Stomachion

Visualizzazione post con etichetta paul dirac. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta paul dirac. Mostra tutti i post

giovedì 9 aprile 2020

L'ipotesi dei grandi numeri

L'ipotesi dei grandi numeri asserisce che tutti i grandi numeri adimensionali che sono presenti in natura sono connessi con l'epoca attuale, espressi in unità atomiche, e quindi variano nel tempo. Essa richiede che la costante di gravitazione $G$ sia variabile e che ci sia anche una continua creazione di materia. Il coerente seguito dell'ipotesi conduce alla possibilità di soli due modelli cosmologici. Uno di questi, che si verifica se si assume che la creazione continua sia una moltiplicazione della materia esistente, è l'universo cilindrico chiuso di Einstein. L'altro, che si verifica se si assume che la creazione continua avvenga in modo uniforme in tutto lo spazio, coinvolge uno spazio di Minkowski approssimativamente piatto con un punto d'origine dove si è verificato il Big Bang.
Dirac, P. A. M. (1974). Cosmological models and the large numbers hypothesis. Proceedings of the Royal Society of London. A. Mathematical and Physical Sciences, 338(1615), 439-446. doi:10.1098/rspa.1974.0095

mercoledì 8 aprile 2020

La bellezza come metodo

Paul Dirac è considerato da una buona fetta di fisici teorici come uno dei più geniali fisici del XX secolo dopo Albert Einstein. I suoi contributi alla fisica del XX secolo sono numerosi, il più famoso dei quali è l'equazione che porta il suo nome e che ha permesso di identificare l'antimateria. Ciò che, però, ha sempre mosso Dirac nella sua attività di ricerca è ben riassunto nella seguente citazione:
C'è solo una roccia che può sopravvivere a ogni tempesta e alla quale ci possiamo aggrappare strenuamente: l'idea che le leggi fondamentali della Natura siano espresse da una teoria matematicamente bella.
In pratica ciò che, secondo Dirac, dovrebbe muovere la ricerca teorica in fisica è la bellezza matematica di un'equazione. Questa bellezza risiede soprattutto nella sua capacità di sintesi sia della matematica utilizzata, ma anche delle idee fisiche che essa racchiude.
Questo punto di vista, insieme alla visione più generale della ricerca in fisica e dei futuri sviluppi di questa disciplina sono raccolti in un agile volumetto che prende il titolo proprio dalla linea di condotta principale di Dirac, La bellezza come metodo.
Se alcuni testi sono abbastanza specialistici, pur in assenza di equazioni matematiche, altri sono semplici da seguire anche per il lettore non avvezzo. D'altra parte il libriccino, che presenta una prefazione di Vincenzo Barone, è una raccolta di conferenze e articoli dello stesso Dirac, presentati in ordine cronologico e ricchi di spunti particolarmente interessanti, soprattutto se consideriamo che molti di questi non sono ancora stati portati a compimento dalla fisica contemporanea, come la riconciliazione tra meccanica quantistica e relatività di Einstein.
Il problema dell'unificazione tra queste due grandi teorie del XX secolo, molto ben riassunte da Dirac in varie sue conferenze (inclusa una curiosità relativa alle equazioni di Schroedinger e Klein-Gordon), era ben noto al fisico statunitense e aveva in mente alcune possibili linee di ricerca che avrebbero, a suo parere, potuto fornire fruttuosi indizi per la risoluzione del problema. Il punto essenziale, però, nel pensiero di Dirac era che il prossimo grande salto nella fisica sarebbe arrivato solo introducendo un'idea completamente nuova, un nuovo paradigma che ci avrebbe costretti ad abbandonare un qualche principio precedente ben consolidato.

lunedì 17 giugno 2019

La scoperta dell'antimateria

Dopo le grandi scoperte di elettrone, neutrone, neutrino e protone, oggi proverò a raccontare l'avventura dell'antimateria. Come dice il nome stesso, questa è costituita da particelle che in qualche modo sono anti-. Abbiamo infatti l'antielettrone, l'antineutrone, l'antineutrino, l'antiprotone e così via. A differenza delle particelle che costituiscono la materia, la scoperta delle antiparticelle è stata guidata dalla teoria e dalle previsioni teoriche di uno dei fisici più chiusi e riservati di tutti i tempi: Paul Dirac.
L'equazione dei quanti relativistica

