Una delle cose più belle del 2019 appena concluso è il discorso di Eric Cantona di quest'estate in accettazione dello Uefa president's award:
La cosa più bella di questo discorso erano, però, le facce di chi lo ascoltava, in particolare gli inquadrati Messi e Ronaldo, che mostravano il livello culturale delle persone che normalmente bazzicano nello sport in generale e nel calcio in particolare. Cantona, infatti, ha citato il Re Lear di William Shakespeare.
D'altra parte Cantona dal 1995 ha intrapreso una abbastanza ricca carriera da attore il cui fiore all'occhiello, almeno per il sottoscritto, è Il mio amico Eric, film coprodotto dallo stesso Cantona e diretto dal grande Ken Loach. Ed è proprio qui che volevo arrivare, visto che è arrivato da poco nelle sale cinematografiche l'ultima fatica del regista britannico, Sorry we missed you.
La trama è abbastanza semplice e racchiude tutto quello che da sempre interessa al regista: raccontare la periferia britannica, che in qualche modo è anche la periferia di qualunque paese occidentale europeo. Il protagonista, Ricky Turner, è in cerca di un'opportunità per migliorare la sua condizione economica e il livello di vita della sua famiglia. Questa opportunità si presenta grazie a una società di corrieri, per la quale inizia a lavorare consegnando pacchi e lettere. Il problema di fondo è la tipologia di contratto: Ricky, infatti, sebbene sia un lavoratore di questa società di consegna dei pacchi, non stipula un accordo di lavoro vero e proprio, ma è considerato alla stessa stregua di un lavoratore autonomo. Infatti, per consegnare i pacchi, ha due opzioni: affittare un furgone dalla ditta oppure acquistare un suo furgone.
Questa, però, è solo la prima delle molte magagne che Ricky sarà costretto ad affrontare, non ultimo il fatto di dover lavorare ben più delle classiche otto ore al giorno per poter incassare abbastanza soldi da ripagare il furgone, per esempio, o per consegnare entro gli orari richiesti i vari pacchi, evitando così multe e tutte le varie decurtazioni alle commissioni che prende per ogni pacco consegnato. E ovviamente più pacchi consegna, più Ricky guadagna. E più è difficile il percorso, più Ricky guadagna. E tutto questo complica anche la vita in famiglia, ben oltre il classico "stringere la cinghia".
Capite bene, allora, come quello raccontato da Loach sia un vero e proprio circolo vizioso: diventa il racconto di un modello di lavoro che rischia seriamente di essere esportato in altri ambiti e che lucra sul fatto che gli imprevisti ci saranno sempre; che ciascun singolo lavoratore mediamente si ritroverà chiuso in una spirale che non potrà fare altro che alimentare, perché costretto dalle condizioni al contorno; che ciascun singolo lavoratore ha spesso l'impellente necessità di lavorare senza avere il tempo o le competenze per fermarsi un attimo e capire quali sono i suoi diritti e come proteggerli.
Si potrebbe, a questo punto, condensare il tutto così: Sorry we missed you, che è anche la frase del modulo che i corrieri devono compilare quando non riescono a consegnare il pacco o a incrociare il cliente, è un vero e proprio pugno allo stomaco. Non solo allo spettatore ma, nel suo piccolo, anche alla società occidentale che stiamo costruendo.
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