Insieme con Bruce Sterling, William Gibson è l'ideatore di un nuovo movimento letterario caratterizzatosi come sottogenere della fantascienza: il cyberpunk.
Semi di questo nuovo sottogenere fantascientifico erano già presenti in Philip Dick, anche per quel che riguarda gli aspetti più squisitamente tecnologici, o in Stanislaw Lem e in James Ballard per quel che riguarda gli aspetti legati alla psicologia dei personaggi, spesso posti da questi due grandi autori in situazioni di profonda alienazione.
La strada verso il cyberpunk, infatti, che passa per romanzi dickiani come le Tre stimmate di Palmer Eldrich o L'androide Abramo Lincoln, presenta alcuni elementi che per completarsi attendono l'uscita di Neuromante, pubblicato nell'anno che da il titolo al più famoso romanzo di fantapolitica in assoluto, 1984 di George Orwell, e, soprattutto, qualche anno prima della nascita del primo sito web e dunque dell'esordio ufficiale dei protocolli che diedero il via alla rete così come la conosciamo oggi. E il termine con cui viene usualmente identificata è cyberspazio, coniato per la prima volta proprio nel Neuromante di Gibson, il romanzo da cui si fa iniziare ufficialmente il cyberpunk.
La particella cyber-, utilizzata da allora per indicare tutto ciò che aveva a che fare con le tecnologie della rete, è estratta dalla parola cibernetico, che deriva dal greco e indica un "esperto nel guidare o nel governare". E infatti il mondo immaginato da Gibson, fatto di persone connesse a una grande rete globale, è guidato, governato dalla stessa rete globale che li connette, il cyberspazio, grazie alla dipendenza generata in chi la usa. Non a caso il protagonista, Case, un ex-hacker, accetta la missione propostagli dall'enigmatico Armitage grazie alla promessa di quest'ultimo di fornirgli una cura alla malattia neurologica che gli impedisce di accedere nuovamente al cyberspazio.
Al tempo stesso Neuromante è però anche un romanzo sull'intelligenza artificiale, diventata uno dei temi di ricerca principali nel campo dell'informatica grazie ai lavori di Alan Turing in particolare. In qualche modo l'intelligenza artificiale immaginata da Gibson è alla ricerca della sua identità: la costruzione di scatole e identità così differenti quasi da ignorarsi una con l'altra tratteggia Invernomuto e le sue identità come una sorta di schizofrenico artificiale, quasi che questo debba essere il destino di qualunque intelligenza sofisticata.
Il tutto viene raccolto in uno stile in qualche modo multimediale, visto che Neuromante è la squisita confluenza di varie influenze letterarie, musicali, cinematografiche che hanno reso e in qualche modo rendono il romanzo pop in un senso molto più ampio rispetto a quello che spesso diamo a tale accezione. In qualche modo è anche l'apripista di un modo di realizzare la fiction che ha caratterizzato sempre di più gli ultimi decenni del XX secolo e questo primo ventennio del XXI: la rielaborazione di stili, idee, influenze differenti, in cui la sfida per i narratori non è partire da un'idea originale, ma realizzare un prodotto quanto più nuovo possibile a partire da spunti che originali non sono.
Certo si potrebbe dire che tutta la letteratura si fonda sulla reinterpretazione del passato, o l'uso delle idee precedenti come base di partenza, ma con Neuromante e con il cyberpunk siamo di fronte a qualcosa di molto differente e più complesso: qualcosa di più simile alla scomposizione di un puzzle e alla sua ricostruzione montando i pezzi in un modo differente, magari prendendoli da un puzzle, ma non per questo disarmonico. Una sorta di cut-up alla William Burroughs ma con le idee invece che con le parole.
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