Stomachion

venerdì 22 febbraio 2013

59 flessioni

La povera Patty mostra di avere un po' di problemi con la matematica, per cui sarebbe molto contenta di sostituire il compito con 24 flessioni! Le 59 del titolo, però, non si riferiscono alle flessioni che, invece, la maestra potrebbe darle al posto delle 24 proposte, ma al 59.mo Carnevale della Matematica che, così come l'anno scorso, si terrà proprio qui, su DropSea, nel giorno del Pi Day, ovvero il 14 marzo (spero sempre alle 3:14!). E come l'anno scorso il tema è ovviamente il pi greco, che quello è il suo giorno, ma visto che questo è anche l'anno archimedeo non penso che si offenderà se proporremo anche contributi legati a colui che per primo lo ha calcolato, ovvero Archimede.
Per cui appuntamento al giorno del pi greco con il Carnevale della Matematica, e chi tra i lettori volesse partecipare, può inviare i suoi contributi via twitter, google +, tumblr o e-mail:
Ovviamente oltre ai link dei contributi è gradito un breve sunto degli stessi!

giovedì 21 febbraio 2013

Una strana leggenda

Non ho ancora scritto nulla sulla neve e i frattali, ma sentitevi liberi di andare a rileggere qualcosa sulla chimica e la fisica della neve.

mercoledì 20 febbraio 2013

Trambusto nei cieli

Questa breve storia di una pagina è tratta da Race for the Moon #2, albo a fumetti della Harvey Comics uscito nel settembre del 1958 e ora in pubblico dominio. E quindi mi sono divertito a tradurre questa pagina, oltre a schiarirla un po'.
La traduzione potrete leggerla cliccando sull'immagine qui sopra.

lunedì 18 febbraio 2013

Il tempo secondo Mauro Dorato

Per il lettori romani del blog, questo incontro sembra molto interessante!

domenica 17 febbraio 2013

L'innovazione in farmacia

Rispetto alla mostra su Turing, quella dedicata a Carlo Erba occupa una sala intera ed è curata direttamente dallo staff del Museo Leonardo.
Carlo Erba è stato un farmacista e imprenditore milanese. Dopo gli studi in medicina e farmacia presso l'Università di Pavia, Erba prende in gestione, nel 1837, l'Antica Farmacia di Brera, in via Fiori Scuri (è ancora lì, la farmacia!), per poi aprire il primo laboratorio farmaceutico, proprio accanto alla farmacia, nel 1853. Tra i fondatori della Edison, la società elettrica che fornisce l'energia a Milano, nel 1867 aprì il primo vero stabilimento farmaceutico italiano a Milano. E' dunque per celebrare l'iniziativa di Erba che ha trasformato la produzione di farmaci in Italia (e probabilmente non solo) che il Museo Leonardo ha allestito questa mostra molto interessante. La sala è suddivisa a sua volta in tanti piccoli spazi grazie ad alcuni muri di cartone dove sono stampate le informazioni essenziali per descrivere ciascun micro-ambiente. La maggior parte dei quali presenta una serie di teche con oggetti tipici del mestiere del farmacista o con curiosità storiche dell'epoca o con cimeli provenienti direttamente dall'attività di Erba.
Molto interessanti gli spazi dedicati alle erbe utilizzate nell'attività o i video proposti ai visitatori su ciascun banco: in particolare ho dato un'occhiata al video sulla preparazione dei farmaci e a quello sui trial per la loro sperimentazione, percorsi che dovrebbero garantire la loro efficacia come cure e l'assenza (o scarsa efficacia) degli effetti collaterali. Interessante, poi, leggere su un testo all'interno di una delle teche il ruolo della Carlo Erba nello sviluppo dell'adriamicina:
Quella dell'adriamicina, primo chemioterapico antitumorale, è una storia tutta italiana: il punto d'onore prima, il fiore all'occhiello dopo, della ricerca scientifica Farmitalia Carlo Erba. Il male del secolo non era mai stato contrastato, prima, così decisamente. Dopo anni di ricerca un'azienda italiana imbocca una strada sicura e miete, in Italia e all'estero, significativi riconoscimenti. Una tappa, d'accordo. Ma una tappa giusta di un lungo cammino, che vede impegnati uomini e strutture in lotta serrata col tempo.
E come ieri, anche oggi eccovi la galleria delle foto scattate durante la visita al Museo:

