Stomachion

venerdì 13 agosto 2021

Donnie Darko

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Ambientato nel 1988, Donnie Darko, film scritto e diretto da Richard Kelly, usciì nel 2001, ma arrivò in Italia solo del 2004, anno in cui venne presentato fuori concorso alla mostra del cinema di Venezia. Il film, che arrivò alla fine di quell'anno, venne presentato come un capolavoro, ma nel corso di questi 17 anni non sono mai riuscito a vederlo, fino a che, grazie a Rai Play, ho finalmente recuperato la mancanza. La versione che ho visto è quella originale, la prima uscita nelle sale, e non la director's cut del 2004, che in Italia è uscita solo in dvd.
La pellicola, classificata come fantascienza psicologica, ruota intorno alle vicende di Donald "Donnie" Darko, interpretato da Jake Gyllenhaal, un adolescente che soffre di schizofrenia, che cerca di tenere sotto controllo con farmaci appositi e con la guida di una psicologa, Lilian Thurman. La notte del 2 ottobre del 1988, mentre il padre si addormenta guardando il confronto elettorale da Geroge Bush sr. e Michael Dukakis, e giusto pochi attimi dopo che Elisabeth, la primogenita, è rincasata da un'uscita fuori, sulla casa dei Darko si abbate il motore di un aereo. Gli effetti sono devastanti: distrugge il tetto e finisce per rovinare nella stanza di Donnie, esattamente sopra il suo letto. Per fortuna di quest'ultimo, però, il ragazzo era stato preda di uno dei suoi soliti attacchi di sonnambulismo, risvegliandosi il giorno dopo con sul braccio scritto con un pennarello il countdown per la fine del mondo: 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi. A consegnarli questa informazione è stato, nel delirante vagabondaggio sonnambolico di Donnie, un essere vestito con un costume integrale da coniglio grigio con un ghigno inquietante sulla faccia.
Già solo questi elementi costituirebbero un ottimo inizio per qualunque film. Donnie Darko, però, oscilla per tutta la pellicola tra il racconto surreale delle vicende di un ragazzo schizofrenico che sta cercando di districarsi tra le allucinazioni che lo tormentano nel corso dei 28 giorni successivi, e l'idea che queste allucinazioni non siano, in realtà, indotte dalla sua malattia. Il finale, in cui il motore cade realmente addosso a Donnie mentre si trova nel suo letto, sembra quasi suggerire che l'intera pellicola sia stata, in realtà, l'ultimo deliro premorte del ragazzo. Ci sono, però, alcuni elementi che suggerirebbero, invece, una lettura un po' più fantascientifica.
Innanzitutto il fatto che il motore non sembra appartenere a nessun aereo caduto nella notte del 2 ottobre, un elemento già di per se surreale. Tra l'altro al centro della turbina si trova il simbolo di una spirale, passato praticamente inosservato per tutti, elemento che però non viene completamente approfondito. D'altra parte nel corso dei 28 giorni successivi Donnie, approfondisce il tema dei viaggi nel tempo e dei wormhole, ottenendo in prestito dal suo insegnante di fisica, Kenneth Monnitoff, il libro Filosofia dei viaggi nel tempo scritto da Roberta Sparrow. Quest'ultima, nel frattempo, è completamente impazzita, diventando nota ai più con il nomignolo di Nonna morte. Donnie, inoltre, nel corso dei suoi deliri, vede le persone generare una sorta di tubi gelatinosi che escono dal torace e si spostano davanti a ognuno di loro anticipando la posizione nello spazio che ogni individuo occuperà nei minuti successivi. Questa visione, che Donnie ritrova descritta nel libro della Sparrow, spinge Donnie, e con lui anche gli spettatori, a ritenere le visioni genuine e non frutto della sua malattia.
Queste sue considerazioni il ragazzo le confida a due sole persone, che hanno anche la possibilità di sfogliare il libro della Sparrow: la dottoressa Thurman e la sua fidanzatina, la dolce ma determinata (nonché, come Donnie, appassionata di scienza) Gretchen Ross, interpretata da Jena Malone.
