Raccontare la vita di
Antonio Meucci è probabilmente facile e difficile al tempo stesso. Può essere banalmente sintetizzata con questa frase
Ha inventato molte cose ma sono stati gli altri a guadagnarci su.
Non è proprio la frase precisa, ma sostanzialmente è il senso di una delle tante cose che, durante la nostra visita, la direttrice del
museo di Meucci a Staten Island(1),
Michela Traetto, ci
(2) ha detto.
Meucci nasce a
San Frediano, quartiere di
Firenze, il
13 aprile del 1808. I suoi studi sono presso l'
Accademia delle Belle Arti di Firenze e inizia a lavorare prima come impiegato della dogana e poi come tecnico di scena al Teatro della Pergola.
Nel 1831 viene coinvolto nei moti rivoluzionari e per questo è costretto alla fuga a Cuba nel 1835 dove va con la moglie
Ester Mochi, conosciuta proprio alla Pergola. Qui si trasferisce all'Avana dove lavora con la moglie al teatro Tacon: mentre la moglie è la direttrice dei costumisti, Meucci è il meccanico capo. Ed è proprio all'Avana, tra un meccanismo teatrale e l'altro, che Meucci inizia la sua lunga serie di invenzioni che, purtroppo, gli frutteranno ben poco: si parte con un sistema di purificazione dell'acqua interno al teatro; quindi un sistema per filtrare tè e caffè; alcune ricerche per un sistema di pietrificazione umana (!); studia poi un processo di elettrodeposizione per migliorare l'equipaggiamento militare.
E con l'elettricità inizia a giocare proprio nel periodo cubano. In effetti Meucci all'inizio non si discostava da molti dei ciarlatani della nostra epoca, ma se non lo definiamo oggi ciarlatano è semplicemente perché all'epoca non esistevano molte delle distinzioni di oggi e soprattutto non esistevano molte delle conoscenze odierne.
In particolare mi riferisco all'
elettroshock, pratica che si credeva in grado di curare un po' tutte le malattie. Ed era proprio mentre stava sottoponendo un paziente (!) alla terapia dell'
elettroshock che Meucci si rese conto che il campo elettrico, utilizzando un apposito mezzo di trasmissione, poteva essere utilizzato per trasportare la voce a distanza: siamo nel
1849 ed è l'inizio del telefono secondo Meucci!
I primissimi progetti vennero disegnati da
Nestore Corradi nel 1856:
Nel museo di Meucci e Garibaldi a Staten Island, poi, è possibile anche dare un'occhiata ai primi prototipi di Meucci:
Il sistema inventato da Meucci e rappresentato da Corradi è una evoluzione del
telefono fatto con due bicchieri (o due lattine) e una fune ben tesa che li collega e noto fin dalla seconda metà del 1600 grazie agli esperimenti di
Robert Hooke(3). Il sistema di Meucci è leggermente più sofisticato perché distingue tra il
bicchiere trasmettitore e il
bicchiere ricevitore ma il principio di base è sostanzialmente lo stesso: quello che diciamo all'interno del bicchiere viene amplificato dal bicchiere che diventa una cassa di
risonanza. Le risonanze prodotte si trasmettono all'altro bicchiere attraverso il filo che li collega, ma per una buona trasmissione del segnale il filo deve essere ben teso.