sabato 16 febbraio 2013

Macchine calcolatrici

Il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano è stato fondato il 15 febbraio di 60 anni fa e proprio il 15 febbraio 2013 ha festeggiato con un ingresso gratuito dalle 14:30 fino alle 23:30. All'interno del museo era quindi possibile partecipare ai vari laboratori interattivi usualmente proposti ai visitatori e visitare le mostre proposte all'interno delle sale del Museo. Mentre alcune delle esposizioni sono permanenti, come ad esempio quella dedicata a Leonardo da Vinci, altre sono invece provvisorie, come ad esempio quella dedicata ad Alan Turing.
I pezzi esposti occupano tre piccole salette, niente di incredibilmente esteso o lungo da vedere, ma certamente molto interessante. La mostra, infatti, racconta dell'evoluzione delle macchine calcolatrici, partendo dalla pascalina di Pascal fino ad arrivare alla sala conclusiva, esplicitamente dedicata al grande logico e matematico britannico dove, attraverso delle infografiche, viene raccontata la vita di Turing, mentre sulla parete si possono proiettare una serie di video presi da YouTube e dedicati al grandissimo scienziato, di cui lo scorso anno si è festeggiato il centenario.
A impreziosire la sala anche una macchina Enigma:
macchina Enigma
La macchina Enigma viene brevettata nel 1918 dal tedesco Arthur Scherbius che riprende, sviluppandolo, il principio di funzionamento del disco cifrante dell'italiano Leon Battista Alberti.
Nata per facilitare la cifratura delle comunicazioni in ambito finanziario e commerciale, viene presentata ufficialmente a Berna al Congresso Postale Internazionale del 1923. Soggetta a continue migliorie, viene adottata prima dalla marina tedesca e successivamente dall'esercito per rendere segrete le comunicazioni militari. Di utilizzo relativamente semplice gode di una solida fama di indecifrabilità che ne garantisce un'ampia diffusione.
Su Enigma si basa tutto il sistema di secretazione della Germania nazista. Il tentativo di violarne il codice è una delle più famose storie di controspionaggio del XX secolo. I primi tentativi si devono al polacco Marian Rejewski ma è con la cattura dell'esemplare a bordo del sottomarino tedesco U-boat 110 che si riescono a fornire importanti indicazioni al team di scienziati che, riuniti a Bletchley Park, lavorano notte e giorno a questo scopo. Fra questi vi è Alan Turing; grazie alle sue doti di matematico e crittografo, Turing riesce a realizzare un elaboratore elettromeccanico, The Bombe, in grado di svolgere il compito in modo straordinariamente efficiente. Successivamente viene sviluppato un elaboratore ancora più potente, Colossus, che al termine della guerra viene distrutto per ordine di Winston Churchill; la sua esistenza viene resa pubblica solo moti anni dopo la fine della guerra.
Nella galleria qui sotto le foto che ho scattato durante la visita al museo:

mercoledì 13 febbraio 2013

Previsioni

Nell'anno 2000 forse le illusioni, i pii desideri e i comportamenti irrazionali prolifereranno in un grado oggi inimmaginabile. Un simile comportamento irrazionale e autoindulgente è alquanto probabile in situazioni in cui l'individuo è iperprotetto e non ha contatti sistematici e oggettivi con la realtà. Se il lavoro sarà eliminato o se sarà svuotato delle sue funzioni più importanti, il contatto con la realtà diminuirà parecchio. Le conseguenze, di piccola o grande entità, assumeranno le forme di spaccature politiche, crisi familiari, tragedie personali o anche ricerca di valori "umanistici" che molti giudicheranno frivoli o irrazionali.

