Stomachion

sabato 25 gennaio 2020

L'uomo che consegnava valigie

Nella maggior parte dei casi, quando un opera di genere noir si concentra su un portapacchi, questo di solito è il classico corriere della droga che va di casa in casa per consegnare il pacchetto della dose giornaliera per i clienti dello spacciatore. Seguire il corriere permette all'autore di mostrare quella parte della società che è emarginata: da un lato i drogati stessi e il punto di non ritorno dove sono arrivati e dall'altro il mondo intorno al corriere stesso, che è spesso fatto di piccoli mezzucci per sopravvivere ogni giorno.
Più o meno è la stessa cosa che succede a Ira Zimmer, un ebreo di Brooklin della New York del 1937 che viene coinvolto in uno strano traffico: consegnare ogni giorno alcune valigette a un elenco di persone che gli verrà consegnato ogni mattina. Unico vincolo: non aprire mai nessuna delle valigette, o non guardarne il contenuto.
Il lavoro procede tranquillo, essenzialmente come per qualsiasi corriere della droga o di qualunque altro trafficuccio un po' losco, come sembra essere questo, fino a che, a causa di una situazione imprevista, una delle valigette non si apre di fronte agli occhi di Ira, rivelando il suo contenuto: un foglietto con su scritto il numero 12, che subito dopo prende fuoco.
Da quel momento in poi, ogni giorno, Ira si imbatte in un numero diverso, ogni giorno inferiore rispetto a quello precedente, una specie di countdown fino al momento della sua morte. E questo inizia a ossessionarlo, almeno fino a che non gli viene consegnata una valigetta con all'interno una lettera a lui indirizzata, in cui gli viene spiegato che può prolungare il tempo concessogli portando a termine i compiti segnati in una lista alla fine della lettera. E ogni compito vale un certo numero di giorni.
Più o meno sono questi i punti essenziali de L'uomo delle valigie, un noir dalle atmosfere mistiche scritto in maniera asciutta e strutturato in sei capitoli come sei episodi di un serial televisivo dal bravo Marco Nucci. Ad affiancarlo troviamo Lorenzo Zaghi, che visualizza la trama di Nucci, ricca di flashback spesso narrati in prima persona proprio come se fossero vecchie favole yiddish, all'interno di una griglia classica di sei vignette in tre strisce, interpretata però in maniera dinamica grazie all'uso sovente di quadruole o di splash page. Il tratto di Zaghi, poi, risulta particolarmente efficace per la trama noir di Nucci, con uno stile che ora ricorda Kelley Jones, ma con un'inchiostrazione molto più leggera, ora Guy Devis. Un bel volume con un finale che, se non fosse per le sue implicazioni amare, potrebbe anche riuscire a strappare una risata tra i denti.

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