Mother Cosmos è il
manga d'esordio dell'illustratore
Minoru Sugiyama. Portato in Italia dalla
Star Comics all'interno della collana
Umami, propone al grande pubblico uno stile di disegno e di composizione della pagina molto ordinato, in qualche modo molto occidentale, ma con un occhio differente rispetto ad autori come
Atsushi Kaneko o
Minetaro Mochizuki. Mentre questi ultimi due
mangaka più che nel tratto è soprattutto nella composizione e nell'uso di tematiche
pop che si lasciano influenzare dall'Occidente, Sugiyama guarda soprattutto ai pittori e illustratori europei. Palazzi e architetture che ricordano
Maurits Cornelis Escher, mostri che richiamano
Hieronymus Bosch, macchinari dall'aspetto antropomorfo che sembrano usciti dalle illustrazioni dei primi romanzi
steampunk o le illustrazioni dell'artista francese
Roland Topor, ma con una ricchezza e un'eleganza quasi barocche (mi viene da accostarli alle illustrazioni realizzare per il fumetto italiano
2700) si sposano con una storia di impianto
fantasy che mescola tematiche alla
1984 di
George Orwell con atmosfere alla
Momo o
Storia Infinita di
Michael Ende. Non è da escludere l'influenza dei video musicali surreali di molti gruppi psichedelici, primi fra tutti i
Pink Floyd.
La struttura della storia di Sugiyama è, come detto, tipicamente
fantasy con la classica
cerca, in questo caso della
Mother Cosmos del titolo. E proprio come per un
fantasy, ogni passo che avvicina la
compagnia al suo obiettivo finale è un tassello di conoscenza che si aggiunge in un percorso iniziatico che porta il protagonista, il giovane Satoru, alla scoperta non solo delle origini del mondo in cui vive, ma anche delle sue stesse origini. Alcuni temi che vengono sviscerati, in particolare nel finale, hanno anche una certa ispirazione
carrolliana, senza però il gusto per l'assurdo tipico dello scrittore di
Alice nel Paese delle Meraviglie.
La narrazione, invece, si fa via via sempre più serrata fino al concitato finale, mentre il tratto utilizzato per i personaggi umani ricorda un disegnatore esordiente occidentale che prova a cimentarsi con il
manga (mi viene da pensare anche a
Marco Tanca e ai suoi
Pinguini del deserto). I macchinari di cui si scriveva poco sopra, invece, evidentemente ispirati dai classici
robottoni, combinano anche del materiale organico al loro interno, se non addirittura dei veri e propri esseri viventi, quasi come i macchinari ideati da
Shintaro Kago per
Super-Conductive Brains Parataxis, per restare nell'ambito del
manga.
Nel complesso un'opera incredibilmente affascinante, che mescola
fantasy,
mecha, filosofia e religione, da gustare, come non mai, sia con la lettura sia, semplicemente, con gli occhi, proprio grazie alle bellissime illustrazioni di Sugiyama, che però soffrono un po' per un formato che, per quanto più grande rispetto a quello usuale dei
manga, risulta comunque troppo piccolo per apprezzarne al meglio i dettagli.
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