Herman Kahn e Anthony J. Wiener, 1967
(citazione inserita ne Gli ascoltatori di James Gunn, trad. Laura Serra)

martedì 12 febbraio 2013

Dimostrazioni senza parole: il cerchio rotolante

Un cerchio rotolante quadra se stesso

Elsner T. (1977). The Rolling Circle Squares Itself, Mathematics Magazine, 50 (3) 162. DOI:

sabato 9 febbraio 2013

Misura del calore specifico di un metallo

Ritorniamo in laboratorio e ancora una volta con un'esperienza di termodinamica. In questo caso, utilizzando gli strumenti raccolti sul tavolo, vedremo come si misura il calore specifico di un metallo:
Degli strumenti che vedete, è stata utilizzata la bilancia per pesare il pezzo di metallo, il fornelletto con il contenitore d'acqua per riscaldare il metallo fino a 100°C, e il calorimetro:
L'idea dietro l'esperimento è semplice: si riscalda un pezzo di metallo, in questo caso immergendolo nell'acqua, e una volta raggiunta la temperatura di 100°C lo si immerge dentro l'acqua precedentemente versata nel calorimetro. A questo punto, utilizzando un termometro, si misura la temperatura del sistema fino al raggiungimento del punto di equilibrio: la misura della temperatura di equilibrio, e in generale di qualunque temperatura per gli esperimenti termodinamici, soprattutto quelli nei laboratori scolastici, sono operazioni estremamente delicate, da farsi con estrema attenzione poiché sono sempre accompagnate da errori e incertezze molto grandi dovute, ad esempio, alla repentina diminuzione di temperatura (come nei metalli o nelle transizioni di fase)(1). Per poter, però, sperare di misurare il corretto calore specifico del pezzo di metallo scelto, dobbiamo considerare un piccolo dettaglio: il calorimetro, strumento costruito per esserlo, non è in realtà un perfetto sistema adiabatico. Questo vuol dire che in qualche modo bisogna valutare il calore assorbito dal calorimetro, usualmente detto equivalente in acqua del calorimetro.
L'equivalente in acqua può essere valutato in maniera qualitativa, come è stato fatto per l'esperimento che con Bruno Martemucci abbiamo proposto a fine gennaio alla quarta classe, oppure realizzando un esperimento a parte. Un semplice esperimento che può essere realizzato è quello descritto su it.wiki (ho modificato la notazione delle formule per adattarla a quella che utilizzerò più avanti):

venerdì 8 febbraio 2013

Arrigoni indaga in quel di Brera

More about Il delitto di via Brera
Milano è una grande città, ricca di storia. Ognuno dei suoi quartieri ha un qualche posto degno da visitare o una storia da raccontare. Uno dei più belli è sicuramente Brera: qui, ad esempio, in un unico palazzo, il Palazzo Brera, sono ospitate l'Accademia di Belle Arti, la Biblioteca Braidense, la Pinacoteca e l'Osservatorio Astronomico. Ci sono poi due strade particolari, via dei Fiori Chiari e via dei Fiori Scuri, che ancora agli inizi degli anni Cinquanta erano sede di alcune case chiuse, anche ben frequentate, stando a quel che scrive Dario Crapanzano ne Il delitto di via Brera.
A indagare sulla morte di un pubblicitario milanese sull'orlo del fallimento viene chiamato il miglior poliziotto della città, Mario Arrigoni, del commissariato di Porta Venezia. Brera non sarebbe, quindi, sua zona di competenza, ma visto che in estate i criminali sembrano essere anche loro in vacanza, a parte l'assassino del pubblicitario, sarebbe un crimine non mettere Arrigoni a capo delle indagini su questo delitto.
Il romanzo, edito dalla Fratelli Frilli Editori e preso, anche questo, alla fiera del libro di Milano dalle mani di uno degli autori dell'editore, è il secondo di Crapanzano con Arrigoni protagonista (il primo è Il giallo di via Tadino, e la serie è costituita anche da La bella di Chiaravalle). Sin dalle prime pagine si ha la sensazione che si voglia proporre il Montalbano lombardo: atmosfere abbastanza rilassate, un commissario che è amante della buona cucina, un rapporto con collaboratori e superiori non troppo diverso da quello raccontato da Camilleri nella sua serie di polizieschi. Anche la velocità di lettura non si discosta troppo dai romanzi camilleriani, però lo stile è piatto, in alcuni momenti quasi favolistico, a parte alcuni momento molto interessanti e divertenti, come le interazioni tra Arrigoni e i collaboratori o la risoluzione conclusiva del giallo con la classica raccolta degli indiziati in una stanza. La soluzione del poliziesco, però, è scontata: il colpevole diventa chiaro una volta per tutte arrivati a metà romanzo circa (o poco dopo) e la conclusione è abbastanza telefonata, ma nonostante tutto il libro resta una lettura gradevole e non disprezzabile anche per le informazioni storiche che l'autore inserisce qua e là nel romanzo.

