La Sole Nero, infatti, si imbatte in un classico pianeta vagabondo, uno di quelli che si sono allontanati dalla loro stella madre (lo si deduce dal fatto che il pianeta è privo di qualunque fonte di luce), su cui però sono presenti tracce di vita. A quel punto diventa necessario indagare. Il problema principale dell'episodio è essenzialmente nel tentativo di Gervasio di essere un po' più originale di una spiegazione più semplice, ma con il pregio di essere più plausibile. Su questo pianeta oscuro, infatti, si trovano delle strane creature ameboidi completamente nere che cercano di assimilare i componenti della spedizione di esplorazione, ma che fuggono ogni volta che vengono illuminate. O almeno così avrebbe senso. E invece Gervasio vuole eccedere in originalità e afferma, tramite la bocca del professor Verdisky, che nonostante la specializzazione in fisica si rivela un tuttologo che nemmeno Spok, che questi strani ameboidi si spaventano quando vengono illuminate le ombre!
Secondo Verdisky, infatti
Le due sagome potrebbero opporsi... ma anche convivere...Un po' come se un effetto ottico, ovvero l'ombra, riesca a interagire su un essere vivente in maniera più forte, come invece accade normalmente, di una semplice riduzione della radiazione ricevuta. Tra l'altro il modo in cui l'interazione con gli alieni viene costruita sembrerebbe andare più nella scontata direzione scientifica di fuga dalla luce, che non di una fuga dall'ombra, visto che nelle vignette che mostrano il punto di vista degli ameboidi (una trovata molto efficace per aumentare il senso di oppressione e inquietudine), si ha la netta sensazione che questi vedano essenzialmente negli infrarossi. In questo c'è da rilevare un errore da parte di Cristian Canfailla che disegna dei contorni piuttosto netti anche per l'ambiente, che in realtà dovrebbe emettere una radiazione abbondantemente molto più bassa rispetto ai corpi, e quindi risultare per lo più invisibile.
Un episodio con luci e ombre, indubbiamente ben scritto, ma ancora una volta insoddisfacente dal punto di vista scientifico, ma per migliorarlo sarebbe bastato prendere la strada scontata, che aveva anche il pregio di essere corretta. Secondo episodio de I misteri di Paperopoli. Questa volta protagonisti sono Filo e Brigitta in una storia che starebbe molto bene nella loro omonima serie, impegnati nell'avventura dal titolo Il binario dei saluti romantici. Al di là della storia, molto divertente e molto romantica di Roberto Gagnor, che sempre più spesso riesce a mettere queste sue due anime nella stessa storia, e molto ben disegnata da Ivan Bigarella, proprio con questa storia possiamo identificare gli elementi cardine della serie: oltre alla voce narrante della città, infatti, le storie esaminano un pezzo della storia di Paperopoli.
All'insegna della citazione cinematografica è, invece, Il ritorno dei pennuti furenti, cinetica storia di Rudy Salvagnini per i disegni di Blasco Pisapia che merita la citazione perché riesce a scherzare sul cinema di genere, quello horror che produce storie in serie con trame sostanzialmente uguali una all'atra, e quello del collezionismo dei poster cinematografici. Chiude il numero la prima parte de Il volo dell'albatro, che segna il ritorno di Bruno Enna su Topolino dopo un'assenza prolungata, peraltro sulle pagine di una delle serie che ha creato e contribuito a rendere amata tra i lettori, quella di Paperino paperotto. La storia presenta un soggetto al limite del surreale: Paperino e i suoi amici, infatti, si imbarcano, letteralmente, nell'impresa di riportare un albatro che non si fida a volare dalla sua compagna. Ricca di gag, alcune ricorrenti, riporta sulle pagine del settimanale un Paperino per cui nessuna impresa è mai realmente impossibile o così insormontabile da non poter essere affrontata.
Dal canto suo Nicola Tosolini fornisce una prova eccellente sia nella gestione dei personaggi, sia nella varietà di caratteristi animali presenti nella storia.
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