United, united, united we standIn fondo quello che cantavano i Judas Priest in United, quinta traccia di British Steel, il loro seso album in studio, era e continua a essere ancora valido. E possiamo dire che è proprio intorno a questa ricetta che ruotano due delle tre storie a puntate che si concludono sul Topolino ancora in edicola per poche ore.
Andiamo con ordine parterndo dalla cover story, il quarto episodio delle Cronache degli Antichi Regni di Alessandro Sisti e Francesco D'Ippolito.
La saga fantasy, ideata da Alex Bertani e abbinata alla raccolta di dodici ciondoli zodiacali con soggetto disneyano, è abbastanza imparagonabile sia con la più famosa (relativamente agli anni recenti) Wizards of Mickey sia a Ducktopia, che ha visto il coinvolgimento di Licia Troisi. Le differenze con quest'ultima sono differenti, perché le motivazioni degli sceneggiatori erano differenti: Artibani e Troisi hanno costruito una storia intorno al finale, punto centrale della saga; Sisti ha costruito un mondo popolato da personaggi al tempo stesso simili ma differenti da quelli cui siamo abituati. Inoltre ha fatto ruotare la storia proprio intorno al messaggio da cui siamo partiti, come evidente sin dal primo episodio. L'enfasi sull'unione dei regni viene poi esaltata nell'ultimo episodio quando i tre reami "terrestri" per così dire scoprono non solo dell'esistenza di un quarto reame, ma anche che i problemi climatici che stanno attraversando non sono colpa di uno degli altri tre regni, ma della struttura stessa del loro pianeta.
Le Cronache, quindi, spiccano soprattutto per l'assenza di un avversario contro cui combattere, una decisa rarità nel genere fantasy e che invece è più diffusa nella fantascienza. Evidente, in questo caso, il riferimento al tema del cambiamento climatico, che, come suggerisce Sisti, può essere affrontato solo con uno sforzo comune.
Dal punto di vista estetico la storia, nonostante di vapore se ne veda poco, usato soprattutto nell'ultimo episodio grazie all'arrivo della tribuù aerea dei pippidi, può essere inglobata all'interno del genere steampunk: navi che si spostano sull'erba con delle ruote, oppure sistemi di comunicazione a distanza, le macchine volanti di Arialta. Il tutto con un lavoro di caratterizzazione di D'Ippolito che ho trovato forse anche superiore rispetto a quanto lo stesso autore fece con Ducktopia.
Destinazione: Polinesia
Si conclude anche il viaggio di Thor Pipperdahl e del suo Pippon-Tiki. Sergio Cabella e un sorprendente Ivan Bigarella conducono alla fine del tragitto il ben poco marinaresco equipaggio che si è mosso per alcuni mesi lungo la presunta rotta di una possibile zattera sudamericana pre-colombiana verso le isole della Polinesia.La storia, che riesce ad alternare con grande efficacia momenti di riflessione con altri di azione dovuti ai pericoli naturali affrontati nel corso della navigazione, riprende la seconda delle numerose spedizioni del norvegese Thor Heyerdahl.
Questa particolare spedizione, quella del Kon-Tiki, fa ancora oggi parlare di sé. La "dimostrazione pratica" di Heyerdahl non è mai stata completamente accettata essenzialmente perché lo stesso Heyerdahl considerava la sua teoria della colonizzazione sudamericana della Polinesia come l'unica possibile. La situazione, però, dal punto di vista genetico è molto più variabile, visto che molti studi negli ultimi dieci anni hanno mostrato come i popoli della polinesia, in particolare quelli dell'isola di Rapa-Nui, abbiano effettivamente avuto contatti con genti provenienti dall'America precolombiana, così come la principale colonizzazione è, in effetti, di provenienza asiatica.
Il viaggio di Thor Heyerdahl, al di là dell'effettivo risultato scientifico, ha però due elementi interessanti: aver contribuito allo sviluppo di quella che possiamo considerare l'antropologia sperimentale, e soprattutto avere un fascino tutto suo, viste le condizioni particolari in cui si è svolto. Condizioni che Cabella e Bigarella sono riusciti a cogliere in pieno! La recensione, che arriva piuttosto tardi, lo so, si conclude con la seconda e ultima parte de L'alleanza disastrosa tra Amelia e Brigitta. Questa seconda parte è costruita da Silvia Ziche molto più sui binari di una gag story rispetto alla prima parte. Ad ogni modo, mettendo da parte l'assurdita di un frigorifero che riesce a schermare la magia ma non il segnale di un cellulare (semmai è il contrario!), il finale della storia risulta un po' deludente, per quanto al tempo stesso raffinato, soprattutto perché nel corso della storia pensi: "Brigitta non sarà così stupida da fare proprio quella cosa lì". E invece fa proprio quello che speri non faccia.
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