giovedì 7 febbraio 2013

Deproducers: Musica per l'universo

Colori. Luci. Vibrazioni. Suoni.
E' in questo modo che l'universo comunica con noi.
E' la sua voce e sulla Terra c'è qualcuno in grado di ascoltarla. Di interpretarla. Con vari linguaggi: dalla matematica, alla fisica, alla chimica:
L'universo, nei primi istanti di vita, era composto solo da due elementi: idrogeno ed elio, gli atomi che compongono le stelle. Sono loto che hanno generato tutti gli altri elementi.
Noi siamo fatti della stessa materia di cui sono fatte le stelle: ecco perché ci attraggono.
E il viaggio inizia, con una delle prime e più semplici operazioni che l'uomo ha inventato: misurare.
La storia delle operazioni di misura è vasta e intricata e passa attraverso la Rivoluzione Francese, quando un gruppo di scienziati rivoluzionari provarono a sviluppare un sistema per uniformare le differenti unità di misura locali che si erano sviluppate. Certamente quella è la storia di una grande avventura, ma non è la storia con cui i Deproducers iniziano il loro spettacolo al Teatro Dal Verme a Milano. Si parte, infatti, con qualcosa di più semplice: con la scelta dell'unità di misura più adatta per misurare l'universo.
Si parte dal metro, utilissimo per le distanze di ogni giorno, ma bisogna necessariamente passare al chilometro, quando si vuole misurare la Terra, però se si passa alle distanze all'interno del Sistema Solare, il chilometro inizia a diventare un po' stretto. Se poi confrontiamo i pianeti con il nostro Sole e poi con le stelle più grandi nell'universo, ecco che il Sole semplicemente diventa sempre più piccolo. E noi con lui.
Ciò che però deve stupire nella nostra capacità di determinare le dimensioni delle stelle, sta nel fatto che queste, da Terra, appaiono come piccoli puntini luminosi: le dimensioni di questi oggetti celesti sono ricavate attraverso telescopi interferometrici e grazie alla misura angolare della stella e al calo o all'aumento di luminosità durante un transito. Ad ogni modo, visto che la stella più grande conosciuta è la VY Canis Majoris, che è circa 2000 volte più grande del nostro Sole, è necessario trovare una nuova unità di misura.
Il candidato successivo è stata l'orbita terrestre, definita come una unità astronomica: questo ha permesso di includere il confine più estremo del Sistema Solare, Plutone, in un raggio di circa 40 UA, però per misurare la nostra Via Lattea, la galassia cui apparteniamo, ancora questa unità di misura non è sufficiente. L'universo, infatti, viene misurato in maniera molto più efficace utilizzando la luce. La sua velocità, infatti, è la più grande velocità nell'universo: ad esempio ci impiega pochi secondi per arrivare dalla Luna alla Terra e circa 8 minuti per arrivare dal Sole sul nostro pianeta. Quindi si è iniziato ad adottare come unità di misura la distanza percorsa dalla luce in un secondo, un minuto, un'ora... un anno.
Nonostante la luce sia la più veloce in assoluto nell'universo, questa però ci impiega milioni di anni per completare il viaggio all'interno della Via Lattea, e miliardi di anni per arrivare fino all'estremo limite dell'universo stesso:

