Stomachion

lunedì 27 giugno 2022

Topolino #3474: Paperiliade

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Se la copertina del numero celebra l'inizio dell'ultima stagione di Foglie rosse di Claudio Sciarrone, il pezzo forte del numero è, però, la conclusione della Paperiliade con le due parti del secondo libro, La caduta.
Come mi aspettavo la parodia di Roberto Gagnor e Alessandro Perina ma convinto abbastanza da concedere una sufficienza, ma non fino al punto di andare molto oltre. I motivi di perplessità sono di due ordini differenti, stilistico e soggettistico. Andiamo, però, con ordine e immergiamoci nelle atmosfere del mito greco in salsa disneyana.
Di uomini ed eroi
Le perplessità di ordine stilistico sono essenzialmente quelle già rilevate per il primo libro, ovvero l'uso di modernismi, espressioni che possiamo considerare storicamente fuori contesto. In questo senso si potrebbe dire che il loro uso identifica il target preferenziale della storia: i bambini, quanto più piccoli possibile, e i loro genitori. In questo senso, però, la Paperiliade vive anche una sua specie di crisi di identità, visto che anche stilisticamente parlando il libro secondo è decisamente più adulto, il che rende ancora più difficile riuscire a comprendere la scelta dell'uso dei modernismi, assolutamente inutili per la comprensione della storia. Ad ogni modo, modernismi a parte, la storia risulta ben scritta, con un'ottima gestione del ritmo e un uso equilibrato delle scene silenziose che raggiungono un buon livello di epicità, anche grazie agli ottimi disegni di Perina, in forma come pochissime altre occasioni.
Dal punto di vista della storia, se è comprensibile che Gagnor decida di adattare gli eventi per creare un nemico comune agli achei e ai troiani onesti, come afferma Paperatena nella quadrupla posta nella penultima pagina della prima parte del secondo libro (e la cosa era, in qualche modo, telefonata, visto che stiamo parlando di un fumetto disneyano, e infatti finsce, come si suol dire, a tarallucci e vino), a lasciare perplessi è il modo in cui le divinità presenti nel conflitto vengono presentate: si comportano come se non avessero alcun potere. La cosa Gagnor la giustifica con un incantesimo lanciato da Eris Amelia, ma la cosa, comunque, non soddisfa completamente. Inoltre Ares Gamba viene caratterizzato proprio come un semplice Gambadilegno: la sua motivazione, prendere la Grecia Papera e, soprattutto, mettere le mani sulle dracme sembra più un desiderio da umani che non da esseri divini. E questo senza necesseriamente dover scomodare l'Ares di George Perez.
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Se poi scaviamo un altro po', alla Paperiliade manca il senso estremo dell'Iliade di Omero. Il poema originale esaltava le imprese dei singoli sul campo di battaglia, ma al tempo stesso stigmatizzava la guerra, causata apparentemente da futili motivi, in questo caso il rapimento di Elena da parte di Paride, senza chiedersi per un attimo se si fosse trattato sul serio di un rapimento. Omero, alla fine, piange per la guerra che ha distrutto i singoli, i loro desideri e le loro aspettative, vinti o vincitori che fossero (per esempio Odisseo è stato costretto a intraprendere un lungo viaggio tra molti pericoli prima di tornare a Itaca). Questa critica alla guerra risulta quasi completamente assente, a parte la scena finale tra le rovine di una Troia distrutta, questo perché nessuno mette in discussione il fatto che Paperennone ha scatenato una guerra non tanto per Brigittelena, e già questo è un motivo futile, quanto per recuperare la sua prima dracma, cosa forse ancora più futile per scatenare un conflitto che avrebbe portato alla distruzione di una città intera.
Si potrebbe obiettare che non era questo l'obiettivo della parodia, ma allora nemmeno proporre l'idea che tra i troiani ci sono troiani onesti, presupponendo che gli achei, con la sola eccezione di Rockerao, lo siano, doveva essere un obiettivo della parodia: il messaggio che la quadrupla che ho citato prima fa passare al lettore è che nella guerra di Troia c'erano i "buoni" e i "cattivi", e tra questi ultimi qualche "onesto" da aiutare. Inoltre Menelao, che sarebbe l'equivalente di Rockerao nell'Iliade, era il marito di Elena e il vero iniziatore della guerra di Troia e, soprattutto, un personaggio di un valore probabilmente paragonabile agli stessi Ettore e Achille, ma con l'unica eccezione di essere, diciamo così, particolarmente accecato dalla gelosia e dall'idea di "possedere" sua moglie.
Ciò in cui, invece, la parodia si esalta è il concetto di eroismo che porta avanti, questo sì decisamente omerico. Secondo Topoettore, come abbiamo avuto modo di leggere nel primo libro
Dovremmo dare il buon esempio! Essere veri eroi... Essere aristoi!
E alla fine in questo la Paperiliade è come l'Iliade: una storia sull'eroismo. Altrimenti avrebbe avuto poco senso introdurre un nemico comune che complotta contro achei e troiani. E Gagnor mette in bocca a Pippomero anche il concetto di eroismo che aveva in mente, molto vicino all'interpretazione che Alessandro Baricco da dell'Iliade:
Il vero eroe è chi combatte, ma cerca la pace! Chi lotta, ma non diventa come i suoi nemici! Chi dà il meglio di se, anche quando tutto sembra perduto!
E diventano allora anche molto interessanti le parole con cui si conclude la Paperiliade:
E allora anche noi possiamo diventare aristoi! Perché ognuno ha in se la scintilla di una grande avventura! Anche noi possiamo essere eroi! Gli eroi della nostra minuscola, grandiosa, epica vita!