Karl Pearson - via commons
Più o meno sin da subito l'idea di molti fisici teorici fu quella di mettere insieme la relatività di Albert Einstein con la meccanica quantistica. Lo stesso Einstein aveva questo obiettivo ambizioso, anche se il suo intento era quello di mostrare che il mondo alla base di quello descritto quantisticamente era nuovamente deterministico come quello di tutti i giorni.
Il punto di partenza di tale unione, però, era la relatività speciale: l'idea era quella di determinare un'equazione relativistica equivalente a quella di Schrodinger in grado di descrivere le particelle che si muovono a velocità prossime a quella della luce. Fu proprio questa idea che portò al concetto moderno di antimateria.
Un'idea non dissimile, infatti, era già stata espressa da William Hicks in una serie di articoli usciti tra il 1879 e il 1883: Hicks era stato l'ideatore della teoria dei vortici, che portata nel contesto della forza di gravità prevedeva l'esistenza di una materia negativa(7). Un po' più raffinata, invece, l'idea di Karl Pearson, che suggerì l'esistenza degli squirt e dei sink, rispettivamente particelle di materia normale e materia negativa all'interno del flusso di etere. Il modello di Pearson, nonostante prevedesse l'uso di questo ipotetico etere, che successivamente si dimostrò inesistente, prevedeva una quarta dimensione affinché l'etere stesso potesse fluire dentro con i sink (affondo) e fuori con gli squirt (schizzi)(1).
Il termine antimateria venne utilizzato per la prima volta da Arthur Shuster nel 1898 su Nature(2): egli ipotizzava l'esistenza tanto di antiatomi quanto di interi sistemi stellari di antimateria e discusse della possibilità dell'annichilazione di materia e antimateria. Quella di Shuster era, però, una semplice discussione speculativa, senza alcuna proposta matematica, senza dimenticare che la sua antimateria, così come quelle che l'avevano preceduta, possedeva anche una gravità negativa.

domenica 5 agosto 2018

Ritratti: Ettore Majorana

cc @Popinga1 @marcocattaneo @peppeliberti @Pillsofscience @mediainaf
Da quel che si racconta, Ettore Majorana è stato una persona schiva, timida, tranquilla, ma al tempo stesso così razionale da non riuscire ad appassionarsi realmente al mondo in cui viveva. Anche per questo, delle molte teorie intorno alla sua scomparsa, quella passionale mi risulta quella meno probabile. Di Majorana, infatti, si sono perse le tracce il 27 marzo del 1938, poco più di 80 anni fa. Aveva 31 anni ed era partito da Napoli verso Palermo con un piroscafo. La sua ultima missiva, indirizzata ad Antonio Carrelli, professore di Fisica presso l’università Federico II di Napoli, era datata 26 marzo 1938, Palermo:
Caro Carrelli,
Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.
Nonostante prese il traghetto che da Palermo lo avrebbe dovuto riportare a Napoli, come attesta Vittorio Strazzeri che con lui avrebbe diviso la cuccetta su quella nave, non venne più ritrovato e da allora le teorie sul suo destino sono fioccate quasi quanto quelle sui neutrini superluminali di qualche anno fa. E, come vedremo, proprio ai neutrini è più strettamente legato il nome di Majorana.
I ragazzi di via Panisperna
Nato a Catania il 5 agosto del 1906 da Fabio Massimo Majorana, ingegnere e matematico, e da Dorina Corso, mostrò fin dall’età di 5 anni una predilezione e un particolare talento per la matematica.
Conclusi gli studi classici nel 1923 a Roma, dove la famiglia si era trasferita due anni prima, si iscrisse alla facoltà di ingegneria, dove suoi compagni di corso, tra gli altri, erano Emilio Segrè e Vito Volterra.
Il passaggio a fisica avvenne sotto la spinta di Segré, che era stato avvicinato da Franco Rasetti ed Enrico Fermi: dopo alcune discussioni con quest’ultimo (e dopo aver verificato alcuni calcoli di Fermi, come riporta Leonardo Sciascia nel suo La scomparsa di Majorana), decide di cambiare facoltà, diventando così uno dei famosi ragazzi di via Panisperna e laureandosi il 6 luglio del 1929 con la votazione di 110/110 e lode.
Il suo lavoro presso il dipartimento consistette essenzialmente nella realizzazione di calcoli in vari campi della fisica e non solo in quello nucleare, l’argomento principale trattato dal gruppo di Fermi.
Il suo carattere schivo e timido viene ben descritto da Laura Fermi, moglie di Enrico, sempre nel già citato libro di Sciascia:
Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell’andare in tram all’Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un’idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all’Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea.
Immagine divenuta simbolo, quest’ultima, dello stesso Majorana, tanto da essere utilizzata nel film del 1989 di Gianni Amelio, I ragazzi di via Panisperna, quando con Fermi, in una gara di calcolo, mentre quest’ultimo riempiva un paio di lavagne di formule a Ettore bastava un semplice pacchetto di sigarette per completare i calcoli.