
L'inizio è quasi leggendario: Pitagora viene infatti considerato come il primo matematico a capo di una vera e propria setta che ha fatto dei numeri quasi un oggetto di culto. Interessanti in questo senso sono i versi aurei e le regole che sono alla base della setta pitagorica e che si dimostrano molto simili ai precetti delle moderne religioni. Persino i concetti più propriamente filosofici si dimostrano incredibilmente influenti nel pensiero occidentale, ritrovandoli successivamente in filosofi come Aristotele e Platone.
I numeri avevano, dunque, un'importanza fondamentale per i pitagorici, a partire dall'1, il generatore di tutti i numeri, senza dimenticare il 2, simbolo della diversità e dell'indefinito, e il tre, unione dell'1 e del 2, simbolo dell'armonia della perfezione. Ciò non vuol dire che era considerato un numero perfetto, visto che i numeri perfetti sono tali solo se uguali alla somma dei loro divisori, 1 incluso: e il primo di questa lista è il 6. In mezzo il 4, simbolo di giustizia, e il 5, simbolo del matrimonio e del triangolo divino, facendo parte della più piccola terna pitagorica.
E con la terna entriamo nell’argomento centrale del libro: il teorema di Pitagora. E questo è l'enunciato originale così come scritto nel libro di Claudi Alsina:
Dato un triangolo con i vertici $ABC$, l'angolo $A$ è retto (triangolo rettangolo), se e soltanto se l'area del quadrato costruito sul lato $a$, opposto a $A$, corrisponde alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui lati $b$ e $c$.Come potete notare l'enunciato originale è un ribaltamento dell'enunciato usuale che ci viene insegnato a scuola: ciò è possibile grazie a quel "se e soltanto se" che permette di ribaltare qualunque teorema (dimostrato vero) in cui è presente.