Il finale del film vede l'apertura di un wormhole sotto l'aereo su cui si trovano la madre e la sorella piccola di Donnie, Samantha, proprio mentre un motore dell'aereo si sta staccando. Lì di fronte si trova anche Donnie, dentro un'auto, con accanto Gretchen, morta a causa di un investimento: alla guida c'era Frank, un giovane vestito con un costume da coniglio, la stessa persona che ha tormentato le visioni di Donnie nei 28 giorni che hanno preceduto la notte di Halloween. A quel punto Donnie mette in moto e possiamo solo intuire che, in qualche modo, il ragazzo entra nel wormhole e in qualche modo compie una scelta, quella di morire sotto il motore tornato indietro nel tempo, unica possibilità per salvare le donne della sua vita.
In questa lettura Donnie Darko è un film sul sacrificio e sull'amore, ma la director's cut ribalta completamente la visione, poiché introduce il concetto di universo parallelo creato dalla presenza di un paradosso temporale, quello del motore che torna indietro nel tempo. In questa lettura Donnie ha il compito di risolvere il paradosso, cosa che alla fine non fa, non avendone evidentemente le capacità. Così il Donnie dell'universo parallelo, o tangente come viene chiamato nella versione estesa della pellicola, nella pratica crea un secondo universo tangente, in cui però i componenti più stretti della sua cerchia hanno un vago ricordo del precedente universo tangente.
In questa lettura non solo il paradosso non viene risolto, ma persino il compito principale che avrebbe dovuto svolgere Donnie, salvare l'universo dagli effetti catastrofici del paradosso stesso, non viene portato a termine. In questo senso si potrebbe aggiungere un ulteriore significato, legato all'impossibilità dell'essere umano di riuscire, in qualche modo, a incidere sull'universo stesso.
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Dal punto di vista dell'appassionato che, invece, vorrebbe vedere un sequel, c'è indubbiamente un bel po' di materiale interessante cui attingere. In questo senso è veramente sconfortante come il sequel non ufficiale (perché sconfessato da Kelly), S. Darko del 2009, si sia sostanzialmente ridotto a reinterpretare la trama del film originale. D'altra parte per Nathan Atkins non c'erano appigli per proseguire la vicenda: evidentemente un paradosso temporale non risolto non è abbastanza per realizzare una pellicola in cui, magari, lo si prova a risolvere, salvando anche Donnie da morte certa.
E' interessante, nel frattempo, osservare come Kelly sia al lavoro su un sequel, che a questo punto va considerato ufficiale, ma è altrettanto interessante osservare come tale apertura su un possibile seguito sia stata suggerita da James Cameron, che ancora una volta dimostra di conoscere piuttosto bene la fantascienza, se è riuscito a vedere le potenzialità di Donnie Darko.
Altro punto interessante, che mi pare sia stato poco esplorato, è come Dark sembra prendere ben più di qualche spunto da Donnie Darko. Anche nella serie abbiamo due ragazzi che si amano e che vivono in due universi paralleli rispetto a quello principale. A differenza di Donnie Darko, però, la Martha di Terra-Eva diventa protagonista nella ricerca per la risoluzione del paradosso alla base di Dark, mentre il suo equivalente nella pellicola di Kelly, Gretchen, resta vagamente consapevole di avere perso qualcosa alla fine della pellicola. In questo senso Dark potrebbe fornire qualche indizio interessante sul seguito di Donnie Darko: basti pensare che su Terra-Eva Jonas non esiste, mentre sulla seconda terra tangente Donnie è morto.
Altro elemento interessante è il parallellismo tra Nonna morte e il suo ruolo nella comprensione dei viaggi nel tempo e Claudia Tiedemann, che è entrata in possesso dei progetti della macchina del tempo creando un paradosso all'interno del paradosso, e che nella serie costituisce la voce che chiarisce tutto quanto a Jonas e Martha.
Alla fine della fiera gli elementi più interessanti di Donnie Darko sembrano vivere fuori dal film, più che all'interno del film, che è intrinsecamente influenzato dalla mentalità degli anni Ottanta: non è proprio un gran complimento dire che Donnie Darko sembra un film di quell'epoca e non dei primi anni Duemila, sia per storia, sia per svolgimento della stessa. E per quanto sia decisamente ricco di spunti interessanti, per quanto il ritmo esploda nel finale, personalmente mi sarei aspettato qualcosa di più. Persino la scelta di chiarire il finale con una director's cut, alla fine, non fa altro che confermare come la prima versione risultasse un po' troppo chiusa in se stessa e autorale.

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