che sembra quasi una risposta a Strappare lungo i bordi di Zerocalcare. O più semplicemente un modo diverso di vedere quella strana faccenda che chiamiamo vita!
Gli scavi di Troia
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Non ho finito, scusatemi! C'è un'ultima cosa che mi preme scrivere e riguarda una vignetta particolare in cui Sgrizzo fa un riferimento ben preciso alle difficoltà nel ritrovamento di Troia:
Grazie alle mie precisissime mappe, nel futuro gli archeologi ritroveranno Troia senza problemi!
In realtà di problemi intorno a Troia ce ne sono stati un po', e alcuni ce ne sono ancora, anche se non sulla sua posizione attuale.
A causa della scarsità di fonti storiche differenti rispetto al poema omerico, la città di Troia, o Ilio, era ritenuta pressocché leggendaria. Il primo tentativo di identificare la sua posizione risale al XVI secolo, quando Pierre Belon e Pietro Della Valle suggerirono che in realtà la città alessandrina di Alessandria Troade fosse, in realtà, Troia stessa. La sua posizione era a 20 chilometri da Hisarlik.
Sul finire del XVIII secolo Jean Baptiste LeChevalier identificò il luogo in cui sorgeva la città in un villaggio posto, invece, a 5 chilometri da Hisarlik. Quest'ultimo, però, venne indicato come il luogo dove cercare i resti di Troia solo nel 1822 da parte del giornalista scozzese Charles Maclaren.
Forse proprio indirizzato dalle considerazioni di Maclaren, Frank Calvert condusse il primo scavo archeologico nella zona. I suoi ritrovamenti lo convinsero di averci visto giusto e spinsero il più noto degli archeologi di Troia a proporre uno scavo molto più esteso: era il 1868 quando Heinrich Schliemann incontrò lo stesso Calvert e diede il via al progetto relativo alla sua grande campagna di scavi sulla collina di Hisarlik.
La struttura della città, scoperta essenzialmente grazie a due campagne di scavi condotte tra il 1871 e il 1873 e tra il 1878 e il 1879, era quella di varie stratificazioni. Sono stati scoperti ben 10 strati distinti, risalenti a dieci diverse epoche di sviluppo di Troia. All'inizio Schliemann ritenne che la Troia omerica fosse quella del secondo strato. Questo per via del ritrovamento di un immenso tesoro che egli ritenne essere il tesori di Priamo. Successivi studi più approfonditi, però, rilevarono che la Troia omerica era quella del settimo strato, tra l'altro quello più ricco di ritrovamenti.
Al di là dell'interpretazione e delle discussioni tra gli archeologi sul ruolo di Troia nell'antichità, è comunque evidente come un qualche evento, probabilmente una guerra, ha portato a una più o meno lenta decadenza della città fino al rango di un semplice villaggio in epoca romana.
Finalmente, Foglie rosse!
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Dopo una lunga attesa arriva la terza stagione di Foglie rosse, contando come seconda la stagione intermedia. L'attesa è stata lunga ma ripagata dalla qualità e la storia, di ambientazione invernale, arriva però in piena estate meteorologica (che quella astronomica è, invece, iniziata da poco). Leggendo le pagine iniziali di questo primo episodio di Un lungo inverno sia ha, però, la sensazione che la storia sarebbe dovuta arrivare su Topolino dopo la storia invernale di Marco Nucci e Casty con Macchia Nera. I ritardi, evidentemente, sono dovuti alla cura che Claudio Sciarrone ha messo sulla sua "creatura". Cure che si vedono tutte, oserei dire!
Tra l'altro, visto che nel frattempo Stranger things l'ho recuperato, posso spingermi in maniera più che convinta con il paragone: Foglie rosse conferma anche in questo inizio della stagione conclusiva di essere per il fumetto disneyano quel che è Stranger things per le serie televisive. Anzi è anche qualcosa di più, perché i Duff nrothers hanno preso quel che gli piaceva, ma lo hanno ambientato nell'epoca di riferimento. Sciarrone, invece, ha preso quegli stessi elementi, ma li ha portati nel mondo di oggi, e questa è un'operazione un po' più difficile, perché devi attualizzarli e adattarli a una sensibilità che non è necessariamente la tua. E questo, a Sciarrone, è riuscito decisamente molto bene!
Ovviamente per poter fornire un giudizio più ragionato bisognerà aspettare le prossime puntate della stagione, ma già questo primo episodio sembra voler colmare una piuttosto evidente lacuna delle stagioni precedenti: il ruolo di Topolino. In fondo lo zio di Tip e Tap è stato messo un po' in disparte, quasi un simpaticone un po' tonto per certi versi. Attenzione, però, è solo un punto di vista, quello adottato dal narratore, ma non ciò che Topolino è realmente, e questo Sciarrone tiene a dircelo nel finale dell'episodio quando i nipoti dicono di lui
Sembra impossibile, ma è come se nostro zio avesse vissuto mille vite in una! Gli manca solo una carriera da rockstar e ha fatto praticamente tutto!
Per cui, anche visto il finale, mi aspetterei non solo una maggiore presenza di Topolino all'interno della vicenda, ma anche, un ruolo fondamentale nella risoluzione della più che probabile sfida tra la Terra e gli Sgarooz, che ovviamente sono ancora lì, nello spazio, a cercare di raggiungere in qualche modo la Terra. In ultima analisi la domanda principale che, al momento, il lettore può però porsi è: si riveleranno più pericolosi le autorità militari statunitensi o gli Sgarooz?
Del resto del sommario taccio, perché mi sono dilungato molto fino a qui, e soprattutto perché vorrei evitare polemiche su una delle storie a sommario dove non credo che gli accrediti siano stati corretti nei confronti di uno degli autori della storia.

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