Platone spiegava come ogni tipo di eccesso suole produrre, come effetto di reazione, un mutamento nel senso opposto, tanto nelle stagioni quanto nelle piante e nei corpi, e così pure nelle Costituzioni (Repubblica, 563 e-564 a).E' evidente il legame tra quanto scritto sopra è gli eccessi che abbiamo introdotto nell'ambiente. Mi riferisco alle quantità eccessive di gas serra introdotte nell'atmosfera o alle quantità eccessive di sostanze inquinanti, su tutte le materie plasitche. Il riferimento, però, non è esplicito a questi eccessi, ma ovviamente a ogni genere di eccesso che turba in maniera sensibile uno stato di equilibrio, generando un cambiamento repentino, o quanto meno più veloce dell'usuale.
A ciò si aggiunge anche un'altra questione, quella della matematizzazione della natura. La definizione di quest'ultima, come appunto l'ambiente in cui viviamo non modificato dagli esseri umani, o quanto meno non modificato nel senso di cui sopra, viene ribadita dal seguente passaggio, che include una citazione di Hegel:
Hegel aveva peraltro intuito che il mero atto di pensare astrattamente, in modo scientifico, la natura, ci conduce a un esito contraddittorio, a un risultato opposto a quello a cui sembra mirare lo sforzo conoscitivo: Quanto più pensiero si ha nella rappresentazione, tanto più svanisce la naturalità, singolarità, immediatezza delle cose; attraverso i pensieri che vi penetrano si impoverisce il regno della natura infinitamente multiforme, le sue primavere appassiscono, i suoi colori impallidiscono, il rumoreggiare della vita nella natura ammutolisce nella quiete del pensiero; la sua calda ricchezza, che prende figura in meraviglie che ci attraggono in mille modi, si irrigidisce in forme aride e in universalità prive di figure, simili alla tetra nebbia del nord.In sintesi, o così la voglio sintetizzare e comprendere, la visione moderna e analitica della matematica, una visione che prescinde dagli aspetti visuali e narrativi così importanti per i matematici dell'antichità, è in qualche modo responsabile di una visione asettica, distaccata della natura, che non riesce più a cogliere la varietà della vita che si sviluppa al suo interno.
E allora riecheggiano le parole di Richard Feynman in una famosa intervista alla BBC (se non ricordo male), in cui affermava di cogliere molto di più di un poeta dalla visione di un fiore: quest'ultimo, infatti, si sofferma sui suoi colori e odori, mentre come scienziato un fiore è qualcosa di più del suo aspetto esteriore. E' costituito dalle sue parti e dai loro ruoli specifici, mentre i colori e gli odori sono legati alla sua capacità di attrarre l'ape, sottintendendo quindi un legame più profondo tra il fiore come entità singola e il mondo che lo circonda.
E' questa visione che dobbiamo cercare di recuperare, l'idea che gli elementi che costituiscono l'ambiente in cui viviamo sono parti che dialogano una con l'altra, un qualcosa di molto ben descritto in Primavera silenziosa di Rachel Carson, libro che è al tempo stesso un grido di dolore e una lucida inchiesta ambientalista intorno agli effetti di un uso eccessivo dei diserbanti nelle coltivazioni nei primi decenni del XX secolo.
Se da un lato quella sua inchiesta può essere considerata datata, e ci vorrebbe il coraggio di affrontare oggi, ancora una volta, la questione, dall'altra, però, descrive con grande chiarezza proprio la questione da cui ero partito, quella degli eccessi che producono una reazione, che spesso è imprevedibile per via di una scarsa conoscenza dei legami tra insetti e piante, tra piante e animali, tra piante e terreno. E in questo caso non si parla di quella specie di interconnessione mistica così cara alla new age, ma di qualcosa di concreto, legami veri che generano, in un effetto domino, delle reazioni che, presto o tardi, coinvolgeranno anche noi.
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