mercoledì 6 febbraio 2013

Il profeta di Zongo Street

More about Il profeta di Zongo Street
Una delle cose più interessanti della piccola fiera del libro di Milano (dove sono andato con sorella e una amica) è che era costituita quasi esclusivamente (se escludiamo la Newton Compton) da piccoli editori, quindi c'era sicuramente la possibilità di avvicinarsi a libri che normalmente sono difficili da trovare nelle librerie. Uno di questi è sicuramente Il profeta di Zongo Street di Mohammed Nassehu Ali.
Come recita la sua breve biografia sulla costa della retrocopertina, Mohammed è
Nipote di un emiro con trentatre figli e primogenito di un padre, anch'egli emiro, che di figli ne ha avuti sedici da quattro mogli diverse
A 16 anni (ottobre 1988) si trasferisce negli Stati Uniti, a Interlochen in Michigan, dove riesce ben presto a mostrare le sue capacità di scrittore: è il 2001 che inizia a pubblicare i suoi racconti. Nel frattempo avvia anche l'attività di musicista fino a che, l'11 aprile del 2005, il New Yorker non pubblica uno dei suoi racconti, Mallam Sile, uno dei racconti contenuti in questa raccolta della 66thand2nd. Come una metà circa dei racconti contenuti nella raccolta, Mallam Sile è ambientato a Kumasi, città reale del Ghana, nel quartiere immaginario di Zongo Street, un vero e proprio microcosmo dove lo scrittore racconta le persone o, più ancora, di tipologie di persone, come il venditore di té modesto e umile, timido quasi fino a sembrare stupido, protagonista di Mallam Sile.
Il primo racconto, però, La storia del giorno e della notte, è però anche una sorta di manifesto di tutto il libro, che viene così identificato come un insieme di storie e di leggende. La storia del giorno e della notte, infatti, oltre a introdurre al quartiere di Zongo Street, ci presenta una delle classiche situazioni che accompagnano gli esseri umani sin dalle loro origini: il racconto intorno al fuoco. In questo caso quella che potremmo considerare l'anziana del villaggio, o la depositaria delle storie di Zongo Street, circondata dai bambini del quartiere, tutti intorno al fuoco, racconta una storia sulle origini del mondo. Come, però, da tradizioni africane probabilmente pre islamiche, per raccontare la storia si chiede l'aiuto del Re delle Storie, il Signor Ragno, Anansi, che si accompagna a Mallam Gizo.
Ga'ta na, ga'ta nanku
Tajé, tako'mo'

