manualità costruttiva per il secondo) nasce l'orologio a cucù, protagonista dell'involontario paradosso temporale generato da Pippo. Quest'ultimo, infatti, suggerisce al suo avo un lavoro completamente differente da quello di orologiaio. Questo fatto impedisce a Keller Pipps di consegnare a un avo di Zapotec uno dei suoi orologi a cucù che sarà successivamente incorporato all'interno della macchina del tempo. Per cui la macchina del tempo stessa inizia a scomparire.
La cosa assurda in tutto ciò non è tanto che possa esistere un qualche evento del passato modificando il quale si cancellerebbe la macchina del tempo di Marlin, ma che un ingranaggio meccanico per quanto complesso come quello del cucù sia fondamentale per un dispositivo che fa della precisione un suo elemento fondamentale e dunque è piuttosto scontato immaginare che la macchina del tempo basi il meccanismo di misurazione del tempo su un orologio atomico e non su un abbondantemente meno preciso orologio a cucù. E tutto questo senza, però, nulla togliere al ritmo appassionante della storia di Deninotti o ai come sempre belli, dettagliati, evocativi e spettacolari disegni di Vian.
L'importanza della parola

Omaggio alla 313

La storia, uscita originariamente sul Topolino #2280 del 1999, era lunga 29 pagine, ma, come spesso Panini ha fatto con varie storie di supereroi, viene ristampata spezzandola in due parti, cosa che ho personalmente sempre trovato odiosa già per le storie supereroistiche e a maggior ragione ora per le storie disneyane. Alla fine, però, trovo discutibile non solo la scelta di spezzare la storia, ma anche quella di celebrare il gadget con una ristampa e non con una storia realizzata ad hoc o, magari, con una di produzione straniera. E la cosa mi da dispiacere anche in considerazione dell'entusiasmo che sembra circondare Topolino negli ultimi mesi, pur tra i più che ovvi alti e bassi nella qualità delle storie.
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