Per non so quale motivo, quando la serie franco-belga Zone blanche arriva in Italia, si decide di mantenere il titolo in inglese con cui la serie viene distribuita, Black spot, che non mi sembra altrettanto evocativo del titolo originale.
Dettagli di titolo a parte, la serie è ambientata a Villefranche, un'inesistente cittadina in mezzo alle montagne (forse le Ardenne?), circondata da una foresta. L'inesistenza della cittadina permette agli autori di costruire una sottotrama interessante che lega la cittadina a una leggenda dell'Antica Roma che viene sviluppata nella seconda stagione, ma gli elementi fondamentali della serie hanno poco a che fare con la storia. L'ambientazione, infatti, è moderna e la protagonista della serie è Laurène Weiss, interpretata da Suliane Brahim, capo della locale gendarmeria e con un passato tormentato, anch'esso approfondito nel corso della serie. Ciò che si sa all'inizio è che è stata rapita in gioventù e tenuta nascosta nella foresta, da cui è tornata improvvisamente con due dita della mano sinistra in meno. E questo è probabilmente il motivo principale, oltre all'ovvio dovere dovuto al ruolo rivestito, per cui Laurène ogni notte batte la foresta alla ricerca della scomparsa figlia del sindaco, Bertrand Steiner, interpretato da Samuel Jouy.
A questa sottotrama orizzontale che costituisce la base della prima stagione, si innestano le storie degli otto episodi della prima stagione, ognuno dei quali concentrato su un particolare caso di omicidio. In questo caso gli sceneggiatori giocano con lo spettatore, stuzzicando l'idea dell'esistenza di un potere soprannaturale dietro ognuno degli omicidi, salvo poi scoprire che in realtà è stato il frutto dell'odio, del rancore o di qualche altro movente tutto tipicamente umano. Eppure l'elemento fantastico è presente in tutta la stagione, appena accennato, è un'ombra che si intravede tra gli alberi o, per sbaglio, nelle foto o nei video, una specie di uomo dei boschi, con le corna di un cervo in testa.
E proprio questo elemento fantastico, reso manifesto nel finale della prima stagione, diventa il cardine della seconda stagione, con Laurène che cerca, con tutte le sue forze, di trovargli un senso razionale. In questo senso la seconda stagione, che ha una struttura simile a quella della prima (in questo caso la sottotrama orizzontale è quella della discarica che il sindaco Steiner ha fatto approvare e costruire su pressione del padre), è una sorta di sfida tra lo spettatore che è certo dell'elemento fantastico dietro l'uomo dei boschi e Laurène che, nonostante la sua esperienza passata, cerca in tutti i modi di trovare un senso a quello che sta accadendo a Villefranche.
La seconda stagione lascia comunque insoddisfatti: alcune sottotrame non sono ancora state risolte, mentre l'uomo dei boschi è effettivamente un essere umano, o forse non lo è più. Insomma sono rimasti ancora molti dubbi, incluse le stesse origini del gruppo eco-terrorista dei figli di Arduinna, una divinità celtica, l'equivalente di Diana, protettrice dei boschi delle Ardenne. La sensazione, infatti, è che nella terza stagione potrebbe esplodere una guerra tra forze mistiche, ma fino a che il serial resterà nel limbo (non è stato annunciato né il suo rinnovo né la sua cancellazione) non ci resta che attendere, nella speranza che la storia ideata da Mathieu Missoffe giunga a conclusione, senza aggiungersi alla lista delle storie lasciate a metà da Netflix o chi per lui.
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