martedì 5 febbraio 2013

Storie d'America

Philip Dick è stato probabilmente uno dei più grandi romanzieri statunitensi del XX secolo. Usualmente viene associato con il genere fantascientifico, dove ha proposto una serie di elementi che successivamente sarebbero confluiti nel cyber punk, il movimento letterario fondato da William Gibson e da Bruce Sterling. Dick, però, non scrisse solo di fantascienza, ma anche quello che può essere considerato, forse un po' forzatamente, un romanzo beat: Mary e il gigante. In ogni caso, come tutta la letteratura dickiana, ha un unico ed evidente obiettivo: rappresentare uno spaccato della società statunitense, in questo caso quella degli anni Cinquanta.
Più riguardo a Mary e il gigante
La società di quel decennio così come viene rappresentata da Dick nelle vicende della giovane Mary Anne Reynolds, è una società sostanzialmente chiusa, ipocrita e praticamente vittoriana, che ad esempio riesce a sopportare gli afroamericani solo se restano al loro posto, ad esempio suonare e cantare in un locale jazz, dove anche i bianchi possono andare a servirsi, o nei loro quartieri sovrappopolati, magari in gigantesche case con appartamenti costituiti da al più un paio di camere e possibilmente con il bagno in comune.
Niente di più stupefacente se, allora, il gigante del titolo, Carleton B. Tweany, il talentuoso cantante del Lazy Wren, sia uno dei pochi afroamericani abbastanza ricchi da permettersi una casa decente. E niente di più stupefacente se Mary finisce per infatuarsi di Carleton, iniziando anche una relazione con il cantante, all'inizio restio, ma poi interessato più a sfruttare la situazione che non realmente alla piccola Mary. La ragazza, da parte sua, ben presto si allontana da Carleton per finire tra le braccia del più gentile Joseph Schilling, che come il suo omonimo de I giocatiori di Titano, ha un negozio di musica aperto da poco nella cittadina di Mary.
Se vogliamo Mary, una ragazza piena di sogni, ma soprattutto di ambizioni, vedrà precipitare la sua vita proprio a causa di Schilling: il suo arrivo, infatti, porta in città una sua vecchia amante con suo marito, giunti con l'obiettivo di ricattarlo, visto che la relazione tra Schilling e la donna avvenne quando quest'ultima era già sposata con il suo piuttosto inutile marito. Beth Croombs, questo il nome della donna, viene rappresentata come una persona facilmente preda degli istinti, e questo, in una notte in cui in casa di Carleton si organizza una festa ai limiti dell'orgia, porta Mary ad allontanarsi definitivamente dal suo gigante, facendola di conseguenza avvicinare a Schilling.
Anche in questo caso, forse a causa della grande differenza di età (il commerciante potrebbe essere suo padre), la relazione non funziona: la ragazza, infatti, pensa che anche Schilling voglia semplicemente sfruttarla, senza riuscire a capire realmente i sentimenti dell'uomo, così come non aveva compreso prima quelli del cantante. A quel punto la scelta è quasi obbligata: andare via dal suo paese, dove si mormora, dove i genitori sono preoccupati per la sua reputazione, e andare verso la grande città, insieme con l'unico che le sia stata realmente vicino durante tutta la storia, il pianista Paul Nitz.
Ciò che però colpisce è soprattutto come, con grande lucidità, sembra che lo scrittore abbia criticato non solo gli anni Cinquanta, che presentano in se tutti gli elementi tipici della cultura statunitense dei decenni successivi (ad esempio la competitività ad ogni costo, evidente nei rapporti sempre più freddi tra Mary e il suo fidanzato ufficiale; o ancora una certa superficialità nella cultura, che sembra essere più una zavorra che non una possibilità), ma anche la generazione che di quegli anni è figlia, rappresentata proprio da Mary, che nonostante la serenità raggiunta nel finale, non è una figura poi migliore rispetto agli altri personaggi, Nitz a parte. E' come se quest'ultimo, nella sua devozione nei confronti di Mary, rappresenti la guida esperta che dovrebbe avere la generazione degli anni Cinquanta, ma che evidentemente manca o che non è così influente come dovrebbe, visto quanto sembra fittizia la scena al parco raccontata nel capitolo finale.
Le conseguenze di quegli anni Cinquanta ricadono in maniera più o meno diretta sugli anni Sessanta. I figli di Mary crescono in una società che è per certi versi il ripetersi di quella dalla quale Mary ha cercato di sfuggire, ma ciò che questa generazione degli anni Sessanta ha fatto è stata ribellarsi, o provare a ribellarsi a quel tipo di struttura sociale. Il loro fallimento è tema per un discorso più complesso, ma si può anche parlare di quella storia in termini decisamente più ironici con un altro capolavoro della letteratura americana, Una banda di idioti di John Kennedy Toole.

domenica 3 febbraio 2013

Chi ha ucciso l'uomo di ghiaccio?

Tempo addietro, cercando informazioni e immagini su Alex Maleev, ho scoperto che il bravissimo illustratore e cartoonist (memorabile il suo Devil insieme con Brian Michael Bendis) ha realizzato un piccolo fumetto di due pagine per il National Geographic dove viene descritta una possibile ipotesi sulla morte, certamente violenta, di Ötzi, il famoso Uomo Ghiaccio scoperto sulle Alpi al confine tra Italia e Austria.
Utilizzando il materiale messo a disposizione da Juan Velasco del National, ho provato a tradurre il fumetto (caricato su min.us utilizzando il font GnuTypewriter, se non erro), e visto che c'ero ho anche tradotto da en.wiki l'estratto riguardante le ipotesi sulla morte di Ötzi.

venerdì 1 febbraio 2013

I rompicapi di Alice: Il dilemma della mosca e dei due treni

Attenzione! Il rompicapo proposto quest'oggi è ad alto tasso matematico. Ci sono molti conti, che di per sé non sono difficili da seguire. Osservando le immagini (e la gif animata) la comprensione del procedimento descritto non dovrebbe essere troppo difficile.
La settimana scorsa il sempre brillante Bruno ha proposto alle prime il famoso rompicapo di una mosca che vola tra due treni che stanno correndo allegramente uno contro l'altro verso un disastro ferroviario. L'enunciato del problema è presto detto:
Due treni sullo stesso tracciato sono distanti 100 km e procedono uno contro l'altro alla velocità costante di 50 km/h. Una mosca, partendo dal muso di uno dei treni, vola verso l'altro alla velocità di 75 km/h. Una volta raggiunto l'altro treno, la mosca si volta e continua verso il primo treno. Quanti chilometri percorre la mosca prima di restare schiacciata nella collisione dei due treni?(1)
E' possibile trovare il rompicapo con velocità e spazi differenti, ma essenzialmente questo è il suo enunciato e, ovviamente, può essere risolto utilizzando il calcolo simbolico: $v_T$ sarà la velocità dei treni, $v_M$ la velocità della mosca, $S_0$ la distanza iniziale tra i treni. E come spesso succede lo si può affrontare utilizzando diversi approcci.
Innanzitutto, poiché i due treni viaggiano alla stessa velocità, essi si scontreranno perfettamente a metà del percorso che li separa. Il tempo della collisione sarà dunque(2): \[t_T = \frac{S_0}{2 v_T}\] La mosca, allora, percorrerà in linea retta tra i due treni una serie di tratti, avanti e indietro, coprendo una distanza totale di \[S_M = \frac{S_0}{2 v_T} v_M\] Un approccio interessante, proposto da Bruno in classe, è però quello grafico, che prevede di utilizzare il diagramma $t$-$S$, con $t$, tempo, sull'asse delle ascisse (quello orizzontale), $S$, spazio, su quello delle ordinate (quello verticale). Il risultato è quello che segue, dove le due rette nere sono i treni, il loro punto di intersezione l'istante della collisione e il segmento in rosso rappresenta la mosca. Il punto dove questo si interrompe coincide, proiettato sull'asse $S$, con lo spazio percorso dalla mosca, quello calcolato in precedenza:

Informazioni constrastanti

Scrive Media INAF:
Possono partecipare a Famelab ricercatori, insegnanti, studenti di materie scientifiche. Chiunque insomma si occupi di scienza per studio o per mestiere, e che non sia già un professionista della comunicazione o del palcoscenico.
Scrivono su Famelab:
Questo significa che, per esempio, non potremo accogliere le candidature appartenenti a persone che sono:
  • Addetti stampa e pubbliche relazioni, compresi coloro che operano presso organizzazioni scientifiche
  • Artisti che lavorano su temi scientifici
  • Performer le cui rappresentazioni riguardano scienza e ingegneria
  • Personale di musei o centri scientifici che abitualmente, o esclusivamente, lavorano con il pubblico
  • Giornalisti o annunciatori radio/televisivi (che ricoprono tale mansione come loro principale, o esclusiva professione)
  • Studenti, ricercatori e scienziati nell’ambito delle scienze sociali
  • Insegnanti di scuola primaria e secondaria
E io che quasi quasi ci stavo pensando (certo, se mi chiedono il rinnovo della supplenza e la rifiuto posso sempre partecipare...)

(i grassetti nelle citazioni sono miei)